Attiva modalità di accessibilità
Disattiva modalità di accessibilità

Ministero della Difesa Test

  • WebTv
  • Facebook
  • Twitter
  • Youtube
  • Instagram
  • Italiano
  • Inglese
  • Francese
  • Home
  • Presidente della Repubblica
  • Ministro della Difesa
  • Sottosegretari
  • Uffici di diretta collaborazione
  • Organismo di Valutazione Performance
  • Commissariato Generale Onoranze ai Caduti
  • Ufficio Centrale Bilancio e Affari Finanziari
  • Ufficio Centrale Ispezioni Amministrative
  • Stato Maggiore della Difesa
  • Segretariato Generale della Difesa
  • Giustizia Militare
  • Area Stampa
  • Organigramma

Skip Navigation LinksHome Page / Giustizia Militare / Rassegna Giustizia Militare / Processi per crimini di guerra / Sommer Gerhard, Schöneberg Alfred, Bruss Werner, Schendel Heinrich, Sonntag Ludwig Heinrich, Rauch Georg, Goring Ludwig, Concina Alfred, Gropler Karl, Richter Horst / 10. La posizione degli imputati

Invia questa pagina a un amico Stampa questa pagina

10. La posizione degli imputati


Esaurita la verifica circa la presenza sul luogo della strage delle compagnie di appartenenza degli imputati, si deve prendere in esame le ragioni per le quali è dato affermare che i medesimi siano stati presnti ed abbiano partecipito alla commisione dei fatti contestati, così da dover essere chiamati a rispondere dei reato in rubrica.

10.1 BRUSS Werner

Dalla documentazione unita agli atti ed acquisita presso gli Archivi Federali tedeschi (fascicolo dibattimento n. 1, proveniente dal faldone B, cartella 1 del P.M.), Werner BRUSS risulta arruolato volontario nelle SS nell'aprile 1940 e, dopo un primo periodo di addestramento come telegrafista a Norimberga, nell'inverno 1940-41 fu trasferito a Debica in Polonia. L'anno successivo passò in una delle unità che aveva avviato le azioni di sterminio della popolazione ebrea in Ucraina e Bielorussia, la stessa Brigata che nel 1942 fu impegnata in un ciclo di stragi nel quadro delle operazioni antipartigiane nel fronte orientale. Dopo una serie di ferimenti e relativi ricoveri presso vari ospedali, l'1.12.1942 fu promosso SS-Rottenfuhrer (Caporal Maggiore SS) e trasferito presso il 9° Battaglione corazzato SS. Nel 1943 fu nuovamente promosso al grado di Unterscharfuhrer-SS (sergente) e trasferito alla 5a Compagnia del II Battaglione/35° Reggimento della 16a Divisione SS, reparto con cui fece servizio in Ungheria, e con la quale giunse in Italia nell'estate 1944 dove, secondo quanto dichiarato nell'interrogatorio, rimase ferito alla testa tra Firenze e Bologna, venendo pertanto inviato in convalescenza fino al gennaio 1945, quando si ricongiunse alla 16a Divisione a Corinzia (Austria).
Vi è, inoltre, in atti una lettera fatta pervenire dai difensori tedeschi dell'imputato il 10.04.2003, nella quale egli faceva sapere di non essere stato mai interrogato sui fatti che gli venivano contestati e, con varie omissioni su tappe fondamentali della sua carriera (risultanti dalla documentazione matricolare acquisita, quali ad esempio quelle sul fronte orientale dove, si è visto, erano stati compiuti massacri di ferocia non inferiore a quello di Sant'Anna), specifica che il suo ingresso quale volontario nelle SS fu determinato, non da motivi ideologici, quanto dall'unico intento di sfuggire al padre alcolizzato (se fosse vero sarebbe potuto andar via di casa e procurarsi da vivere anche con occupazioni meno "compromettenti"). Quanto alla strage, nella missiva si sostiene che il BRUSS non vi ebbe parte e che apprese soltanto nel pomeriggio di quel 12 agosto quanto era successo.
Informazioni sostanzialmente nello stesso senso sono contenute in una precedente lettera a firma dell'imputato, fatta pervenire a questo Tribunale il 06.10.2002 (fascicolo dibattimento n. 4, ex faldone G del P.M.), ove è affermato che quella mattina egli si trovava con i 4-7 uomini che gli erano rimasti quando ricevette l'ordine di recarsi con loro ad un incrocio su di una collina, al fine di proteggerlo dall'arrivo di partigiani, nonché per indicare la strada ai civili, che avrebbero dovuto avviare a valle. Dopo circa tre ore che erano lì, senza aver visto alcun partigiano, ma soltanto una donna incinta con un bambino per mano, e senza aver udito alcuno sparo o altri rumori strani, ricevette l'ordine di tornare verso la fattoria dove avevano dormito la notte precedente. Solo a quel punto, quando chiese al soldato se potevano far tornare la gente del posto nelle loro case, si sentì rispondere che ormai erano stati uccisi tutti (fascicolo dib. n. 4, ex faldone G del P.M.).
Anche a voler ritenere credibili tali affermazioni, secondo le quali può affermarsi che il suo contributo sarebbe stato quello di proteggere il fianco della zona interessata da eventuali aggressioni da fonte esterna (in particolare dai partigiani), questo sarebbe di per sé sufficiente per l'affermazione di responsabilità penale a titolo di concorso. Sarebbe questa, infatti, la classica figura del c.d. "palo", cioè di chi, non operando materialmente nella realizzazione della condotta incriminata, ne rende comunque possibile la realizzazione con un ruolo di protezione e di garanzia, che ha lo scopo di rassicurare e agevolare chi, invece, sia chiamato ad operare in prima linea (giurisprudenza costante anche con riferimento alla mera presenza sul posto. Per tutte Cass., sez. I, n. 4805 del 22 maggio 1997; Cass., sez. I, n. 4612 del 05 maggio 1993; Cass., sez VI, n. 9986 del 16 luglio 1992).
Tuttavia proprio le affermazioni sopra richiamate non possono essere ritenute credibili. Quanto alle asserzioni contenute nella missiva del 06.10.2002, appare assolutamente inverosimile che egli non abbia sentito quegli spari o "altri rumori strani" che, invece, quasi tutti i testimoni delle varie località, anche le più distanti, hanno riferito di aver udito provenire da ogni direzione. Anzi, oltre a quei rumori continui ed insistenti, molti hanno riferito addirittura di aver visto il fumo che si levava dalla chiesa e dalle località limitrofe a Sant'Anna, ciò che aveva già dato la consapevolezza di quanto era successo o stava avvenendo. Pertanto deve ritenersi che tali affermazioni siano state dettate da finalità meramente difensive. Inoltre, il compito asseritamente trasmessogli dal portaordini non poteva che essere percepito come componente di una procedura standard di azioni di rastrellamento a largo raggio, che l'imputato, in quanto sergente SS, non poteva non conoscere, anche perché previsto nelle pubblicazioni tedesche sulle tattiche antiguerriglia. Infatti, era risaputo che ogni qual volta veniva fatto un rastrellamento (con tutto quello che comportava) c'era sempre un'unità che doveva impedire la fuga di chi si trovava all'interno dell'area, piuttosto che impedirne l'ingresso come asserito dal BRUSS. Invero, non avrebbe avuto alcun senso predisporre un posto di controllo o di blocco di tal fatta: oltre che in contrasto con le dottrine che sovrintendevano a quel tipo di operazioni, sarebbe stato contrario agli stessi interessi delle SS che, come visto in relazione alla sorte riservata a numerose altre persone, avrebbero procurato grandi utilità per essere impiegati come ostaggi o, meglio ancora, come forza lavoro da deportare in Germania. Anche questa circostanza, pertanto, facendo emergere l'illogicità di quanto da lui dichiarato, rende non credibili le sue affermazioni.
Ma anche a voler prestar fede unicamente a quanto da lui dichiarato, emergono elementi sufficienti per affermare che il contributo causale offerto (perlomeno come "palo") fosse anche consapevole e, quindi, volontario.
Infatti, si legge nella sua lettera, che gli era stato detto di controllare l'incrocio perché tutta la zona montuosa e collinare doveva essere "pulita" (per usare la sua espressione) dai partigiani. Al riguardo, si è già rilevato in termini generali che per le SS non correva grande differenza tra partigiani e civili, in virtù di quell'equiparazione inculcata dalle rigorose disposizioni impartite da KESSELRING e così "brillantemente" recepite dalle SS. Sapere che era in corso un'operazione antipartigiana significava sapere che vi sarebbe stata coinvolta tutta la popolazione della zona. Se per loro era partigiano anche chi si trovava nelle stesse zone di questi ultimi, era ovvio che un'operazione svolta in una zona notoriamente conosciuta per essere un "covo di partigiani" dovesse necessariamente coinvolgere anche tutti coloro che, a torto o a ragione, si riteneva che li supportassero. Consapevolezza di quanto sarebbe accaduto che, a dispetto della asserita meraviglia con cui apprese della carneficina, doveva essere matura soprattutto in chi, come l'imputato Werner BRUSS, aveva già preso parte ad analogo ciclo di stragi sul fronte orientale.

10.2 CONCINA Alfred

Piuttosto particolare la carriera di questo imputato, il quale, già membro del partito nazionalsocialista, fu inizialmente arruolato nell'aviazione per essere trasferito nelle SS con il grado di sergente solo nel 1943. Dopo questo passaggio ci fu il primo ferimento (14.07.1943 - ferita ad una spalla da schegge di granata) e il ricovero in ospedale. Dimesso, fu assegnato al II Battaglione SS-Totenkopf, all'epoca di stanza a Praga. Successivamente venne spostato alla 16a Divisione SS appena costituita ed inviato in Italia nella 7a Compagnia, dove dice di aver maturato il grado di maresciallo e dove fu ferito alla gamba il 25.06.1944.
Il CONCINA venne sentito per rogatoria in due occasioni. Una prima volta, come testimone, il 21 luglio 2003 ed una seconda nella veste di indagato il 15 dicembre dello stesso anno. Nella prima dichiarazione - il cui contenuto venne dal medesimo richiamato e confermato dopo l'avvertimento dell'assunzione della qualità di indagato (e, dunque, pienamente utilizzabile) egli, dopo iniziali incertezze, ricordò che suo comandante di compagnia era il SOMMER, e raccontò come si svolsero i fatti a Sant'Anna. Inizialmente il nome della località non gli diceva molto, poi ci pensò e rammentò che il luogo era da loro conosciuto come "covo" di partigiani e che lì i tedeschi subirono molti danni. Infine, nel flusso dei ricordi, capì che ci si stava riferendo ad una drammatica vicenda, da lui stesso definita come "grande porcata". Dopo aver premesso di non avervi preso parte, l'imputato ha riferito che vennero uccisi partigiani ed anche civili: erano tantissimi, anche se neppure lui ha saputo indicarne il numero. Secondo il suo ricordo tutto avvenne nella piazza vicino alla chiesa, dove lui e altri 60-80 militari (ha precisato che c'era tutta la sua compagnia) salirono verso le 8 del mattino. Si trattò di una missione abbastanza breve, durata forse 3-4 ore, conclusasi intorno a mezzogiorno. Egli non seppe di ferimenti di militari tedeschi ad opera di civili, ed ha soggiunto che le persone davanti alla chiesa, uomini, donne e bambini, furono fucilate a seguito di un ordine, e poi i loro corpi bruciati con dei mobili (ricordava un armadio).
Nel secondo esame, forse perché aveva cambiato veste essendo nel frattempo divenuto indagato, non ha aggiunto molto, però ha specificato, sulla scorta di quanto già detto nel primo, che non gli fu dato alcun ordine particolare per quella missione ("Non conosco nessuno che abbia dato l'ordine"), partirono e basta.
Quest'ultimo riferimento, che sembra doversi distinguere dall'ordine di sparare che, a suo dire, sarebbe stato impartito sulla piazza, è piuttosto significativo, in quanto conferma, come già visto, che per l'operazione in sé non ricevette un vero e proprio ordine, il che, avute presenti le prassi preparatorie ed operative di quel genere di azioni induce a ritenere esservi stata un'organizzazione discussa e concordata tra tutti coloro i quali avevano una posizione di comando e conseguenti responsabilità. Non va obliterato, infatti, che il prevenuto era comandante di squadra.

