Gibuti: Celebrata la Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri

Presso la Base Militare Italiana di Supporto, a Gibuti, è stata celebrata la patrona dell'Arma dei Carabinieri e rievocata la Battaglia di Culqualber

Gibuti 21 NOV 2022

Celebrazione della
Celebrazione della "Virgo Fidelis" a Gibuti

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Il 21 novembre 2022, presso la Base Militare Italiana di Supporto (BMIS) in Gibuti, è stata celebrata la ricorrenza della “Virgo Fidelis”, patrona dell’Arma dei Carabinieri.

La celebrazione risale al 1949, quando Sua Santità Pio XII proclamò ufficialmente Maria “Virgo Fidelis Patrona dei Carabinieri”, fissandone la ricorrenza al 21 novembre, data in cui la Cristianità celebra la festa liturgica della Presentazione di Maria Vergine al Tempio

Ma la stessa data è memorabile anche per fatti storici in cui l’Arma si è resa protagonista durante la Seconda guerra mondiale: il 21 novembre del 1941, infatti, ebbe luogo una delle più cruente battaglie in terra d’Africa. Un intero Battaglione di Carabinieri si sacrificò nella strenua difesa, protrattasi per tre mesi, del caposaldo di Culqualber. Per quel fatto d’arme, alla Bandiera dell’Arma venne conferita la seconda Medaglia d’Oro al Valor Militare, dopo quella ottenuta per la partecipazione alla Prima guerra mondiale.

Nel novembre 1941 le operazioni militari italiane in Abissinia erano concentrate nella difesa di Gondar. Il 18 maggio 1941, con l'onore delle armi, capitolavano le truppe che, agli ordini del duca Amedeo D'Aosta, avevano presidiato l'Amba Alagi.

Rimanevano però ancora in armi presidi a Gondar. Tutt'intorno al capoluogo, il generale Guglielmo Nasi aveva fatto realizzare 4 efficienti presidi difensivi, a Uolchefit, a Celga Blagir, a Tucul Denghià ed a sud est quello di Culqualber, nella regione dell’Amhara.

Culqualber, parola composita che in amarico vuol dire "passo delle euforbie", è una sperduta località montana per la quale passava, in ripidi tornanti, l'unica rotabile che dalla lontana Addis-Abeba portava a Gondar, lontana una cinquantina di chilometri. Questo valico di montagna era importantissimo, infatti garantiva il controllo della riva nord-orientale del lago Tana e della piana di Ouramba: il nemico doveva necessariamente passare da questa piana per avanzare su Gondar con i suoi reparti corazzati e le artiglierie.

I Carabinieri vi giunsero il 6 agosto 1941. Il Battaglione, agli ordini del maggiore Alfredo Serranti, era formato da due compagnie miste, comandate rispettivamente dal capitano Giovanni Celi e dall'allora tenente Dagoberto Azzari.

La consegna era di resistere, a oltranza, impedendo al nemico di oltrepassare la Sella stradale. Inizialmente gli attacchi al caposaldo furono portati da grosse bande abissine appoggiate dall'aviazione, che martellava le posizioni difensive ancora in allestimento. I Carabinieri, 226 unità e 180 Zaptié, militari reclutati dall’Arma dei Carabinieri tra le popolazioni indigene delle nostre colonie, in questo caso erano eritrei, si schierarono con le altre unità presenti: 675 Camicie Nere del CCXL battaglione CC.NN. “Salerno”, al comando del seniore Alberto Cassòli e circa 620 Ascari del Maggiore Carlo Garbieri. Completavano la guarnigione due batterie di Artiglieria, la 43^ con 3 cannoni da 77/288 e 40 artiglieri italiani e la 44^, con 2 obici da 70/159 e 34 artiglieri eritrei, un plotone del Genio, 65 nazionali e 23 coloniali, ed infine un ospedaletto da campo con 2 medici ed il cappellano militare.

