I deportati

8 settembre 1943, soldati italiani allo sbando. Fonte: Archivio ANRP – Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia

 

DEPORTAZIONE E INTERNAMENTO NEI LAGER DEL TERZO REICH

Gli IMI-Internati Militari Italiani 

Nel periodo che va dalla crisi dell’estate 1943 alla Liberazione, circa 800mila italiani, militari e civili, vennero trasferiti coattivamente nel territorio del Terzo Reich, per essere impiegati come forza lavoro nell’economia bellica tedesca. 

Il gruppo più numeroso, oltre 650 mila, è quello degli IMI Internati Militari Italiani, la cui storia ha inizio l’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio con le forze alleate, annunciato dal generale Pietro Badoglio, capo del governo dopo la destituzione di Mussolini. 

Immediata è la reazione della Germania e le truppe italiane, acquartierate in territori dalla Francia alla Russia e nella stessa penisola, prive di ordini precisi, diventano facile preda dell’ex alleato. 

Costretti a consegnare le armi, migliaia di soldati sono posti di fronte alla richiesta di continuare a collaborare con i tedeschi e con la Repubblica di Salò, costituitasi il 23 settembre dopo la liberazione di Mussolini. 

Una piccola parte accetta; alcuni riescono a fuggire; altri, come a Cefalonia, lottano strenuamente fino alla morte. 

La maggior parte dirà NO! e trascorrerà venti mesi di internamento in condizioni disumane nei lager del Terzo Reich, patendo la fame, il freddo, il lavoro coatto. 

Definiti IMI- Internati Militari Italiani con provvedimento arbitrario di Hitler che eludeva la Convenzione di Ginevra del 1929, i sottufficiali e i soldati alloggeranno negli Stammlager, mentre gli ufficiali negli Oflager, sottoposti all’autorità del comando supremo delle forze armate tedesche (OKW). 

I lavoratori coatti vengono definiti STÜCKE – PEZZI. 

Circa 50mila perdono la vita nel corso della prigionia per malattie, denutrizione, esecuzioni, bombardamenti. 

Nell’agosto 1944, per un nuovo accordo tra Hitler e Mussolini, gli IMI cambiano di status e diventano lavoratori civili, cosa che costringeva al lavoro anche gli ufficiali. La maggior parte di loro confermerà il proprio NO! fino alla liberazione, avvenuta tra febbraio e fine aprile 1945.

 

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