10.3 GÖRING Ludwig

L'appartenenza del GÖRING alla 6a Compagnia del Battaglione "GALLER", reparto direttamente coinvolto nella strage, è comprovata dalla cospicua documentazione reperita presso la Deutsche Dienstelle e il Bundesarchiv e consente di individuarlo come graduato sicuramente presente al reparto il 12 agosto 1944.
Le principali informazioni sulle sue vicissitudini e sulla sua carriera, oltre ad essere indicate nella documentazione menzionata, sono state fornite da lui stesso, nel corso degli interrogatori ai quali è stato sottoposto.
Va precisato, in proposito, che egli fu sentito una prima volta, il 25.03.2004, quale persona informata sui fatti, nell'ambito delle indagini condotte dalla Procura di Stoccarda in ordine allo stesso crimine oggetto del presente processo. Nel corso della deposizione, essendo emersi indizi di reità, gli vennero fatti gli avvertimenti di rito ed egli, pienamente consapevole dei propri diritti e delle conseguenze del suo dire, confermò quanto detto in precedenza, manifestando apertamente l'intento di rendere l'interrogatorio.
Egli, dunque, ebbe a dichiarare di essere entrato nelle SS come volontario nel 1941 e di essere stato assegnato alle Waffen-SS come soldato. Dopo un primo periodo di addestramento alla scuola di Arolsen (presso Kassel), fu assegnato al battaglione di scorta Reichsfuhrer-SS, di stanza a Berlino, con cui si recò in Russia nell'ottobre 1941, per rimanerci fino all'aprile 1942. In questo primo periodo trascorso in un teatro operativo, fu promosso soldato scelto ed ebbe i primi problemi di salute a causa dell'intenso freddo sofferto in Russia, tanto che fu costretto in ospedale per 6-8 settimane, a causa di un'otite che gli causò una perforazione del timpano sinistro (interrogatorio 16.06.2004, pag. 3). All'uscita, con un battaglione di riserva, fu dislocato in Olanda, dove fu promosso caporale e dove rimase fino al 1943, forse luglio-agosto. Successivamente fu inviato al campo di esercitazione truppa in Boemia quale istruttore e fu nuovamente promosso, divenendo caporal maggiore. Nel febbraio 1944 fu mandato in Ungheria e, ad aprile-maggio, raggiunse l'Italia direttamente con i veicoli del suo reparto. Lì furono impegnati nella zona di Pisa, prima a sud della città, poi costantemente in ritirata sempre più verso nord. In quel periodo ebbero i primi scontri con gli americani ma, per sua stessa ammissione, ormai non erano più in grado di operazioni militari contro di loro, tanto che, in un'occasione, dovettero lasciare sul posto l'artiglieria, cui era stato assegnato al comando di tre uomini. Dal quel momento passò alle dipendenze di un sergente, con in dotazione una semplice mitragliatrice leggera con bipiede MG 42, in cui lui era addetto alla macchina ed un altro alla carica delle munizioni, mentre agli altri sei militari della sua unità fu dato un mitra MP 38.
Superata la zona appenninica, il 22.09.1944 rimase ferito da una scheggia di granata nella regione di Verona e fu ricoverato all'ospedale militare di Merano.
Venendo alla strage di Sant'Anna di Stazzema, l'imputato ha ricordato di aver partecipato ad un'operazione contro i partigiani. Infatti, durante la ritirata lungo il litorale, decisero di fare una pausa nell'entroterra, non lontano da La Spezia. Si fermarono la sera e, già l'indomani mattina, gli dissero di tenere pronto l'intero Battaglione per un'operazione, perché in quel periodo subivano attacchi continui dai monti.
Poiché la mattina successiva ricevettero l'ordine di risalire i monti, l'intera Compagnia (allora composta di 35-40 uomini) si mise in marcia verso le ore 6.00, formando una linea di fucilieri. Giunti in cima si fermarono e lì ebbe l'incarico di rimanere in postazione per proteggere l'ala sinistra con la sua mitragliatrice. Dopo circa due ore, ricevuto un nuovo ordine, fecero una discesa ripida che li condusse ad un "pianoro" nella cui parte terminale, prima di una nuova salita, c'erano due case piuttosto piccole, con 15-25 donne sedute in cerchio lì davanti. Intorno a loro, da entrambi i lati, c'erano 6-8 soldati per parte, oltre il suo comandante di Compagnia, un sottotenente, un altro ufficiale, e quello che lui pensava essere il comandante del Battaglione per i gradi sulle mostrine (aveva le spalline della giacca incrociate e su entrambi i lati il fogliame di quercia, gradi che sapeva essere quelli di colonnello-SS). Fu proprio quest'ultimo che, piuttosto impaziente e nervoso, ordinò loro di posizionare la mitragliatrice in direzione delle donne e di sparare al suo ordine di fare fuoco. La sua era l'unica mitragliatrice posizionata ma, con lui, anche gli altri soldati puntavano ciascuno con il proprio mitra, tutti a 4-5 metri dalle donne. Quando arrivò l'ordine, con l'aiuto dell'artigliere addetto alle munizioni, sparò un'intera cartucciera, uccidendole tutte in pochissimo tempo, con il concorso di tutti gli altri militari. Non fu necessario alcun colpo di grazia, soltanto fu deciso di dare subito fuoco ai cadaveri con delle taniche di benzina. Soltanto dopo aver appiccato il fuoco, da quel cumulo di cadaveri si levò un bambino dell'apparente età di dieci anni, avvolto dalle fiamme, il quale corse via come una torcia umana, sparendo dietro la scarpata. L'ufficiale nel quale egli credette di individuare il Comandante di Battaglione, in quel momento - seguendo quello che appare un empito di ulteriore crudeltà - ordinò loro di mettersi all'inseguimento del "fuggitivo", cosa che fecero due o tre uomini, senza risultati. Dopo di ciò continuarono il loro cammino in fila indiana fino a raggiungere, dopo 30-45 minuti, una altro gruppo di 10-15 case, dove si fermarono per fare una pausa, per poi rimettersi in marcia e raggiungere i loro alloggi.
Messo davanti alle proprie responsabilità, che lui già ben conosceva, l'imputato ha ammesso di essere stato assolutamente conscio di sparare a delle donne innocenti, così come sapeva che la popolazione civile era inviolabile, ma ha aggiunto, tuttavia, di aver deciso di sparare perché gli ordini dovevano essere rispettati ("ma gli ordini sono ordini", pag.16 del 25.03.2004), non poteva fare altro se non voleva incorrere in una fucilazione sommaria sul posto.
Ora, per quanto da lui stesso confessato, non c'è dubbio che l'imputato debba essere considerato responsabile dell'uccisione delle 20-25 persone che ha ammesso di aver ucciso, con la consapevolezza della criminosità della condotta. Il suo caso, infatti, si qualifica in quanto, a differenza di tutti gli altri imputati, vi è ammissione del fatto, diretta conseguenza dell'esecuzione di un ordine che, per i motivi più sopra illustrati fu indubbiamente criminoso.
Correttamente egli è chiamato a rispondere non soltanto di tale specifica condotta - costituente una parte icasticamente ritagliabile dal complessivo addebito - ma di tutti gli eventi cagionati dalla combinata azione posta in essere dal suo reparto a Sant'Anna il 12 agosto 1944. Come è confermato dalle sue stesse ammissioni, la sua azione era incastonata in un'attività di più ampio raggio e portata, della quale egli era ben consapevole, essendogli noto, sin dalla presa di cognizione, il giorno precedente, del fatto che l'intero battaglione sarebbe stato impegnato in un'operazione contro i partigiani. Conseguentemente, gli era ben presente che altri come lui, negli stessi momenti, stavano agendo con il medesimo obiettivo, e con le stesse modalità, in consapevole adesione alle criminose disposizioni dei superiori. Né può essere obliterato il fatto che egli senz'altro costituì, anche al suo non elevato livello gerarchico, un ingranaggio fondamentale per il raggiungimento dello scopo e che, per poter portare a termine l'impresa dovette, a sua volta, attuare l'ordine dei superiori guidando l'agire di subordinati, non ultimo il soldato che fungeva da suo servente nell'uso della mitragliatrice.