Il presidio, posto al comando del Tenente Colonnello Augusto Ugolini, poteva contare sul 1° Gruppo Carabinieri Mobilitato, reduce dalle battaglie sulle alture di Blagir e dell’Ineet Amba. Il loro morale era alto ma gli uomini erano stremati da privazioni e continui sforzi; nonostante ciò, con spirito di corpo, lavorarono per fortificare le postazioni.

Ad ottobre, un rapido avanzamento aveva loro permesso la conquista di Larnbà Mariarn ed una controffensiva inglese era stata respinta. I Carabinieri, quei giorni, contarono 36 caduti e 31 feriti, un sacrificio enorme che diede respiro al caposaldo di Culqualber.

Dal 21 ottobre operò il fuoco dell’artiglieria nemica e tuonarono le bombe lanciate dall’aviazione.

Il 5 novembre un attacco fu respinto, il 12 ne fu respinto un secondo e più potente, il 18 l’azione aerea avversaria si fece più aspra: nove velivoli furono abbattuti dai Carabinieri, ma nei giorni 20 e 21 un nuovo assalto aereo, aggressivo e continuo, si accompagnò con successo all’avanzata incalzante dei carri armati.

I Carabinieri non abbandonarono le loro posizioni fino a quando furono sopraffatti. Si immolarono quasi tutti. Fu una delle ultime cruenti battaglie nell’Africa Orientale Italiana.

La sera del 21 novembre 1941 cadeva di fronte alle armate britanniche l’ultimo caposaldo italiano in Etiopia, dopo una resistenza durata tre mesi e mezzo.

I Britannici disposero non solo di una schiacciante superiorità di mezzi aerei, carri armati, artiglieria pesante, munizioni, ma anche di una incredibile superiorità numerica, di circa 10 a 1, avendo schierato complessivamente non meno di 22.500 uomini.

Le perdite italiane, su circa 2.800 militari, tra nazionali e coloniali, furono di oltre 1000 caduti ed 800 feriti, cui si aggiungono circa 100 familiari, in gran parte mogli degli Ascari.

A Culquaber tramontava, nel sangue, anche l’Impero italiano e di fatto si chiudeva l’esperienza coloniale italiana in Africa. Un comunicato del Bollettino delle Forze Armate, in data 23 novembre 1941, riportò: “Gli indomiti reparti di Culqualber-Fercaber, dopo aver continuato a combattere anche con le baionette e le bombe a mano, sono stati infine sopraffatti dalla schiacciante superiorità numerica avversaria. Nell’epica difesa si è gloriosamente distinto, simbolo dei reparti nazionali, il Battaglione Carabinieri, il quale, esaurite le munizioni, ha rinnovato sino all’ultimo i suoi travolgenti contrattacchi all’arma bianca. Quasi tutti i Carabinieri sono caduti”.

Il grande sacrificio di sangue valse la Medaglia d’oro al Valor Militare alla Bandiera dell’Arma dei Carabinieri per il 1° Gruppo Carabinieri in Africa Orientale con la seguente motivazione: “Glorioso veterano di cruenti cimenti bellici, destinato a rinforzare un caposaldo di vitale importanza vi diventava artefice di epica resistenza. Apprestato saldamente a difesa l’impervio settore affidatogli, per tre mesi affrontava con indomito valore le violente aggressività di preponderanti agguerrite forze che conteneva e rintuzzava con audaci atti controffensivi contribuendo decisamente alla vigorosa resistenza dell’intero caposaldo, ed infine, dopo aspre giornate di alterne vicende, a segnare, per ultima volta in terra di Africa, la vittoria delle nostre armi. Delineatasi la crisi, deciso al sacrificio supremo, si saldava graniticamente agli spalti difensivi e li contendeva al soverchiante avversario in sanguinosa impari lotta a corpo a corpo nella quale comandante e carabinieri fusi in un solo eroico blocco, simbolo delle virtù italiche, immolavano la vita, perpetuando le gloriose tradizioni dell’Arma”.

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