
I primi principi antisettici durante la Grande Guerra
Durante la Grande Guerra ad uccidere i soldati, più delle ferite riportate, erano le infezioni.
Per tale ragione, la medicina in quel periodo ha registrato i primi passi verso l’uso di disinfettanti e antisettici ancora usati ai giorni nostri.
I decessi, durante il conflitto, avvenivano soprattutto per l’infezione delle ferite provocate dalle schegge di granata. Tetano, setticemia, cancrena erano all’epoca tra le cause più diffuse di morte, proprio perché non esistevano ancora gli antibiotici e l’igiene nelle trincee e negli ospedali da campo era scarsa. Inoltre molti combattimenti sul fronte si svolgevano in zone di campagna, in campi concimati con stallatico, e un soldato ferito che cadeva a terra era quasi sicuro di infettarsi.
È così che, nel corso del conflitto nacquero e vennero utilizzati i primi disinfettanti antibatterici che, se non potevano curare le infezioni, fornivano una garanzia in più per evitare le gravi complicazioni della contaminazione delle ferite e probabilmente abbatterono in qualche misura la mortalità.
La prima forma di medicazione fu il cosiddetto Liquido di Dakin-Carrel. Alexis Carrel, chirurgo e biologo francese, che vinse il premio Nobel per la medicina nel 1912 per le sue scoperte nel campo della chirurgia vascolare ed Henry Dakin, chimico americano che aveva messo a punto una soluzione a base di ipoclorito di sodio e acido borico, furono tra i maggiori scienziati che fecero evolvere gli studi e la sperimentazione in tal senso.
L’ipoclorito di sodio, il principio attivo della comune varechina, ha infatti un elevato potere antisettico, ma la sua composizione è instabile e in più ha spesso un effetto irritante.
Dakin, negli anni del primo conflitto mondiale, riuscì a ottenere un derivato stabile e privo di causticità neutralizzandolo con acido borico, mentre Carrel iniziò a utilizzarlo per le medicazioni durante la chirurgia.
Lo storico della medicina Giorgio Cosmacini, nel suo interessante testo Guerra e Medicina – Dall’antichità a oggi, spiega che dopo i combattimenti di Verdun la mortalità tra i feriti non trattati con la soluzione di Dakin-Carrel fu altissima, cioè nell’ordine del 90 per cento, mentre in quelli su cui fu utilizzata fu solo del 10-15 per cento.
Oggi il Liquido di Dakin-Carrel non viene più utilizzato, al contrario della tintura di iodio che invece si trova ancora adesso nei nostri armadietti dei medicinali.
Quest’ultimo disinfettante dal caratteristico colore rosso fu inventato nel 1908 dal medico istriano Antonio Grossich e venne utilizzato per la prima volta nel 1911 e 1912, durante la guerra italo-turca.
L’uso di applicare la tintura per sterilizzare il campo operatorio prima dell’intervento, e poi ancora dopo l’anestesia e alla conclusione dell’operazione dopo i punti di sutura, contribuì a salvare moltissime vite.
Ada Fichera
Riferimenti bibliografici e sitografici
- Cosmacini Giorgio, Guerra e medicina. Dall’antichità ad oggi, Laterza, Bari, 2011