10.4 GROPLER Karl

Le informazioni sulla carriera e la storia di Karl GROPLER sono conosciute attraverso la documentazione acquisita presso la Deutsche Dienstelle (fascicolo dibattimento n.° 1, proveniente dal faldone B, cartella 1 del fascicolo del P.M.), attraverso i documenti della Zentrale Stelle elaborati dal Dott. GENTILE (fascicolo del dibattimento n. 1, dal faldone H, cartella 1 del P.M.) e dalle dichiarazioni rilasciate dal medesimo a seguito della rogatoria internazionale del 13.06.2003.
Si è appreso, così, che è stato nella gioventù hitleriana a partire dal 1937 fino al 20.03.1942, quando fu arruolato nelle SS. Al riguardo, però, si è riscontrata una divergenza tra quanto dallo stesso dichiarato e l'asserzione del consulente del P.M.: infatti, mentre il GROPLER ha affermato di essere stato chiamato come coscritto, il Dott. GENTILE ha sostenuto che in quel periodo l'ingresso nelle SS era ancora su base volontaria, ciò che potrebbe significare una speciale "vocazione" verso valori, metodi e ideologia del Corpo. In ogni caso è pacifico che dopo il primo periodo di addestramento e l'impiego sul fronte occidentale, prima in Olanda, poi a sud della Francia, divenne un membro delle famigerate unità Totenkopf che, come già visto, erano responsabili della disciplina e della sicurezza dei campi di concentramento e nelle cui fila si recò sul fronte russo, precisamente a Karkow (dove si ricorda una delle stragi naziste più sanguinose). Dopo il ferimento alla testa fu trasferito prima in Polonia, poi in Ungheria, Prussia orientale e, infine, in Italia nel 1944. Nello stesso anno divenne prima Caporal Maggiore SS (01.04.1944), poi sergente SS due mesi dopo. In quest'ultimo Paese era inquadrato nell'8a Compagnia del 35° Reggimento SS. Di tale dato l'imputato si disse non sicuro, sottolineando di avere soltanto memoria dell'armamento pesante in dotazione (bombe a mano, lanciarazzi anticarro, automezzi con cannoni e lanciagranate).
In quell'occasione gli furono mostrate delle fotografie di S. Anna che l'imputato ha riconosciuto come la località dove si erano verificati i fatti (fascicolo del dibattimento n. 1, cartella 2 del faldone H del P.M.).
In considerazione del fatto che egli assunse, poi, la qualità di indagato, le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate. Va detto, però, che si tratta, nello specifico, di dati oggettivi, che, comunque, risultano dalla documentazione matricolare acquisita agli atti, nella quale è descritta la sua carriera militare e le varie sedi di assegnazione. Inoltre, tali dati risultano confermati dalle dichiarazioni dell'HETTESHEIMER, il quale, nell'interrogatorio del 9.3.04 (acquisito all'udienza 16.12.2004), ha ricordato l'imputato come suo comandante di squadra, responsabile dell'artiglieria ("capopezzo") ed ha soggiunto che quel giorno dovette rimanere di guardia agli alloggi col commilitone GEBHARDT perché tutta la compagnia si era recata sui monti per un'operazione. Pertanto, ben difficilmente si potrebbe pretendere di affermare che anche il GROPLER non si fosse portato in Sant'Anna, sia perché della sua presenza agli alloggi il teste si sarebbe certamente ricordato, come ha fatto per l'altro commilitone, sia perché risulta con certezza che l'artiglieria dell'8a Compagnia (indipendentemente dal suo concreto utilizzo, del quale non si hanno solidi riscontri) era sul posto e, dunque, non poteva mancare uno dei sottufficiali che ne erano responsabili.
Quando il GROPLER fu sentito nuovamente, a poca distanza di tempo (22.12.2003), questa volta in veste di indagato, si limitò a dire di ricordare di scontri con partigiani, senza però fornire dettagli, nonostante le espresse contestazioni degli inquirenti, che in qualche modo si riportavano a suoi precedenti riferimenti.
A parere del Collegio il fatto che le dichiarazioni rese dall'imputato quando venne sentito come testimone non siano utilizzabili non impedisce, comunque, di tener conto della circostanza che in precedenza egli fu in grado di riferire con un buon dettaglio gli accadimenti di Sant'Anna. Qui, infatti, non è in questione lo specifico contenuto delle dichiarazioni, in quanto tali non utilizzabili, bensì il fatto oggettivo della memoria degli accadimenti. È pur vero che all'esercizio della facoltà di non rispondere non può essere attribuita una portata gravatoria, ma non è revocabile in dubbio che si possa tener conto del fatto che l'imputato non è privo di ricordi e che, pur avendo certamente cognizione e memoria della condotta che gli si addebita, non abbia inteso sottoporsi all'esame, neppure per fornire eventuali elementi a suo favore. In proposito è significativo, ed inquietante nel contempo, il fatto che il GROPLER abbia testualmente affermato di «. non essere disposto a rendere altre dichiarazioni».
Va, poi, considerato che il teste BECKERTH, pur non avendo potuto dire con certezza se il GROPLER fosse presente, ha affermato che era responsabile di un'artiglieria della sua compagnia e che questa fu impegnata nell'azione a Sant'Anna, il che induce ad escludere, considerato anche il grado del prevenuto, peraltro noto al teste come soggetto sempre "pronto a mettersi in mostra", possa non avervi avuto parte.
Su tutto pone, poi, un suggello quanto diffusamente illustrato sopra riguardo alla prova dell'impiego dell'intera 8a Compagnia nell'eccidio.

10.5 RAUCH Georg

Le notizie su Georg RAUCH sono contenute principalmente nella documentazione reperita presso la Deutsche Dienstelle e il Bundesarchiv (Fasc. Dib. N. 1 ex Fald. B cart. 1, cart. 2, vol. 1) elaborata dal Dott. GENTILE (Fald. H, cartella 1). Nato nel 1921 egli, all'età di 12 anni, entrò nella Gioventù Hitleriana dove divenne in breve capo plotone. Nel 1940 si presentò come volontario per entrare nelle SS e fu assegnato al famigerato battaglione Totenkopf. Dopo un corso di quattro mesi fu mandato in Francia, dove conseguì, in brevissimo tempo, tre promozioni che lo fecero diventare sergente già nell'ottobre 1941, quando fu inviato alla Scuola Allievi Ufficiali, poi in Russia, dove prese parte alle battaglie di quel fronte, quindi a Varsavia nel periodo dello sterminio nel ghetto degli ebrei. Nell'ultimo semestre del 1943 frequentò il corso ufficiali conseguendo la promozione ad Untersturmfuhrer (sottotenente) il 01.03.1944. Nel frattempo trasferito alla 16a Divisione SS, per quanto spontaneamente dichiarato l'11.12.2002 nell'ambito della rogatoria internazionale, passò dall'Ungheria all'Italia dove, essendo stato già nominato Aiutante di Battaglione, ricevette l'incarico di cercare una sistemazione per il suo Battaglione nella zona di La Spezia (dal fg. 151, cart. 7, vol. 1, del faldone B del P.M. risulta S. Tenente Aiutante di Battaglione almeno dal 15 giugno 1944, ma probabilmente lo era anche prima).
Pertanto, si deve dare per acquisito che egli, al momento della strage del 12 agosto, era Aiutante Maggiore di Battaglione, incarico di grande importanza, in virtù dello stretto rapporto con il comandante che deriva dai compiti normalmente attribuiti a tale figura. Infatti, oltre ad esserne il suo più immediato collaboratore e consigliere, tra le funzioni proprie di quella figura rientrava il mantenimento delle relazioni con le unità subordinate. Questo comportava che dovesse riceverne i rapporti, che li analizzasse e li comunicasse al comandante. In direzione contraria, doveva trasmettere loro le disposizioni ricevute dall'alto, tramite staffette portaordini o per telefono. A sua volta doveva provvedere ad inviare i rapporti del battaglione ai comandi superiori, nonché a riceverne le comunicazioni che girava al suo comandante. Stilava ordini e piani operativi sulla base delle disposizioni di quest'ultimo e, in battaglia, era competente a tenere aggiornati tutti i dati per la compilazione dei rapporti e del diario di guerra. Infine, ma non meno importante, come da lui stesso dichiarato, doveva occuparsi della sistemazione logistica dell'intero reparto. In poche parole un ruolo assolutamente centrale nella vita e nelle attività del Battaglione, e, proprio per questo, di grande supporto ed utilità per il proprio superiore. Sulla base di tali premesse, pertanto, si deve ritenere che il RAUCH abbia, nell'esplicazione delle proprie attribuzioni, partecipato almeno alla pianificazione ed all'organizzazione, se non direttamente all'esecuzione della strage di Sant'Anna.
Al di là delle conclusioni che, in astratto, si possono trarre dalle sue funzioni di Aiutante, va posto in rilievo che sono stati acquisiti elementi concreti dai quali emerge che il RAUCH è stato veramente un validissimo ausilio tattico per il suo comandante. Infatti, come si legge nella scheda valutativa del 15.10.1944, a firma del Capitano Aiutante SS DOBRINDT, è scritto che "nello svolgimento del suo incarico quale aiutante Maggiore di Battaglione dimostra molta comprensione.è abile nella corrispondenza ed è un buon consigliere tattico del suo comandante di Battaglione." (fg. 152, cart. 7, vol. 1, fald B P.M.).
Pertanto, se si dà il dovuto risalto a quanto affermato dal Dott. POLITI riguardo alle modalità tattiche con cui è stata predisposta e condotta l'operazione di Sant'Anna, non se ne può trarre che una partecipazione diretta dell'imputato già nel primo e decisivo momento dell'organizzazione dell'azione. Infatti, trattandosi di una fase strettamente attinente alle sue competenze, e non essendo emerse riprove della sua assenza dal reparto proprio in quel periodo, non può che affermarsi che anche lui contribuì, quanto meno sotto il profilo del concorso morale, alla realizzazione dell'eccidio.
In realtà, nella dichiarazione dell'11.12.2002, l'imputato nega qualunque coinvolgimento diretto o indiretto in quanto, a suo dire, appena arrivato in Italia avrebbe riportato gravissime ferite, a seguito di un attacco aereo da parte della R.A.F. (schegge nei polmoni, nel ginocchio sinistro e nel bacino destro) a seguito delle quali sarebbe stato ricoverato presso l'ospedale militare di Pavia (fg.14, cart. 9 del faldone G del P.M.). Tuttavia, non potendo ricordare la data precisa in cui ciò sarebbe avvenuto, e per quanto tempo sarebbe di conseguenza stato assente dal reparto, egli ha fatto riferimento a quanto dichiarato nell'ambito del procedimento di denazificazione presso il Tribunale di Norimberga da tal Georg VOIT, ufficiale del Reggimento da lui conosciuto in Italia e, successivamente, incontrato durante la prigionia a Norimberga, al quale chiese un atto notorio con cui comprovare di non aver partecipato a crimini contro l'umanità. Tale dichiarazione, rilasciata il 2.11.1946, viene evocata in quanto in essa il VOIT assevera, tra l'altro, che Georg RAUCH era stato ricoverato presso l'ospedale militare di Pavia dal 04.06.1944, data del ferimento, fino alla fine di agosto dello stesso anno, quando faceva rientro al reparto nella veste di aiutante di campo presso il II Battaglione del 35° Reggimento (fascicolo dibattimento n. 4, proveniente dalla cartella 9, faldone G del P.M.). Tuttavia, la documentazione acquisita presso gli Archivi Federali tedeschi, contrasta quella dichiarazione, facendo emergere elementi di segno opposto. In primo luogo, se nel foglio matricolare risultano tutte le tappe significative della carriera ed i ferimenti dell'imputato, compreso quello del 18 ottobre 1944, non vi è alcuna traccia dell'asserito ferimento di giugno (fascicolo del dibattimento n. 1, ff. 126-155 provenienti dal vol. 1, cart. 7, faldone B del P.M.). Circostanza, questa, quantomeno singolare, soprattutto perché per il ferimento dell'ottobre è addirittura annotata la lieve entità delle lesioni ("leggermente ferito scheggia di granata alla mano sinistra, rimasto con la truppa", fascicolo dibattimento n. 1, proveniente dalla cartella 1, faldone B del P.M.), oltre che la mancanza di ricovero presso altre strutture sanitarie, mentre per quella asseritamene più grave del giugno, che avrebbe comportato quasi tre mesi di ricovero, non vi è alcuna traccia.
A ciò si aggiunge che un'assenza tanto lunga, dal giugno all'agosto 1944, non sembra facilmente compatibile con i giudizi valutativi espressi dai superiori. Infatti, non se ne fa alcuna menzione nella valutazione del 10.06.1944, successiva alla presunta data del ferimento, laddove l'ufficiale valutatore ne avrebbe sicuramente fatto menzione soprattutto perché lo conosceva soltanto dal 23.05.1944, quindi da un periodo talmente breve che un'assenza per ferimento dal 04.06.1944 sarebbe stata quantomeno menzionata e, forse ostativa, alla redazione del giudizio stesso. Ma considerazioni analoghe possono essere fatte anche riguardo alla successiva valutazione del 15.10.1944 cui si è fatto già riferimento riguardo alle sue qualità tattiche. A fronte di un'assenza di quasi tre mesi, che avrebbe pressoché coperto tutto il periodo oggetto di giudizio, si fa esplicito riferimento alla precedente valutazione per elogiare i progressi del giovane ufficiale, sottolineandone una personalità sempre più matura e un carattere sempre più lucido. Si comprende facilmente come si tratti di una considerazione incompatibile con un'assenza tanto lunga, soprattutto se si ha presente che il giudizio si conclude sottolineando un rendimento di piena soddisfazione.
Ritenuto, pertanto, provata la presenza del prevenuto al reparto il 12 agosto 1944, vi sono fondati elementi per ritenere che il suo contributo sia andato oltre la fase puramente preparatoria ed organizzativa, per spingersi fino ad una partecipazione materiale sul campo di "battaglia". Si è già visto, infatti, che tutto il Battaglione fu impegnato nel massacro, e solo per questo deve ritenersi che, oltre alle quattro compagnie, fosse materialmente presente anche il Comandante e il suo staff di collaboratori. Oltre ad essere assolutamente normale che un comandante accompagni e guidi i propri uomini sul campo, si ha la prova documentale che questo accadeva anche rispetto al II Battaglione. Infatti nel rapporto perdite del 18.10.1944 (fascicolo dibattimento n. 1, cartella 4, faldone A del P.M.), risulta che nella stessa data e nello stesso luogo (S.Martino) furono feriti in battaglia sia il Comandante Anton GALLER (schegge di granata nella natica sinistra), sia l'imputato RAUCH (schegge di granata alla mano sinistra), ciò che conforta, se ce ne fosse ancora bisogno, circa il coinvolgimento dell'Aiutante Maggiore direttamente in battaglia a fianco del suo Comandante e, dunque, la piena responsabilità materiale e morale dell'imputato per la strage di Sant'Anna di Stazzema.
Non ignora il Collegio il fatto che le indagini svolte in Germania dalla Procura presso il Tribunale di Stoccarda a carico del RAUCH, per gli stessi fatti, si siano concluse sostanzialmente con un'archiviazione (come si ricava da una comunicazione di quell'Ufficio giudiziario prodotta dalla difesa), per non essere stati raggiunti adeguati riscontri, soprattutto per l'impossibilità di sentire nuovamente il VOIT, in quanto deceduto, e non essendo state ritenute appaganti le risultanze della documentazione relativa ai ricoveri dell'imputato. Il provvedimento adottato all'esito di tale indagine, però, non può essere in alcun modo ritenuto ostativo ad un giudizio a carico del RAUCH nel presente processo, non risultando emessa una decisione che possa considerarsi caratterizzata dalle connotazione indicate dall'art. 649 c.p.p.

