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Discorso del Gen. Vincenzo Camporini


Signor Presidente della Repubblica, Signor Ministro della Difesa, Autorità, gentili ospiti, cari amici del corso Drago Terzo, Uomini e Donne, tutti, della Difesa - Ufficiali, Sottufficiali, Militari di ogni ordine e grado, Personale Civile - ,
poco più di mille giorni fa, ricevevo dall'Ammiraglio Di Paola la responsabilità di guidare le Forze Armate, compito impervio per il quadro strategico con cui dobbiamo confrontarci in questo scorcio di secolo in una situazione di crisi finanziaria generalizzata che ha toccato tutto il mondo; compito reso peraltro più agevole dallo straordinario patrimonio accumulato dai miei predecessori - l'Ammiraglio Venturoni, il Generale Arpino, il Generale Mosca Moschini e l'Ammiraglio Di Paola, per citare solo quelli post riforma dei vertici del 1997.

E' difficile oggi, nel momento in cui passo il testimone nelle mani capaci del Generale Abrate, è difficile, dicevo, resistere alla tentazione di fare un bilancio, di elencare le cose fatte, le cose che si stanno facendo, di raccontare per sommi capi la storia delle Forze Armate in questi tre anni travagliati.

Anni intensi, in cui lo strumento militare è stato impegnato nelle circostanze più varie; da quelle tipicamente operative nei teatri globali - dall'Afghanistan all'Oceano Indiano, ad Haiti - a quelle di supporto alle autorità civili, sia per la sicurezza interna, sia per rimediare a difficoltà di talune amministrazioni locali, sia in quelle più dolorose di soccorso in occasione di calamità naturali, ove le Forze Armate, come sempre nel passato, si sono confermate strumento efficace e pronto, con risposte immediate.

Attività e risultati che hanno guadagnato ad Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri crescenti livelli di fiducia da parte dei cittadini, al punto da risultare tra le Istituzioni di cui ci si fida di più e su cui si sa di poter contare.

Ma più che di ciò che si e' fatto in questi tre anni, preferisco parlare di ciò che non sono riuscito a fare.

Alla riunione del Consiglio Supremo di Difesa del 2 ottobre 2008 dissi queste parole: "Vorrei parlarVi delle Forze Armate che vorrei; della mia visione di uno strumento efficace, agile, sostenibile e usabile sia nel quadro strategico attuale (.) sia in situazioni che solo i futurologi possono azzardarsi a delineare".

In quella circostanza descrissi un percorso lungo e faticoso, fatto di scelte difficili e dolorose che avrebbe però portato già nel breve-medio termine ad un utilizzo più razionale ed efficiente delle risorse. Chiedevo: "l'accentramento della logistica, sottraendo tale responsabilità ai Capi di Stato Maggiore di Forza Armata (.); la riduzione degli enti centrali, integrando alcune funzioni allo Stato Maggiore della Difesa (.); il ridimensionamento sostanziale del concetto stesso di territorialità, che ha poco senso nell'era dell'informatica (.); la razionalizzazione delle strutture addestrative, con accorpamenti e chiusure delle entità non più sostenibili (.); un ridisegno delle carriere, con norme di esodo agevolato e quindi con un ribilanciamento dei gradi".

Da allora, su questa strada i passi avanti non sono stati molti e talvolta precari e il processo di riforma è solo agli inizi.

Non sono stato neppure capace di unificare ed accentrare le strutture delle singole Forze Armate per l'insegnamento delle lingue straniere.

In sintesi non sono stato capace di trasmettere compiutamente alle classi dirigenti di Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri il concetto che Interforze non è solo un insieme di lettere dell'alfabeto, ma l'unica speranza perché il futuro, anche prossimo, non veda un crollo verticale delle capacità operative.

In questo si sintetizza il messaggio e l'augurio che faccio all'amico Biagio; che da oggi assume la responsabilità della gestione di questa macchina complessa e degli Uomini e Donne meravigliosi che ne fanno parte.

