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Lanciati nel buio: i primi paracadutisti italiani

Lanciati nel buio: i primi paracadutisti italiani
Lanciati nel buio: i primi paracadutisti italiani

creative commons creative commons creative commons Immagini messe a disposizione con licenza
CC BY-NC-SA 4.0 DEED

Lo sapevi che i primi paracadutisti italiani risalgono alla Grande Guerra?

Estate 1918.
È la vigilia della Battaglia di Vittorio Veneto.
La nostra VIII Armata cerca volontari da "lanciare" oltre le linee nemiche.

Rispondono in tre: Alessandro Tandura, Pier Arrigo Barnaba e Ferruccio Nicoloso.
Nessun addestramento.
Solo un paracadute inglese Calthrop, fragile e non riutilizzabile.
E un unico consiglio: “tenete le gambe unite e stringete i denti”.

La missione era osservare i movimenti del nemico e riferire al Comando con piccioni viaggiatori.

La notte dell’8 agosto 1918 tocca a Tandura.
Seduto su un sedile improvvisato a bordo di un Savoia-Pomilio SP4, i piedi nel vuoto, aspetta che la botola si apra sotto di lui.
Infuria un temporale.
L’aereo perde la rotta.

Tandura viene lanciato nel buio, nella zona sbagliata!

Ma non si arrende.
Sotterra il paracadute, raccoglie le gabbiette con i piccioni e si dirige verso la zona della missione.
Viene catturato due volte, e due volte riesce a fuggire.
Riorganizza soldati sbandati, costruisce una rete di informazioni, continua a inviare notizie vitali al Comando.
Per quell’impresa riceverà la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Poco dopo, Barnaba diventerà il primo alpino paracadutista.
Nicoloso sarà insignito dell’Ordine Militare di Savoia.

Da quella notte di tempesta, tra errori di rotta, paracadute rudimentali e piccioni viaggiatori, nasceva una leggenda: il paracadutismo militare italiano.

Una memoria che rivive ancora oggi al Museo Storico delle Aviotruppe di Pisa, custode dei reperti di quell’impresa pionieristica.

RICORRENZE

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