10.6 RICTHER Horst

Il primo riferimento all'imputato è assai risalente nel tempo ed è stato fatto per la prima volta nel periodo immediatamente successivo alla strage, nel corso delle indagini condotte dalla Commissione U.S.A. istituita in seno alla V Armata. Tra i vari testimoni sentiti dagli investigatori, secondo regole e garanzie conformi ai principi cardine del nostro ordinamento più moderno (commissione composta da tre persone, assistenza di un difensore, partecipazione di un interprete e di un relatore), il disertore tedesco Willi HAASE, ex appartenente alla 5a Compagnia del II Battaglione, oltre ad indicare quest'ultimo come responsabile, in tutte le sue unità, del massacro di Sant'Anna, fece anche alcuni nomi di chi ne faceva parte in quell'operazione, tra cui l'imputato RICTHER.
In realtà, nell'interrogatorio del 16 settembre 1944, il Maggiore WEXLER domandò al testimone se anche "il sottufficiale RUHTER, volontario SS, e più tardi appartenente agli Sniper Scout (Esploratori Tiratori scelti), 5a Compagnia, II Battaglione, 35° Reggimento SS, partecipò al massacro". Come si può vedere, il riferimento a RUTHER (anziché RICTHER) sembrerebbe escludere qualunque coinvolgimento dell'odierno imputato, con il conseguente venir meno di uno degli indizi a suo carico.
Tuttavia, per meglio comprendere quel riferimento nominativo, è necessaria una lettura comparata di quell'interrogatorio con il contenuto della scheda notizie di HAASE e con la relazione della Commissione del 16.10.1944 (rispettivamente come allegati 82 e 51 in fascicolo dibattimento n. 5 e in fascicolo dibattimento n. 7, proveniente dalla cartella 2 del faldone A del P.M.). Si comprende, così, che prima dell'interrogatorio del 16.09.1944, il testimone era stato già schedato e sentito una prima volta dalla Sezione G-2 della V Armata U.S.A., che aveva sintetizzato il contenuto delle sue prime dichiarazioni nella stessa scheda (che nella relazione della Commissione viene indicata come prova "i") poi utilizzata anche dalla Commissione durante l'esame. In particolare, dopo un breve riassunto dei fatti, sono indicati i nomi di quattro militari, tutti della 5a Compagnia di cui faceva parte lo stesso HAASE, che secondo il suo racconto avevano partecipato al massacro. Tra questi, oltre a JANSEN, LEIBSLE e WERTMANN, viene nominato l'Uff.RICTHER, indicato come volontario delle SS, capo squadra cecchini della 5a Compagnia/ II Battaglione, 35° Reggimento, e viene specificato che aveva partecipato anche lui.
A parte l'errore concernente il grado, come si è visto prontamente corretto in sede di interrogatorio, è evidente che le domande dei commissari tendevano semplicemente ad avere conferma dei nomi già forniti nell'interrogatorio precedente e che, pertanto, quel riferimento a RUTHER, oltre a confermare quelle difficoltà di comprensione e traduzione che derivavano dalla differente pronuncia di alcuni nomi, deve essere inteso come fatto all'imputato RICTHER.
Una volta identificata la persona di cui si parlava, le indagini più recenti hanno permesso di acquisire, presso gli archivi tedeschi della Deutsche Dienstelle di Friburgo e del Bundesarchiv di Berlino, quella documentazione che ne ha consentito l'esatta identificazione e la ricostruzione della carriera (fascicolo del dibattimento proc. n. 42/04 R. Dib. poi riunito al presente, e fascicolo dibattimento n. 1).
Prima di entrare nel 1939 per un ferma volontaria di 12 anni nelle SS, Horst RICTHER era stato nella Gioventù Hitleriana dal 1936, dove si era già distinto divenendo giovane capo plotone (scheda prigioniero di guerra), e si era già iscritto al Partito nazionalsocialista. Per quella stessa spiccata connotazione ideologica che lo aveva già portato ad impegnarsi e ad emergere in quelle strutture, fu subito destinato allo stesso Battaglione di addestramento Totenkpf di Varsavia cui apparteneva SCHÖNEBERG, segno evidente di una personalità fortemente pervasa dai tragici "valori" del nazismo propri di quell'unità (oltre alla dura selezione per accedere nelle SS era riuscito ad essere ulteriormente scelto anche per il reparto che rappresentava il massimo dell'ideologia e della fedeltà al nazismo). In quell'unità cominciò a maturare ulteriori consensi tra le gerarchie conseguendo le prime promozioni, infatti, partito col grado di soldato semplice, il 1° gennaio del 1943 era già sergente. Fu ferito diverse volte, una prima il 30.04.1942 (scheggia di granata al capo, alle braccia e alla gamba sinistra), una seconda il 5.3.1943 (schegge al braccio e all'avambraccio e frattura). Dimesso dall'ospedale venne assegnato come comandante di plotone alla 5a Compagnia /II Battaglione del 35° Reggimento/16a Divisione SS. Come si evince dai rapportini delle perdite risulta nuovamente ferito il 26.06.1944, ma medicato direttamente al reparto, e ancora il 26.09.1944, il 30.10.1944, poco prima della promozione a maresciallo, avvenuta il 1.11.1944. Fu catturato dagli americani il 12.05.1945.
Un'ulteriore conferma della corretta identificazione dell'imputato si è avuta con la comunicazione fatta pervenire dal figlio, il quale afferma che il padre non era in grado di ricordare molto ai fini di un interrogatorio, ma confermava di essere stato in Italia con il II Battaglione SS (fascicolo del dibattimento n. 3, sottocartella "b", cartella 1 del faldone F).
Sentita nell'interrogatorio reso il 6.10.04, la giornalista KOHL ha dichiarato che, tra i vari militari tedeschi sentiti in relazione alla strage di Sant'Anna, il RICTHER aveva confermato di essere stato a Sant'Anna di Stazzema (alla giornalista che gli chiedeva notizie sulla strage sui monti a Sant'Anna di Stazzema, lui ha ammesso di essere stato "lassù").