Fra le cose che non ho saputo fare, c'è un macigno che peserà per sempre; il non essere riuscito a salvare venticinque vite,

Comandante, dia l'attenti
Sottotenente, Giovanni Pezzullo; Caporal Maggiore, Alessandro Caroppo; Maresciallo di Prima Classe, Arnaldo Forcucci; Primo Maresciallo, Concetto Gaetano Battaglia; Primo Caporal Maggiore, Alessandro Di Lisio; Capitano, Antonio Fortunato; Sergente Maggiore Capo, Roberto Valente; Caporal Maggiore Scelto, Massimiliano Randino; Caporal Maggiore Scelto, Matteo Mureddu; Caporal Maggiore Scelto, Giandomenico Pistonami; Caporal Maggiore Scelto, Davide Ricchiuto; Caporal Maggiore Scelto, Rosario Ponziano; Sergente Maggiore, Massimiliano Ramadù; Caporal Maggiore Scelto, Luigi Pascazio; Caporal Maggiore Scelto, Saverio Positano; Capitano, Marco Callegaro; Sottotenente, Mauro Gigli; Caporal Maggiore Capo Scelto, Pierdavide De Cillis; Capitano, Alessandro Romani; Caporal Maggiore Scelto, Gianmarco Manca; Caporal Maggiore Scelto, Francesco Vannozzi; Caporal Maggiore Scelto, Sebastiano Ville; Primo Caporal Maggiore, Marco Pedone; Primo Caporal Maggiore, Matteo Miotto; Consigliere Diplomatico, Pietro Antonio Colazzo - Funzionario dell'AISE.

A Loro si devono aggiungere altri trentaquattro, caduti in attività di servizio in patria e addestrative; caduti quindi nel diuturno sforzo per mantenere le prestazioni dello Strumento Militare ai massimi livelli.

Comandante, ora può dare il riposo
Nessuno, sia ben chiaro, tra gli Uomini e le Donne delle Forze Armate vuole fare l'eroe; tutti vogliono tornare a casa dalle loro famiglie, i loro amici. Ma tutti non esitano a porre a rischio il proprio futuro, sapendo che possono perdere la vita o rimanere permanentemente e irrimediabilmente menomati.

Questo è il vero eroismo quotidiano di tutti e di ciascuno, in qualsiasi incarico e in qualsivoglia attività.

E' questa, del mio commiato dal Servizio attivo, l'occasione giusta per un pensiero a chi mi è stato vicino, la mia famiglia.

Ho scelto questa sede per la cerimonia, tra le ali più gloriose dell'Aeronautica di cui faccio parte, perché il mio addio all'uniforme può così avvenire davanti alle tre donne della mia vita: Silvana che mi è stata accanto per quarant'anni, che esattamente tre anni fa ci ha lasciato e le cui ceneri sono custodite dalle acque del lago che oggi dà così splendida immagine di sé; nostra figlia Marta, che è la figlia migliore che chiunque possa desiderare, e Paola che ha generosamente accettato di accompagnarmi per quel che resta del giorno.

A loro ho chiesto forse troppi sacrifici, così come ogni uomo e donna con le stellette fa con i propri cari, senza il cui pieno sostegno non sarebbe possibile dare all'Italia ciò che ci viene quotidianamente chiesto.

E me ne vado sereno: ciò che ho fatto è il massimo che potevo fare e chi mi succede ha tutte le qualità per riuscire dove non sono riuscito io.

Il Generale Biagio Abrate è saggio, preparato, capace, con un'esperienza di vertice in questo momento ineguagliabile.

Sono certo che saprà e potrà ottenere dalla struttura il supporto straordinario di cui mi sono giovato.

Lo attendono tempi difficili - ma quali sono mai stati tempi semplici? - ed è l'Uomo che potrà affrontare a viso aperto le sfide che gli verranno poste.

Un augurio fraterno, Biagio, l'augurio di un amico che ha potuto constatare di prima mano la Tua lealtà, la Tua dedizione, il Tuo amore per il nostro Paese.

E in quest'anno, in cui la Nazione festeggia il proprio centocinquatesimo anniversario, voglio infine gridare con commozione

Viva le Forze Armate e Viva l'Italia!

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