Antefatto

Alla caduta del regime dittatoriale di Siad Barre nel 1991, sono seguiti quindici anni di disordini in tutta la Somalia ed i numerosi pretendenti alla guida del Paese si sono combattuti senza però riuscire a controllare l'intero territorio.

La lotta per il potere contrappose diversi gruppi tribali, in un crescendo di violenza accompagnato peraltro da una terribile carestia.

Gli anni di disordini hanno reso la Somalia un Paese ingovernabile e senza controllo; tale situazione di completo disordine portò la popolazione ad una povertà estrema alla mercé delle milizie dei vari warlords che imperversarono per anni in gran parte del sud del Paese (zona fertile ed agricola della Somalia). I "signori della guerra" peraltro costrinsero al ritiro i caschi blu dell'ONU nel 1995 ed il fallimento della missione UNOSOM.

La fine degli anni '90 fu caratterizzata da intensi scambi diplomatici che portarono agli accordi fra ventisei fazioni (1997), alla Conferenza di pace di Gibuti (2000), ed alla Conferenza di pace di Mbagathi (2002).

Nel 2004 il processo di pacificazione in Somalia sembrava avviarsi ad una conclusione; in questo senso vennero eletti dalla IGAD (Intergovernmental Authority on Development, l'organizzazione politico-commerciale formata dai paesi del Corno d'Africa) un parlamento federale e furono nominati un Presidente "ad interim" (Abdullah Yusuf) ed un Governo, il Governo Federale di Transizione (Primo Ministro Mohamed Geddi). Queste deboli istituzioni tuttavia non riuscirono a rendere effettivo il loro potere e a governare davvero il Paese, anche a causa della presenza dei "warlords" di Mogadiscio, contrari alla formazione di un governo di transizione.

Generalità

Nell'estate del 2006 giunse una nuova crisi; le milizie controllate dalle Corti islamiche cacciarono da Mogadiscio, con l'appoggio della popolazione civile, i "warlords" e presero il controllo della parte centro-meridionale del Paese.

Per contrastare la loro avanzata e impedire il rovesciamento del governo provvisorio somalo, internazionalmente riconosciuto, l'esercito etiope accorse in aiuto dell'esercito governativo somalo, sostenuto anche da Uganda, Yemen e Kenya, che però si rifugiò a Baidoa (a circa 250 chilometri da Mogadiscio) perdendo, di fatto, il controllo della Capitale.

A tale riguardo, venne condotta, senza risultati, una intensa attività diplomatica sotto la mediazione di IGAD, Lega araba e ONU, per cercare di raggiungere un accordo tra le Corti islamiche ed il governo provvisorio.

Nell'impossibilità di trovare una soluzione al problema della Somalia, il 6 dicembre 2006 il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò la Risoluzione 1725, che diede il via libera formale allo schieramento in Somalia di una forza internazionale regionale, denominata IGASOM (sotto gli auspici dell'IGAD), con il compito di "monitorare e mantenere la sicurezza a Baidoa".

Pochi giorni dopo si riacuirono gli scontri tra le milizie delle Corti islamiche e le truppe fedeli al governo provvisorio di Baidoa. Alla fine di dicembre 2006, le truppe etiopi, intervenute pesantemente a sostegno del governo, entrarono nella capitale somala dopo pochi ma violentissimi giorni di guerra.

A seguito della sconfitta dell'Unione delle Corti Islamiche (dic.2006-gen. 2007), la Comunità Internazionale iniziò a pensare ad una presenza militare in Somalia, sotto il mandato delle Nazioni Unite, aperta anche alla partecipazione di altre Nazioni africane non necessariamente legate all'IGAD; in tal senso, il 19 gennaio 2007 il Consiglio di Sicurezza dell'Unione Africana (UA) si espresse favorevolmente circa il dispiegamento di una forza militare di pace in Somalia per un periodo di iniziale di 6 mesi.

A tale nuova missione, denominata AMISOM (African Mission to Somalia), la cui fase operativa ha avuto inizio il 12 febbraio 2007, partecipano circa 8.000 u. appartenenti a 6 Paesi (Burundi, Ghana, Malawi, Nigeria, Tanzania ed Uganda). Tale missione è stata successivamente autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la Risoluzione 1744 del 21 febbraio 2007, per un periodo iniziale di 6 mesi.

Nei primi giorni di marzo 2007, giunsero a Mogadiscio le truppe ugandesi della missione AMISOM, incaricate di controllare la capitale e contrastare il ritorno delle milizie islamiche. Era atteso per i mesi successivi l'arrivo nel Paese del resto dei "caschi verdi" (con truppe provenienti da Nigeria, Ghana, Malawi e Burundi) componenti le forze di pacificazione.

Nonostante l'arrivo delle truppe ugandesi, gli scontri aumentarono di intensità (anche contro gli stessi "caschi verdi").

La situazione a Mogadiscio precipitò nel caos come non accadeva da anni, con il perdurare di violenti scontri tra truppe etiopi, governo di transizione e nuovamente i signori della guerra da un lato e milizie islamiche dall'altro. Si registrarono migliaia di morti e feriti e circa 400.000 sfollati dalla capitale.

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