10.7 SCHENDEL Heinrich

Attraverso la documentazione acquisita presso la Deutsche Dienstelle e il Bundesarchiv (fascicolo del dibattimento n. 1, proveniente da volume 2, cartella 2 del faldone B del P.M.; fascicolo del dibattimento n. 3, proveniente da sottocartella "e" del faldone F del P.M.; fascicolo del dibattimento n. 4, proveniente dal faldone G del P.M), da ultimo integrata con le produzioni avvenute all'udienza del 07.06.2005, è possibile sapere che Heinrich SCHENDEL è entrato come volontario nelle SS nel 1940 e, dopo il periodo di addestramento, è stato destinato alla Divisione "Das Reich" nelle cui file ha partecipato alle campagne dell'ovest, quella dei Balcani e, dal febbraio al giugno 1942, a quella di Russia. Dopo alcune ferite e conseguenti ricoveri ospedalieri passò al Battaglione di addestramento di Stralsund, dove rimase per un lungo periodo nel quale maturò la promozione a sergente SS. Nell'estate del 1944 fu trasferito alla 6a Compagnia del II Battaglione/35° Reggimento della 16a Divisione SS, che dovette raggiungere in Italia dove l'unità si trovava già impegnata. Ferito il 18 agosto 1944, fu costretto a lasciare l'Italia per essere ricoverato presso vari ospedali militari.
Sentito con rogatoria internazionale il 1° ottobre 2002 nella veste di indagato (fascicolo del dibattimento n. 3, proveniente da sottocartella "e" del faldone F del P.M.), l'imputato ha smentito qualunque coinvolgimento nella strage del 12 agosto, asserendo che a quella data si trovava ancora presso la scuola di Stralsund dove svolgeva l'incarico di istruttore, in quanto all'ordine di raggiungere il suo nuovo reparto diede esecuzione con la sua truppa soltanto il 17.08.1944. Il giorno successivo, quindi appena arrivato, rimase gravemente ferito da una bomba a mano e fu costretto ad una lunga trafila di ricoveri.
Tuttavia dalla documentazione compilata il 30.10.1978 dallo stesso imputato, per il rilascio della pensione, è indicato che il suo arrivo in Italia avvenne sin dal 1.08.1944 e non dal 17 come dichiarato. È evidente che la dichiarazione resa nella veste di indagato sia al riguardo reticente, essendo naturale che la linea difensiva più sicura fosse rappresentata dal tentativo di spostare l'arrivo nel territorio italiano ad un momento posteriore alla strage. Al contrario è molto più attendibile quanto dichiarato in altra sede ed in un periodo in cui non era ancora maturato alcun interesse ad indicare un diverso giorno di arrivo nel nostro Paese. Tanto più, come è dato cogliere dall'osservazione del documento in questione, le date risultano indicate con una precisione assoluta, anche con riferimento alle precedenti tappe della sua carriera. Né sarebbe ragionevole ritenere che l'indicazione del 1° agosto sarebbe stata fatta per semplificare i calcoli, facendo corrispondere il movimento in Italia con l'inizio contabile del mese, dal momento che precedenti trasferimenti risultano indicati anche in altri giorni del mese. Stupisce, anzi, che le precedenti cinque date dallo stesso segnate in quella richiesta non riportino affatto il giorno del mese in cui quei movimenti erano stati fatti, limitandosi ad indicare soltanto mese ed anno. Evidentemente, al contrario di queste ultime, la data del passaggio in Italia era ben conosciuta e ricordata dallo SCHENDEL in quel momento "non sospetto", ciò che dimostra come le ultime dichiarazioni siano chiaramente reticenti e volte a nascondere la partecipazione ad un crimine che, in quanto membro della 6a Compagnia, ben conosceva e a cui aveva dato il suo personale contributo in virtù della posizione rivestita nella scala gerarchica e delle motivazioni già illustrate riguardo al ruolo dei sottufficiali.
D'altra parte il suo arrivo in Italia soltanto il 17 agosto sarebbe davvero inverosimile, considerando che è rimasto ferito il giorno dopo, quasi non avesse avuto il tempo neppure di sistemarsi prima di muovere verso la prima "missione".
A provare la sua presenza in Italia al momento della strage concorre, inoltre, se mai fosse ancora necessario, quanto dichiarato dal commilitone MEHLS nell'interrogatorio fatto con rogatoria internazionale il 3.06.2004. Infatti anche lui si trovava a Stralsung quando, dopo l'attentato al Fürher del 20 luglio 1944, venne trasferito in Italia con altri 11 commilitoni. Secondo il suo primo ricordo sarebbero arrivati ai primi di agosto, ma alla richiesta di maggior precisione sulla data, il teste non ha saputo indicare un giorno in particolare, aggiungendo di essere sicuro soltanto del fatto che erano trascorsi due, massimo tre giorni dall'attentato ad Hitler, sicché si deduce che partirono il 22 o il 23 luglio. Il teste ha riferito, in particolare, che il viaggio avvenne a bordo di un treno merci che fece una breve sosta a Berlino. Considerando che viaggiarono tutta la notte, e che arrivarono il giorno dopo in Italia, se ne ricava che vi giunsero entro la fine del mese di luglio e, comunque, non oltre i primi di agosto, in perfetta sintonia con le dichiarazioni rilasciate dall'imputato sul modulo per la richiesta della pensione in cui si indica nel 1° agosto 1944 l'inizio del servizio in Italia.
Tale coincidenza assume particolare rilievo in ordine alla presenza dell'imputato in Italia dagli inizi di agosto. Infatti, il testimone, ha parlato di un ferimento avvenuto poco dopo il suo arrivo in Italia, aggiungendo che fu dovuto allo scoppio di una bomba a mano e specificando che quei cinque o sei militari che erano stati feriti insieme a lui erano gli stessi con i quali aveva fatto il viaggio da Stralsund poco tempo prima. Orbene, nel rapporto perdite del 18.08.1944 (prodotto dal P.M. all'udienza del 7 giugno 2005), è documentato detto ferimento del MELHS, in una località a 1,5 km a nord ovest di Pineta, insieme ad altri militari della 6a Compagnia, tra i quali l'imputato Heinrich SCHENDEL. Da ciò si ricava con evidenza palmare la correttezza dell'indicazione fatta nella richiesta di pensione e, quindi, la presenza del medesimo al reparto il 12 agosto, giorno della strage.
Tale conclusione non è, d'altra parte, smentita dall'affermazione del MEHLS, secondo la quale sarebbero arrivati poco prima del ferimento. Infatti, posto dinanzi alla contraddizione tra la data del suo arrivo (primi di agosto) e quella, documentata, del ferimento (che, a suo dire, sarebbe avvenuto poco dopo, forse il giorno dopo) neanche il teste ha saputo dare una giustificazione plausibile. Appare quindi evidente che questa contraddizione è soltanto apparente e, forse, nasconde il solo proposito di evitare qualunque coinvolgimento nell'imputazione mossa all'ex commilitone, ed alla quale non è stato associato solo per il più basso grado all'epoca rivestito (tale da non consentire di attribuirgli quella responsabilità che, in mancanza di riscontri specifici, deriva unicamente dalla posizione rivestita all'interno della scala gerarchica). Il che spiegherebbe anche il motivo per cui il medesimo ha affermato di averne soltanto sentito parlare dai commilitoni come di un qualcosa "già successo".

