

Intervento del Sig. Ministro della Difesa alla Giornata del Ricordo dei Caduti Militari e Civili nelle missioni internazionali per la pace.
Roma 12 nov 2023
Grazie per le tue parole Santo, grazie per quello che ci hai detto prima.
Saluto tutti voi…figli, mamme, fratelli, sorelle, dei nostri caduti, di tutti i nostri caduti. In particolare nel ventennale oggi di 19 caduti di Nassiriya. Ma oggi, come sapete, il 12 novembre ormai dal 2009 ricordiamo tutti i caduti: civili, militari.
E con voi saluto le persone che sono state ferite, che non sono morte, ma portano sul corpo il segno del loro impegno.
E saluto le autorità che sono presenti oggi. Il Vicepresidente del Senato, Onorevole Gasparri, il Vicepresidente della Camera. Il vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri, l’Onorevole Taijani. Il collega Lorenzo Schillace, il Sottosegretario Mantovano.
Saluto gli ex Ministri della Difesa, i rappresentanti del Governo, della Camera, del Senato, poi saluto i Sottosegretari alla Difesa, gli Onorevoli Rauti e Perego.
Saluto le Forze Armate, il Capo di Stato Maggiore e tutti gli altri rappresentanti delle Forze Armate, di qualunque grado che sono presenti oggi. E i rappresentanti della Camera, del Senato, del Comune, della Regione.
Come diceva prima Santo, c’è lo Stato. C’è lo Stato in questa data che noi abbiamo indicato per ricordare. E siccome non voglio e non amo nascondermi, io penso ci sia un tempo per citare il Vangelo per ridere, e uno per piangere, uno per vivere e uno per morire. Io penso che sia fondamentale che oggi ci sia lo Stato qua. E poi ne parlerò per ricordare. Oggi, 12 novembre, e poi ci deve essere il 13 novembre, il 20 marzo, il 1 gennaio…ogni giorno dell’anno. Perché è giusto il ricordo, ma è giusto che le persone che hanno subito qualcosa per fare il loro dovere non debbano affrontare i vincoli della burocrazia, dei cavilli legali, dei commi, delle leggi. Ed è giusto che non ce la prendiamo con chi fa rispettare le leggi. Se ci pare che una legge faccia una ingiustizia si cambia. Non prendiamocela con chi la applica. Si cambia.
Penso che tutto possa fare uno Stato tranne che mettere una classifica nelle morti. Per me non esiste un morto di serie A o di serie B. Chi è morto in servizio per lo Stato lo è e lo è fino in fondo. E lo Stato, se vuole dargli rispetto, deve in qualche modo rendere molto semplice e molto lineare la risposta. Unica. Senza costringere le persone ad inseguire qualcosa e senza obbligare le persone a cercare di difendere la memoria.
La memoria la dobbiamo custodire e il 12 novembre, queste date, sono fondamentali per noi perché custodiamo la memoria di quei gesti. La custodiamo nel modo più alto possibile, con un messaggio del Presidente della Repubblica. Siamo stati prima all’Altare della Patria, che è il luogo più alto di difesa dei nostri valori, dei nostri ricordi, dove c’è una persona di cui non sappiamo il nome ma che rappresenta i 600.000 morti nella Prima Guerra Mondiale. Abbiamo dedicato quel luogo a simbolo della capacità nostra che abbiamo di ricordare quelli che hanno sacrificato le loro vite per noi, anche se non ne sappiamo il nome. Non sapremo mai come si chiamavano, come hanno vissuto, chi erano i loro figli. E oggi è una di quelle date simboliche, e io l’ho detto già l’anno scorso, in cui ostinatamente cambiano i Ministri, i Presidenti dei Consigli, i Capi di Stato Maggiore…non cambiate voi.
Ci ostiniamo a ricordare persone, le chiamiamo per nome, che si chiamino Massimo, Giuseppe, Federico, Luca. Li chiamiamo per nome perché non vogliamo dimenticarli. E rispettarli vuol dire rispettare anche le persone che hanno subito la loro scomparsa. Perché erano bambini, perché erano mogli, perché erano figli. Per far diventare questo un momento non di rancore, non di scontro, ma di ricordo. Semplicemente di ricordo. Perché altrimenti diventa una doppia sofferenza. Io non voglio che si infami un momento così nobile con altre cose. Non dobbiamo farlo. Lo dobbiamo innanzitutto a loro. A loro e ai tanti che hanno perso la vita e che la perderanno magari in futuro. Io vorrei che, in onore loro, noi considerassimo anche quello che fa oggi l’Italia. Non solo le 12.000 persone che, come loro, sono in giro in Italia o nel mondo a rappresentarci in situazioni difficili. Che magari non lo erano fino ad un anno fa e lo sono diventate. Pensate il Kosovo come è diventato pericoloso rispetto a quanto non lo era prima. Pensiamo a cosa succede in Libano, ma vorrei che noi considerassimo come un pezzo del ricordo verso queste persone che ci hanno lasciato, la missione che stiamo facendo per portare un ospedale su una nave. E quella che faremo per portare un ospedale sulla terra a Gaza. Ecco, quell’ospedale, quei marinai che sulla nave stanno portando l’ospedale, quei soldati, Carabinieri e avieri che porteranno l’ospedale su terra a Gaza, lo fanno anche in nome delle vostre persone che sono scomparse. Oltre che della nostra Italia. Perché le nostre Forze Armate sono quello. Sono quelli che possono difendere in armi la pace e la libertà, sono quelli che vanno a portare aiuto perché il bambino palestinese per noi vale quanto un bambino israeliano. Quanto un bambino russo, quanto un bambino ucraino. E quanto un bambino italiano. Perché la pace per noi non ha colore, perché l’umanità per noi non ha colore. Perché sappiamo che anche nel dramma della guerre, la civiltà deve prevalere. Le guerre sono guerre, fanno vittime. E il soldato molto spesso, quando decidono di indossare la divisa, sanno anche di poter diventare vittime. Come lo sapevano molte delle persone che oggi qua ricordiamo. Ma noi sappiamo che anche nella cosa peggiore che l’umanità possa fare, la guerra, esistono delle regole, esiste un’umanità da preservare. E noi siamo fieri di essere riusciti a preservarla sempre questa umanità, come Paese, ma soprattutto attraverso migliaia di persone che, come i vostri cari, hanno messo sé stessi a disposizione dei nostri ideali e di quello che vogliamo rappresentare nel mondo. Oggi noi ricordiamo questo e limitiamoci a ricordare questo. Domani occupiamoci delle cose che rendono la vita difficile. C’è un tempo per ridere e un tempo per piangere, oggi è il tempo del ricordo, e questo ricordo non può essere infangato da nient’altro. Domani sarà il tempo del lavoro, della risoluzione dei problemi. Ma oggi limitiamoci a pensare a loro, ognuno a ricordare i nomi di ognuno e inchinarci a loro e all’esempio che hanno dato. E quello che ci hanno insegnato.
Grazie.