La Marina difende Venezia

 

Quando il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra, insieme alle nazioni dell’Intesa, Venezia ebbe subito il suo “brusco” battesimo bellico. Due velivoli, “esili come zanzare” - a detta di alcune cronache dell’epoca -, andavano ronzando sopra i cieli mentre la città del Doge dormiva ancora.

Nonostante ciò le guardie armate erano già sopra le altane (terrazzo coperto rialzato a guisa di torretta al disopra dei tetti degli edifici ad uso vario) e le batterie nascoste nelle isole veneziane. Passò poco tempo e furono sganciate le prime bombe sul Canal Grande, ben diciannove, come riporta la monografia Per la difesa di Venezia, ovvero uno dei dodici volumi pubblicati in raccolta, dall’Ufficio Speciale del Ministero della Marina nel 1917, con il titolo La Marina Italiana nella guerra europea. In seguito ne caddero altre seicento di bombe, ma Venezia non crollò. La cronaca raccontata in sedici pagine fu scritta da Umberto Fracchia: “Quanto era stato fatto fino ad allora per la difesa di Venezia nel corso della Prima guerra mondiale era opera principalmente della Marina. Elementi dell’Esercito avevano concorso e concorrevano ancora, portando il loro contributo e la loro speciale competenza, ma la direzione di ogni servizio, come il supremo Comando della Piazza, apparteneva alla Marina”.

L’arma navale italiana si era preparata con una grande attività di addestramento degli equipaggi unitamente alle truppe di terra destinate alla difesa delle installazioni costiere.

In particolare ricordiamo la preparazione raggiunta sotto l’Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, che si dedicò anche agli studi sul tiro verticale della fucileria predisponendo le armi con uno speciale mirino. Per fronteggiare le incursioni notturne, vennero perfezionati i riflettori, sperimentando carboni di nuova fabbricazione per ottenere fasci di luce più intensi e luminosi. A questo si aggiunse l’addestramento del personale su bersagli piccoli e sperduti nel buio.

Si lavorò inoltre per estendere e aumentare il numero di osservatori avanzati lungo il mare, nelle isole e in terra ferma, collegando ogni posto di vedette, ogni batteria, ogni semaforo portuale, ogni posto di fucileria, ogni comando con una linea telefonica “anti-sabotaggio”. 

Tra i problemi fondamentali che la Marina affrontò ricordiamo la difesa dei molti monumenti veneziani. Fra un arco e l’altro, lungo il porticato di Palazzo Ducale vennero eretti grandi pilastri per reggere le facciate delle costruzioni; nelle finestre vennero installate gabbie di travi; la nuova Loggetta del Sansovino, ai piedi del Campanile venne interamente ricoperta con tavole, lastre di ferro e sacchi di sabbia. L’interno della Basilica di San Marco venne protetto da bastioni e fasciature enormi, e si arrivò persino a dibattere sulla eventuale copertura della stessa basilica con una tettoia. Molte opere d’arte furono nascoste nei sotterranei di antichi palazzi veneti.

Nella primavera del 1916, i bombardamenti proseguirono, ma Venezia era pronta a ricevere altri assalti dal cielo e dal mare. Ad affiancare la Marina Italiana, vi era anche quella Francese con una squadriglia di idrovolanti Nieuport.

‹‹L’incursione del 15 maggio1916 - narra la cronaca dell’epoca - fu condotta da 9 velivoli che lanciarono sulla città 57 bombe, colpendo e demolendo per metà una piccola vecchia casa in Calle delle Razze. Fu questo il primo segnale che “la passione” di Venezia solo all’inizio e che la stagione delle lunghe notti bianche non era finita. Gli austriaci si accanirono sulla città con particolare violenza. Ogni attacco durava circa tre quarti d’ora e veniva effettuato al tramonto o di prima mattina. Quasi sempre arrivavano aerei distanziati fra loro di qualche miglio, compivano una serie di virate per poi sganciare le bombe. A quel punto i segnalatori della Marina Italiana davano l’allerta, si spegneva ogni lume, i telefonisti erano inchiodati ai loro apparecchi e il Comando Centrale impartiva i suoi ordini. Gli altri tutti nei rifugi.
 Dopo aver incassato i colpi dei nemici, la Marina italiana rispondeva all’attacco dopo ogni aggressione puntando a danneggiare le basi aeree e navali del nemico.  In due di queste “spedizioni punitive” trovarono la morte nell’agosto del 1916 i francesi Roulier e Costerousse mentre nel febbraio 1917 il tenente di vascello Giuseppe Garassini. 

La morte di questi marinai fu eroica. All’alba del 15 agosto - continua il racconto - per rispondere all’attacco nemico di quattro giorni prima, una squadriglia di idrovolanti italiani e francesi spiccò il volo verso Trieste. 

Qui la nostra “aviazione di marina” sganciò granate-mine e bombe incendiarie di 30 chilogrammi. La reazione degli austriaci fu immediata. Si alzarono in volo Lohner e Fokker e iniziò la battaglia nei cieli triestini.

Fu un duello mortale senza tregua. Nelle tre stagioni fra il 15 maggio e il 18 settembre del 1915, secondo anno di guerra, Venezia subì dodici attacchi a fondo, senza contare quelli che furono interrotti e respinti al largo.

 In totale gli austriaci lanciarono sulla città 432 bombe, tra esplosive e incendiarie. In una sola volta, in un bombardamento di appena trenta minuti, il 9 agosto 1916, caddero 142 bombe.

 Un anno dopo, il 14 agosto 1917, passati lunghi mesi di assoluta pace, nell’incursione tentata al primo chiarore dell’alba, essendo divenute le ombre notturne infide e più pericolose della luce nel cielo veneziano, gli assalitori non poterono godere più di nessuna specie di incolumità. 

Dei 15 aerei mandati all’attacco di Venezia, quattro furono distrutti e altri tre vennero colpiti dalla contraerea italiana. Gli idrovolanti inoltre, sempre nello stesso giorno, colpirono in pieno un cacciatorpediniere austriaco che “scortava” la flotta aerea. Fu un successo››.

 

Ada Fichera

 

Riferimenti Bibliografici

 

  • Grienti Ludovico, In difesa di Venezia. La Grande Guerra e la Porta d’Oriente, In Storia, n.79, Luglio 2014

 

  • Fracchia Umberto, Per la Difesa di Venezia, La Marina Italiana nella guerra europea, Editori Alfieri & Lacroix, Milano 1917

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