10.8 SCHÖNEBERG Alfred

Le prime notizie sul suo conto risalgono al Sergente del S.I.B. (Special Investigation Branch: Settore di Investigazione Speciale) BAXENDALE, estensore della già citata relazione del 25 settembre 1945, conclusiva sui crimini di Bardine San Terenzo. In essa viene individuato tra i responsabili dei crimini di guerra commessi nell'area di Sant'Anna tra il 17 ed il 27 agosto 44 l'Oberstumfuhrer WOLFF delle SS. Quest'ultimo, acquartierato ad agosto a Val di Castello e Pietrasanta, prese parte, per sua stessa ammissione, al massacro di Sant'Anna e le truppe al suo comando, di ritorno da quell'operazione, con alcune retate rastrellarono circa 600 ostaggi nella stessa Val di Castello. Nel suo rapporto, il sunnominato investigatore non fornisce ulteriori elementi di identificazione del manzionato ufficiale tedesco, ma ritiene il Tribunale che potrebbe trattarsi dell'Oberstumfuhrer K. WOLF (la mancanza di una "F" nel cognome non può considerarsi dirimente, essendo frequenti errori nella trascrizione dei cognomi tedeschi da parte degli investigatori) menzionato quale Comandante della 5a Compagnia nel Dienstellung del II Battaglione relativo al periodo settembre-dicembre 1944 esistente in atti e riprodotto in copia dal difensore del SOMMER all'udienza del 22 giugno 2005.
Non è dato conoscere la fonte informativa degli investigatori inglesi, ma varie risultanze possono condurre a conclusioni pressocché certe. In primis vi è il fatto che nel rapporto, pur non risultando allegata la dichiarazione del WOLFF, si dice con chiarezza che egli ha ammesso il proprio coinvolgimento diretto nella strage. Sempre secondo il Sergente del S.I.B., alla stessa strage partecipò anche l'Unterscharfurer Alfred SCHÖNEBERG, che nello stesso giorno fece marciare gli ostaggi verso Nozzano.
Queste informazioni sono contenute anche nelle dichiarazioni rese da Bruno TERIGI alla Commissione U.S.A. il 26.09.1945 (tutti i suoi verbali s.i.t. sono stati acquisiti con il consenso delle parti all'udienza del 15.12.2004). Secondo quanto si apprende dal verbale s.i.t. del 24.03.2003, quelle dichiarazioni furono rilasciate quando si recò presso il Comando Alleato per ottenere un permesso per recarsi a San Quirico d'Orcia (SI), in quanto in quel periodo la zona era integralmente controllata con posti di blocco. Egli, dunque, si era presentato ad altro fine, estraneo alle investigazioni degli americani, ma questi ultimi, appreso che egli era stato interprete dei tedeschi per un certo periodo, si premurarono di avere da lui preziose informazioni per le indagini che stavano conducendo. Fu allora che, dopo aver parlato del Ten.WOLFF, riferì anche di un Sergente Alfredo SCHÖNEBERG. Entrambi erano stati da lui incontrati il 12 agosto 1944, allorché fu catturato a Val di Castello e condotto alla prigione che le SS avevano costituito alla scuola di Nozzano. Nel tratto di strada percorsa insieme, approfittando della conoscenza della loro lingua, ebbe occasione di parlare con loro e di apprendere qualche notizia. Così seppe che il Tenente apparteneva alla 16a Divisione SS, che comandava le truppe che circondavano Pietrasanta e, cosa ancor più importante, che aveva appena "fatto ritorno dalle montagne dietro Pietrasanta" (Sant'Anna si trova proprio in quelle montagne). Di entrambi diede anche la descrizione fisica, aggiungendo che SCHÖNEBERG era stato "ferito in malo modo alla gamba destra e al petto". Lo rivide, sempre con il WOLFF, al momento della loro partenza dalla scuola di Nozzano.
Nelle s.i.t. rese il 14.03.2003, il TERIGI sembra smentire quanto precedentemente dichiarato sull'imputato. Infatti in tale occasione non ricordò più il suo nome, anche se riconosceva la propria firma apposta sul verbale in cui ne aveva parlato. Tali perplessità, però, appaiono superate nelle sue ulteriori dichiarazioni, che inducono a ritenere che le smentite fatte il 14.03.2003 possano essere stata il frutto di un'amnesia soltanto momentanea, riconducibile all'età o alle condizioni psico-fisiche di quella giornata. Infatti, nelle s.i.t. del 24.03.2003 egli ne ricordò chiaramente il nome, così come l'appartenenza alla 16a Divisione SS, sua e del Ten. WOLFF, così come nelle successive s.i.t. del 20.06.2003, ove aggiungeva che tutti i tedeschi presenti alla scuola di Nozzano, tra cui anche lo SCHÖNEBERG, erano malridotti e sporchi di sangue perché avevano partecipato alla strage di Sant'Anna.
Peraltro, di notevole rilievo è il fatto che l'ufficiale in questione venne da lui riconosciuto nelle fotografie riproducenti il militare Kurt Friedrich WOLF, nato il 17.01.1917, rinvenute presso il Bundesarchiv di Berlino, mostrategli in occasione delle s.i.t. del 5 e del 19 dicembre 2003.
Come già notato, non risulta esplicitamente indicata la fonte dalla quale gli investigatori inglesi trassero le informazioni relative al WOLFF ed allo SCHÖNEBERG, ma in calce al rapporto BAXENDALE è riportato un elenco di dichiarazioni ("statements of .") che erano state utilizzate per la sua redazione, con accanto il nominativo delle persone che le avevano rilasciate, tra le quali figura Bruno TERIGI (pag. 61-62). Tali dichiarazioni non sono disponibili, ma la circostanza è di grande rilievo, giacché può essere la riprova che, in una sede diversa, ed antecedente a quella delle dichiarazioni agli americani, il TERIGI potrebbe aver riferito nello stesso senso.
Ma vi è di più, cioè quanto risulta dal carteggio intercorso tra l'Ufficio della Pubblica Accusa presso la Corte d'Assise straordinaria di Lucca, che allora indagava per risalire agli italiani che avevano collaborato con il nemico, e la Commissione Crimini di guerra presso il Quartier generale delle Forze Alleate, documenti acquisiti presso lo studioso Paolo PAOLETTI (autore del libro "S.Anna di Stazzema 1944: La Strage Impunita") e ora facenti parte del compendio documentale (fascicolo del dibattimento n.6, proveniente dalla cartella 1, faldone E del P.M.). Infatti, nella lettera del 26.12.1946, l'A.G. Italiana (Dott. LOMBARDO) chiedeva notizie dei militari tedeschi che le prime indagini della Polizia italiana avevano già individuato come autori dell'efferato crimine: tra loro risultava già un "Sergente Alfredo Schomeberg" (senz'altro da intendersi come SCHÖNEBERG). Il che evidenzia che il nominativo dell'imputato era emerso anche in un terzo filone di indagini, questa volta condotto dalla Polizia italiana, del tutto autonomo dagli altri due, come si coglie senza tema di smentita dal fatto che l'Autorità giudiziaria italiana chiedeva informazioni agli inquirenti americani, con ciò mostrando che le sue fonti di notizie non erano questi ultimi e, quindi, si deve escludere una circolarità cartolare delle dichiarazioni del TERIGI.
Colpisce, tra l'altro, che nella risposta del 20.01.1947 il Colonnello JAGD Tom H. Barrat (Judge Advocate nel Teatro delle operazioni), tra gli 11 nominativi di militari tedeschi oggetto della richiesta del Dott. LOMBARDO, abbia indicato il solo "Alfred SHONEBERG" (si può vedere con quale facilità i nomi fossero sbagliati nel passaggio da una lingua all'altra, ma senza che questo comportasse grosse incertezze sulla precisa identificazione delle persone di cui si parlava) come militare "già catalogato come criminale di guerra", individuato come Sergente Maggiore della 16a Divisione SS, 36 P.G.R. (qui può notarsi, ma solo perché lo hanno dimostrato le ultime indagini attraverso la documentazione matricolare e quella dei reparti tedeschi, un errore nel riferirlo al 36° piuttosto che 35° Reggimento).
Nè potrebbe ritenersi, come pure evidenziato dalla difesa, che la descrizione fisica dello SCHÖNEBERG ("ferito in malo modo alla gamba destra e al petto") riportata nella dichiarazione del TERIGI agli americani nel 1945, non corrisponda a quella dell'attuale imputato, in quanto nel certificato medico del 12.10.2004 concernente il medesimo (prodotto all'udienza del 16.12.2004), non si menzionano ferite alla gamba destra e al petto.
La certificazione, infatti, appare priva di portata liberatoria, in quanto nella stessa si assevera con eccessiva sveltezza il fatto che il prevenuto «. non risulta aver subito in nessuna occasione una ferita al petto; non si riscontrano attualmente cicatrici o altre tracce riferibili a delle ferite su tutta la parte superiore del corpo». Invero, a parte il fatto che l'estensore del certificato limita alla sola parte superiore del corpo la sua attestazione (si noti che il TERIGI ebbe a riferire anche di ferite alle gambe), la lettura della documentazione matricolare dell'imputato si rivela importante sul punto. Ciò in quanto in essa si fa menzione di vari ferimenti patiti dal sunnominato nel corso della sua esperienza bellica ("ferita al braccio sinistro e coscia" nel settembre 1941; "scheggia di granata coscia destra e gamba sinistra e braccio superiore" nell'ottobre 1941, oltre al grave ferita alla spalla destra dell'ottobre 1944), sicché resta difficile pensare che non ne siano residuate cicatrici visibili.
Infine, non appare al Tribunale priva di rilievo un'ulteriore considerazione. Il riferimento del TERIGI alle brutte ferite alla gamba destra ed al petto appare determinato dall'intento di fornire un "segno particolare" - come si ricava dal tenore dell'espressione usata («Marks: badly wounded in right leg and chest» - «Segni Particolari: ferito in malo modo alla gamba destra ed al petto») - che potesse agevolarne l'identificazione. Il che induce a pensare che egli, nell'occasione, non abbia inteso segnalare che lo SCHÖNEBERG presentava ferite in atto. Infatti, avendo egli rilasciato la dichiarzione ad oltre un anno dai fatti, l'evidenziazione di una ferita in atto (e non delle tracce cicatriziali di pregresse ferite, incidentalmente notate in un momento in cui l'interessato non fosse completamente vestito, dato il caldo estivo) sarebbe stata del tutto inutile ai fini del suo rintraccio e della sua identificazione.
Né infirma tale ricostruzione il riferimento, fatto dal TERIGI nelle s.i.t. del 14.03.2003 e del 5.12.2003, all'ora in cui fu rastrellato dalle SS mentre si trovava dal barbiere (una volta parla delle 10, un'altra delle 10-11), o all'ora in cui si incamminarono verso il carcere (cioè intorno alle 12.00/13.00). E' pur vero, infatti, che alcuni testimoni hanno parlato di SS che scesero da Sant'Anna soltanto verso le 13, (il che indurrebbe a desumere che l'imputato non fosse presente), ma si è anche visto quanto siano fragili tutti i riferimenti orari dei testimoni, compresi quelli sentiti a breve distanza dai fatti, i quali spesso, pur con riferimento agli stessi episodi, non sono stati capaci di fornire gli stessi orari. Ma il rilievo non coglie nel segno anche perché l'unica risultanza certa è che le SS confluirono verso Val di Castello, ma nessuno ha detto che ci arrivarono contemporaneamente alla stessa ora. E' anzi assai più verosimile che, proprio per il dislocamento delle truppe in località tanto lontane tra loro, queste abbiano avuto ciascuna un proprio percorso e, quindi, ciascuna i propri tempi.
Pertanto può ritenersi provato che già nel 1945 il nome dell'imputato fosse ricollegato alla strage.
Oltre che nelle prime dichiarazioni del TERIGI, integrate, come si è visto, dalle dichiarazioni più recenti, un altro riferimento specifico all'imputato lo si ritrova nell'ambito delle indagini condotte a carico di Walter REDER. Infatti nel Rapporto del 5 marzo 1950, il Commissario di P.S. di Viareggio Dott. CECIONI menzionava le dichiarazioni in cui Mario ROSI indicò nel Sergente Alfredo Schameberg (è evidente l'errore di pronuncia di quello che, senza dubbio, è l'imputato SCHÖNEBERG) un altro dei partecipanti all'eccidio.
In virtù di quei primi riferimenti, nel corso delle indagini sono state fatte varie ricerche presso gli archivi tedeschi, giungendo ad accertare che un Alfred SCHÖNEBERG esiste davvero, ed il 12 agosto 1944 era proprio sergente delle SS in quella zona dell'Italia, ciò che eliminerebbe di per sé ogni eventuale incertezza in ordine a quel nominativo di volta in volta alterato per errori di pronuncia o di traduzione.
Dalla documentazione acquisita presso il Bundesarchiv-Militararchiv di Friburgo (Germania), la Deutsche Dienstelle di Berlino (nel fascicolo dibattimento n. 1, provenienti dalla cartella 1, 2 e 7 del faldone B del P.M.), dall'Ufficio criminale regionale Baden-Wurttenberg di Stoccarda (fascicolo dibattimento n..3, proveniente dal faldone F, all. 13, sottocartella E del P.M.) e da quella prodotta dal Dott. GENTILE all'udienza del 07.10.2004, è stato possibile accertare, come illustrato dallo stesso consulente nel corso del suo esame, che Alfred SCHÖNEBERG iniziò il suo servizio presso le SS il 21 ottobre del 1939 nella 4a Compagnia del Reggimento Totenkopf n. 1 e partecipò alle operazioni della Divisione Totenkopf in Francia. Nell'aprile del 1941 fu promosso caporale e, a partire dal 22 giugno dello stesso anno, prese parte alle operazioni della medesima divisione sul fronte orientale dove partecipò ai combattimenti nell'area dei monti Valdai e del Lago Ilmen. Fu ferito nel settembre del 1941 e trasferito in vari ospedali fino a quando, nel novembre del 1941, fu nuovamente promosso e divenne caporalmaggiore. Nel marzo del 1942 fu trasferito al reparto di addestramento Totenkopf di Varsavia, dove arrivò il 5 marzo del 1942 prima di trascorrere un breve periodo di convalescenza nella sua città natale di Düsseldorf, da cui rientrò giusto in tempo per soffocare, con altri 440 uomini, la rivolta scoppiata nel Ghetto di Varsavia.
Solo per far capire di che cosa erano stati capaci i tedeschi di quella unità, si ricorda che i violenti scontri che ne seguirono costarono la vita ad oltre 56000 ebrei, molti dei quali bruciati all'interno degli edifici che erano stati dati alle fiamme. A partire dal 22 di maggio del 1942, e fino al 10 settembre 1943, secondo i documenti consultati dal consulente presso gli archivi, fu ininterrottamente membro del reparto Totenkopf, conseguendo la promozione a sergente. Nel settembre 1943 fu trasferito al Battaglione di scorta Reichfhürer SS a Lubiana e poi successivamente inserito nella 16a Divisione SS, in particolare nel 35° Reggimento, in quello che era il battaglione di scorta del Reichfhürer SS (cioè di HIMMLER) e che nel maggio del 1944 divenne il II Battaglione del 35° Reggimento, nella cui 7a¬¬¬ Compagnia prestò servizio.
Il 17 agosto 1944, quindi subito dopo la strage di Sant'Anna, conseguì la croce di ferro di I classe. Come si evince anche dai rapporti delle perdite, fu successivamente ferito il 30 ottobre 1944 a ovest di Modena (nel rapporto perdite mese di ottobre - Fald. B cartella 2, vol. 2° tradotto nel FALD. B cartella 7, vol. 2 - risultano le date suoi ricoveri).

10.9 SOMMER Gerhard

Il nominativo di Gerhard SOMMER compare per la prima volta nella indagine condotta dalla Commissione U.S.A. all'indomani della strage. In particolare si arriva alla sua individuazione attraverso i numerosi prigionieri di guerra tedeschi, molti dei quali del II Battaglione/35° Reggimento SS. Purtroppo non tutte le loro dichiarazioni sono pervenute fino a noi, tuttavia sono in atti le relazioni o rapporti riassuntivi stilati dagli ufficiali incaricati in seno alla V Armata, nelle quali è ricostruito, almeno parzialmente, l'organigramma dei reparti tedeschi impegnati nella Versilia in quel periodo. Questo fu possibile, in particolare, grazie al contributo di quegli ufficiali statunitensi che, conoscendo la lingua tedesca, furono nominati interpreti negli interrogatori davanti alla Commissione, e che ebbero occasione di parlare con loro più volte.
E' questo il caso del Lieutenant William DE WALL, appartenente alla V Armata americana, che fu chiamato a rendere formale testimonianza il 16.09.1944 davanti alla stessa Commissione d'indagine per la quale svolgeva funzione di interprete. Dopo aver prestato formale giuramento, alla domanda del Maggiore WEXLER dichiarava che grazie alle informazioni dei prigionieri di guerra era riuscito a redigere un elenco relativo al 35° reggimento SS e così aveva saputo che il Lieutenant col. GESELER ne era il comandante anche prima del 19 agosto 1944 (data, all'epoca erroneamente indicata come quella dell'eccidio di Sant'Anna). Poiché la Commissione aveva individuato nel II Battaglione l'unità responsabile per Sant'Anna, alla richiesta di nominativi ad esso relativi, il DE WALL dichiarava che ne era comandante il maggiore CANTUFF o il capitano MUELLER, che il comandante della 5a Compagnia era il Secondo Lieutenant SASSE, che quelli della 6a Compagnia erano i Secondo Lieutenant GRANSNACH e KLINERT, che quello della 7a era il Secondo Lieutenant SOMMER, mentre non gli era stato mai riferito il nome del comandante dell'8a. Tutti loro avevano quell'incarico anche il 19 agosto 1944, la presunta data della strage.
Tuttavia, a seguito di rogatoria internazionale, sono stati acquisiti dalla Procura di Monaco di Baviera molti altri documenti provenienti dagli archivi americani (War Office di Washington), tra cui una serie di rapporti stilati all'esito dell'interrogatorio dei prigionieri di guerra di volta in volta catturati.
Così, partendo in ordine temporale, è del 9 luglio 1944 il rapporto del Magg. SHERGOLD (firmata nell'originale in inglese) sull'interrogatorio del prigioniero di guerra SCHAUFELBERGER (documento acquisito dal Dott. GENTILE con lettera 11 aprile 2003: in fasc. dib. 7, ex fald. H, cart.1, pag.85/4) che, catturato il 26 giugno 1944 a Nord di Grosseto, indicava il Ten.Col. GESELER al com. del Reggimento, il Magg. CANTOW al Comandante del Battaglione, il Cap. MARWART al comando della 5a Compagnia, il Ten. GRAMSCH e il S. Ten. KLINNERT al comando della 6a Compagnia, il Cap. FILLEBOCK al Comando dell'8a Compagnia e SOMMER come Comandante della 7a Compagnia già a quella data. Infatti, come si evince anche dal libro degli ex appartenenti alla 16° divisione ("Im gleichen Schritt und Tritt" acquisito in atti), per quanto riguarda la 7a Compagnia del II Battaglione, dove sono indicati i comandanti, il sottotenente BURMEIER risulta Gefallen, cioè caduto, il 25/6, pertanto non deve stupire che il prigioniero, catturato appena il giorno dopo quel decesso, avesse indicato SOMMER come suo successore. In realtà l'informazione sembra confliggere con quanto risulta dalla documentazione tedesca in cui viene indicato come primo successore del BURMEIER il Cap. REICH, quest'ultimo effettivamente sostituito dal SOMMER solo pochi giorni dopo, in quanto deceduto anch'egli il 29 giugno 1944 (rapportino delle perdite del reparto del giugno 1944). Verrebbe naturale - come in effetti ha fatto il difensore del SOMMER - chiedersi come lo SCHAUFELBERGER possa averlo indicato quale nuovo comandante, quando in realtà lo divenne solo il 29 giugno, alla morte di Reich, ma anche tre giorni dopo la sua cattura. Il rilievo non è decisivo, perché comunque non mette in dubbio l'assunzione della titolarità del comando della compagnia, al più tardi, appena tre giorni dopo, quindi un mese e mezzo prima la strage. In ogni caso, l'informazione del testimone potrebbe aver risentito del veloce avvicendarsi degli avvenimenti, soprattutto in un fronte tanto impegnato, dove anche la nomina di Reich potrebbe aver tardato soltanto di quel minimo che non gli ha consentito di prenderne conoscenza prima di cadere in mano americana, lasciandogli il ricordo di chi, secondo lui, avrebbe preso le redini della compagnia, o di colui che ne era stato chiamato al comando in sede vacante.
Del 24 luglio 1944 è il Rapporto 322 (all. n. 72, fasc. dib. n. 5 ex Fald. I, cart. 1 del P.M.) e la sua "appendice B" (contenuta anche in fasc. dib. 7, ex Fald. H, cart.1), dove il Tenente SOMMER viene indicato come Comandante della 7a Compagnia, il Capitano MUELLER come Comandante del Battaglione, il Ten. MARKWART Comandante della 5a Compagnia, il Ten. GRAMSCH della 6a Compagnia (in co.: il 2° Ten. KLEINERT), dell'8a Compagnia il Cap. FILLEBOCK. A quella data il Cap. GALLER era ancora indicato come Comandante della 6a Compagna del II Battaglione, ma del 36° Reggimento.
Viene inoltre scritto che all'inizio di luglio la Divisione era al meglio delle sue forze dopo aver ricevuto rimpiazzi, ma che già dalla metà dello stesso mese aveva subito perdite considerevoli.
Della stessa data è anche il Rapporto 137 del 24 luglio 1944 (nel fascicolo dibattimento n. 7, proveniente dalla cartella 1 del faldone F del P.M.) stilato dal 1° Ten. LANGE, dal Ten. B. NIELSEN e dal T/5 j. T/5 A.E. FOTH, i quali avevano interrogato vari prigionieri catturati il 22 luglio, di cui 6 della 5a Compagnia. A differenza di quanto indicato nell'appendice B del Rapporto 322, si afferma che la composizione del II Battaglione a quella data era di circa 200 unità, che al Comando della 5a Compagnia (composta da 20 uomini al 22 luglio 1944) c'era uno staff di sergenti (il Dott. GENTILE ha parlato, invece, di un maresciallo di cui non sarebbe stato indicato il nome), come si ricava indirettamente anche dalla firma di un sergente (Martin JANSEN) sul lasciapassare di Aleramo GARIBALDI. Si afferma, inoltre, che l'8a Compagnia era stata sciolta, e gli uomini divisi tra le altre Compagnie, e che 20 uomini che avevano completato l'addestramento base in Germania erano appena arrivati ad infoltire il Battaglione. Anche qui viene nominato il Tenente SOMMER (indicato come Summer) ma, piuttosto che come comandante di compagnia, viene addirittura indicato come Comandante del II Btg, circostanza che il Dott. GENTILE ha spiegato con riferimento ad una possibile vacanza di qualche giorno tra la cattura di CANTOW, precedente Comandante del Battaglione, e la nomina di GALLER, anche se di quest'ultima nomina non si conosce la data precisa.
Tuttavia stupisce che, pur essendo stato stilato lo stesso giorno del Rapporto 322 contenga informazioni tanto differenti quanto ai vertici delle compagnie e del Battaglione, che in quest'ultimo risulterebbero falcidiati. Se però si pensa che con il passare dei giorni di luglio erano aumentati gli scontri con i partigiani, e quindi anche le perdite di uomini, non appare irragionevole ritenere veritiere tutte quelle "novità", anche perché queste ultime sono informazioni ottenute da prigionieri catturati il 22 luglio, quindi due giorni prima; quanto ai prigionieri del Rapporto 322, seppur catturati sicuramente dopo metà mese, non ne viene indicata la data precisa, ciò che spiega perché potessero avere informazioni "vecchie".
L'Appendix "B" del Rapporto n. 118 del 3 ottobre 1944 (fascicolo dibattimento n. 7, pagina 64, cartella 1, faldone H) è, invece, una relazione del controspionaggio americano sulle informazioni ricevute dai prigionieri di guerra in un periodo di tempo molto lungo, quindi contiene anche informazioni antecedenti alla data in cui è stato redatto ma, comunque, relative ad un periodo compreso tra la fine di giugno ed il 25 settembre del 1944, data riportata come quella in cui è avvenuto l'ultimo scontro armato tra americani ed il 35° Reggimento. Anche qui SOMMER è indicato come Comandante 7a, anche se soltanto "in Co." (espressione usata nei rapporti americani che, secondo il Dott. GENTILE, vuol dire "presente in compagnia". Infatti il Capitano Reich, indicato al vertice della stessa, sappiamo già che era morto il 29 giugno precedente, pertanto l'imputato ne era il vero comandante.
Il Rapporto 785 dell'08 ottobre 1944, firmato dal Cap. Joseph M. KOLISCH, (pagina 2, faldone I, cartella 2 in inglese, cart. 1 in italiano) è relativo all'interrogatorio di sei prigionieri di guerra in cui vengono indicati il capitano GALLER (che è scritto "GALLA", a conferma delle imprecisioni che talvolta derivavano dalla difficoltà delle traduzioni, forse anche indotte dalla pronuncia in tedesco dei cognomi), quello del maresciallo maggiore KIEBER (o KLEBER), che viene indicato come facente funzione al comando della Sesta Compagnia, e quello del sottotenente SOMMER, comandante della Settima Compagnia, a fianco del cui nominativo è aggiunto, unico tra gli altri nomi, che ha partecipato al massacro di Sant'Anna ("nelle vicinanze di Pietrasanta intorno al 19 agosto 1944").
Anche nel Rapporto 871, benché del 19 novembre 1944, SOMMER è indicato al comando della 7a Compagnia.
Poiché il nome dell'odierno imputato è stato citato un numero consistente di volte già nell'ambito di quelle prime inchieste, si comprende facilmente perché il suo nome risulti tra quelli che il Prof. PEZZINO ha indicato come indagato, perché iscritto sulla copertina di un fascicolo del 5 gennaio del 1945, insieme a quelli di "GESELER", del maggiore "KANTOW", del capitano "MULLER" e del secondo tenente "SASSA".
Tuttavia le informazioni raccolte dai prigionieri di guerra risultano sostanzialmente confermate anche dalla documentazione acquisita presso la Deutsche Dienstelle e il Bundesarchiv di Berlino.
E' sulla base di quei documenti (tutti contenuti nel fascicolo del dibattimento n. 1) che è stato possibile ricostruirne la posizione matricolare, la carriera e le decorazioni. Proprio sulla base di quel materiale il Dott. GENTILE ne ha tracciato un profilo nel corso dell'esame reso all'udienza del 12 ottobre 2004.
Entrato nella gioventù hitleriana il 1 luglio del 1933, il SOMMER ne uscì il 20 ottobre 1939, evidentemente per fare il suo ingresso nel corpo delle SS, dove risulta in forza dal 23 ottobre 1939, passo preceduto di poco dall'iscrizione nel partito nazional-socialista (1 settembre del 1939). Fece il suo ingresso nelle SS dai gradi più bassi, infatti divenne caporale nel 1941 e sottufficiale nel 1943. In quei primi anni, però, maturò moltissime esperienze, infatti fu impiegato in operazioni in Belgio, Olanda, Francia, Serbia e Grecia, per poi partecipare all'attacco all'Unione Sovietica che gli valse la prima decorazione (croce di ferro di 2a classe) e la promozione a caporal maggiore SS. Promosso sergente il 1° giugno 1943, dal 21 giugno al 15 ottobre 1943 frequentò un corso di allievi ufficiali di complemento a Proschnitz, nei pressi di Praga, e dal 30 gennaio 1944, quando conseguì la nomina a sottotenente, fu allievo della scuola SS per granatieri corazzati. Successivamente fu trasferito al II Battaglione del 35° Reggimento, probabilmente all'inizio come comandante di plotone e poi durante i combattimenti, come si è visto dai rapporti sopraricordati, assunse il comando della compagnia. Il 19 settembre 1944 conseguì un ulteriore decorazione (la croce di ferro di 1a classe) per l'impegno dimostrato nel servizio svolto in Italia.
Dagli stessi archivi sono stati acquisiti anche i rapporti perdite del II Battaglione da cui risultano i decessi prima di BURMEIER il 25 giugno 1944, quindi del suo sostituto Cap. REICH il 29 giugno, data da cui è possibile attribuire il comando della 7a Compagnia a Gerhard SOMMER.
Di lui si hanno notizie anche attraverso le testimonianze di alcuni ex militari interrogati nel corso delle ultime indagini. In particolare, nell'interrogatorio fatto con rogatoria il 21 luglio 2003, legittimamente acquisito al fascicolo del dibattimento ex art.431, lett. f, c.p.p. all'esito dell'udienza preliminare del 13.01.2004, e quindi pienamente utilizzabile per la decisione, peraltro confermato anche nell'interrogatorio del 15.12.2003, - anch'esso fatto con rogatoria internazionale e legittimamente acquisito al fascicolo del dibattimento all'esito della diversa udienza preliminare del 10.05.2004 (nell'ambito del procedimento riunito al presente all'udienza del 29.06.2004), e quindi anch'esso pienamente utilizzabile per la decisione - il CONCINA lo indica come suo comandante di compagnia. In realtà, dopo averne ricordato nome e incarico, affermò che il superiore non era presente a Sant'Anna perché gli risultava già morto, tant'è che indicò in BURMEIER il suo successore. Tuttavia, già nel secondo interrogatorio, corresse il tiro ed affermò che il SOMMER era comandante della 7a anche nel mese di agosto (rimane la "sbavatura" del BURMEIER indicato ancora come suo successore). Considerato che fu proprio quest'ultimo a "cadere" e ad essere sostituito dal SOMMER, è assolutamente comprensibile che a 60 anni dai fatti ci sia stata questa confusione ed inversione degli avvicendamenti, che peraltro non sposta in nulla la bontà e l'utilità delle deposizioni.
Il teste BARTLEWSKY (nell'interogatorio reso con rogatoria internazionale il 24.11.2003) ha dichiarato che il suo comandante di compagnia era SOMMER, soggiungendo di ricordalo bene, perché fu lui a congedarlo il 1 ottobre 1944, peraltro giorno del suo compleanno, quando andò a trovarlo in ospedale, dove era degente per una ferita, e tra, l'altro, bevettero una grappa. È pur vero che egli si è detto non sicuro del fatto che l'imputato fosse stato suo comandante sin dal suo arrivo in Italia, risalente a fine luglio 1944. Ma si deve ritenere che, ove la Compagnia fosse stata retta da altro ufficiale, non si giustificherebbe un così marcato ricordo del SOMMER, da lui indicato come superiore ". corretto, che serviva da esempio".
Sentito tramite rogatoria internazionale il 10 luglio 2002, l'imputato ha confermato di essere giunto in Italia nel 1944, precisamente nella baia di Piombino, con l'incarico di caposquadra. Pur ricordando gli spostamenti principali che seguirono a quella prima destinazione, però, ha dichiarato di non ricordare né la località di Sant'Anna, sentita per la prima volta in occasione di una trasmissione televisiva ("Kontraste") del 2002, né dove si trovasse il 12 agosto 1944. Era sicuramente Untersturmfurer (Sottotenente) e il suo compito era quello di caposquadra, anche se talvolta, quando se ne presentava la necessità, gli capitò di ricoprire l'incarico di comandante di compagnia e, se non era ancora arrivato il nuovo comandante, pure per lunghi periodi. Quanto al resto non ha neanche ricordato a quale compagnia appartenesse, né il nome dei vari comandanti della Divisione che gli sono stati sottoposti.
Nonostante dal suo interrogatorio non siano emersi elementi che confermino le accuse nei suoi confronti, si deve comunque osservare che, soprattutto in alcune domande, è sembrato piuttosto reticente. Ovviamente non stupisce che abbia negato gli addebiti, quanto semmai che non ricordasse interventi in zona contro i partigiani, salvo dire subito dopo, ma in maniera assolutamente generica e piuttosto evasiva, che «. si sapeva che venivano effettuate azioni contro i partigiani», cui lui, però, non aveva mai partecipato. E' infatti inverosimile, alla luce della documentazione e delle testimonianze anche dei consulenti del P.M., che con tutti gli scontri con i partigiani nella zona in cui è stata la sua Divisione, e con tutte le perdite riportate tra gli ufficiali della sua stessa unità, lui non ne abbia ricordate neanche uno, e non vi avesse mai partecipato. Non è credibile neanche per un momento, che un ufficiale, che per di più era stato "un esempio per tutti" come ricordato da BARTLEWSKY, non avesse mai preso parte, in qualunque veste, a quello che era il principale compito della Divisione nella zona.
Così come non è credibile quando sminuisce l'incarico di comandante di compagnia che, a suo dire, al massimo potrebbe aver ricoperto per qualche periodo. Infatti il periodo in cui risulta che egli fu senz'altro Comandante è piuttosto lungo (sin dalla fine del giugno 1944), e come tale era addirittura conosciuto dai suoi uomini (vedi BARTLEWSKY e CONCINA) e come tale firmò documenti ufficiali, quali il Rapporto perdite del 4 ottobre 1944 (riferito al decesso di Gerhard PLATE).
Né può essere considerato convincente quando, dopo essergli stato contestato che nell'intervista rilasciata durante la trasmissione televisiva ricordata sopra, pur dopo lo stupore iniziale ("ma chi vi ha dato queste informazioni?"), aveva ammesso di essere stato comandante di compagnia nel II Battaglione, ha risposto che lo aveva confermato solo per chiudere il discorso e far allontanare l'intervistatore (definita "quella gente"). Infatti ammettere quell'incarico, oltre che poter accrescere il discredito nei confronti della sua persona da parte dell'opinione pubblica, lo avrebbe anzi esposto ad una serie di altre domande che, a cascata, sarebbero potute discendere dalla prima. Si comprende, invece, perché sia stato reticente, negando le stesse cose nell'ambito di un procedimento penale.
La conclusione che Gerhard SOMMER fosse comandante della 7a Compagnia, II Battaglione, 35° Reggimento, 16a Divisione SS non è infine smentita dall'organigramma ("Dienstellung") del II Battaglione proveniente dagli archivi tedeschi relativo al periodo maggio-settembre 1944. Sebbene vi fosse ancora indicato il pari grado Burmeier, seppur indicato come caduto ("Gef.") il 25 giugno, piuttosto che il nominativo di chi gli sarebbe succeduto, non vuol dire ancora nulla rispetto ad una situazione che si è sicuramente verificata di fatto. L'omessa indicazione del SOMMER potrebbe semplicemente significare che non gli era stato ancora affidata la titolarità di un comando che, evidentemente, esercitava soltanto in sede vacante, magari in attesa di altro ufficiale. Ed infatti nel Dienstellung relativo al periodo successivo (settembre-dicembre 1944) l'imputato è regolarmente indicato al vertice della 7a Compagnia, a consolidamento di una situazione maturata di fatto già nel periodo anteriore.
In ragione di quanto detto, anche per il SOMMER risultano solide riprove del suo coinvolgimento nei crimini contestati, sicché tentativi della difesa di accreditare la tesi di uno errore di persona (sembrerebbe con tale Erwin SOMMER) rivelano tutta la loro inanità.

10.10 SONNTAG Heinrich

Attraverso i documenti reperiti presso la Deutsche Dienstelle e il Bundesarchiv è stato possibile individuare Heinrich SONNTAG come sottufficiale sicuramente presente al Battaglione "GALLER" il 12 agosto 1944.
Sulla base dei documenti personali acquisiti presso la Deutsche Dienstelle (fascicolo dibattimento n. 1, provenienti dal fald. B cart.1, 2 e 7, nonché cartella 1 del fald. H del P.M.) risultano le tappe principali della sua carriera e dell'ascesa dal grado di soldato semplice fino a quello di sergente, che rivestiva il 12 agosto 1944.
In particolare si rileva che l'imputato si è arruolato il 21.05.1942 come SS-Schuetze (soldato semplice), pertanto in un periodo in cui si entrava nel Corpo soltanto come volontari e dopo un'attenta selezione che accertasse i requisiti di fedeltà al Führer, la purezza della razza e l'adesione all'ideologia nazista. Inizialmente assegnato alla SS Polizei Division, una divisione composta da membri delle forze di polizia tedesche addestrate militarmente e trasferite all'interno di questa divisione SS, fu inviato sul fronte orientale dove fu ferito una prima volta il 5.10.1942 e, successivamente, il 10.02.1943. Dopo il ricovero in ospedale militare fu trasferito alla 16a Divisione dove prestò servizio nella 6a Compagnia prima di passarte all'8a. Promosso caporal maggiore il 1.04.1944, due mesi esatti dopo era già sergente SS, prima cioè di essere ferito alla testa da un proiettile il 30.06.1944 a sud di Cecina. Come risulta dal rapporto perdite (cartella 7, volume 2) a quella data era già effettivo all'8a Compagnia. Ricoverato all'ospedale militare di Cortina d'Ampezzo, come da lui dichiarato nell'interrogatorio reso con rogatoria internazionale l'11.03.2003 (fascicolo dibattimento n. 4), rientrò al reparto dopo 14 giorni. Sulla base della documentazione la notizia successiva risale al ferimento del 4.10.1944 a sud di Monteacuto (BO).
Dopo aver confermato l'appartenenza all'8a Compagnia del II Battaglione/35° Reggimento della 16a Divisione SS, nel suddetto interrogatorio SONNTAG ha detto di non aver mai sentito parlare di Sant'Anna di Stazzema, nè tanto meno di esserci mai stato. Si è limitato a ripercorrere, per sommi capi, le tappe principali della ritirata tedesca verso nord, sottolineando il fatto di aver fatto parte di un gruppo assai ridotto di militari ("cinque persone") e di essersi mosso sempre con loro.
Tuttavia la deposizione appare a questo Tribunale assai reticente. Il primo dato dal quale emerge una posizione molto difensiva è ricollegato alla negazione di scontri con i partigiani, davvero poco credibile se si pensa che proprio la lotta contro i medesimi fu il motivo principale, anche se non l'unico, per cui fu dirottata in zona la 16a Divisione. Tanto più che, essendo stato ferito almeno due volte, come risulta dai rapporti delle perdite, avrebbe dovuto spiegare in quali contesti e ad opera di chi lo sarebbe stato; egli, invece, nulla ha riferito al riguardo, così rendendo ancor più solida l'ipotesi che le ferite siano da riconnettere proprio a scontri con i partigiani.
Allo stesso modo non è credibile quando afferma di non aver mai sentito parlare di "altre persone che abbiano commesso atti di violenza nei confronti della popolazione civile". I consulenti del P.M. hanno infatti abbondantemente spiegato di quali nefandezze si sia resa responsabile la sua divisione in Italia, e della scia di sangue lasciatasi alle spalle nella ritirata verso nord.
L'imputato ha, peraltro, riferito soltanto di uno scontro a Cecina, ove cadde il suo commilitone KURTZ. Appare, però, del tutto inverosimile che egli si sia trovato con altri quattro uomini, un mezzo cingolato e un cannone, in una sorta di limbo durato mesi, totalmente avulso dai numerosi conflitti avvenuti in zona. Infatti le vicende della Divisione ci illustrano in quali e quanti scontri siano stati impiegati i militari di tutti i reparti della Divisione nel risalire e nell'attraversare l'Appennino, quindi non è credibile che soltanto lui e il suo piccolo gruppo di "privilegiati" sia stato risparmiato dalle durezze e dalle crudeltà della guerra.
Si è visto invece che l'8a Compagnia, di cui ha ammesso di aver fatto parte, è stata severamente impegnata nella strage di Sant'Anna, come hanno confermato BECKERTH, Heino SCHMIDT ed EGGERT, che hanno ammesso la loro presenza, e indirettamente Hettesheimer, che quel giorno dovette rimanere di guardia agli alloggi col commilitone GEBHARDT perché tutta la compagnia si era recata sui monti per un'operazione. D'altra parte, considerato che egli rivestiva il grado di sergente e, dunque, aveva rilevanti responsabilità operative, soprattutto in un momento di penuria di sottufficiali, sarebbe stato ben strano che i suoi superiori si privassero del suo indispensabile contributo, impegnandolo in attività "alternative", che neppure il prevenuto ha saputo indicare.
Si ricorda, ancora, che l'8a è stata anche l'unica compagnia che risulta aver avuto perdite, come risulta dal ferimento di EGGERT e dell'Ufficiale HERBST. Avendo ciò presente, è dato cogliere quanto sia improbabile che, mentre tutto il suo reparto era impegnato in battaglia, soltanto il prevenuto potesse "soggiornare" sul posto, magari nelle amene località di Torre del Lago Puccini o ai bagni di Marina di Pietrasanta, cui egli ha fatto riferimento nell'interrogatorio. Ciò soprattutto in un periodo in cui erano state bloccate tutte le licenze ed erano stati coinvolti anche coloro che, come Heino SCHMIDT, si trovavano ricoverati in ospedale perché afflitti da problemi di salute.


 

  • 1. Lo svolgimento del processo
  • 2. L'inizio del dibattimento
  • 3. I motivi della decisione
  • 4. Le eccezioni riguardanti il difetto di giurisdizione
  • 5. L'eccezione concernente il difetto della condizione di procedibilità prevista dall'art. 248 c.p.m.g.
  • 6. Le questioni di nullità
  • 7. La ricostruzione dei fatti
  • 8. I fatti come risultanti dall'istruzione dibattimentale
  • 9. L'individuazione dei responsabili dell'eccidio di Sant'Anna
  • 10. La posizione degli imputati
  • 11. Una questione particolare: la presenza di italiani tra le SS
  • 12. La qualificazione giuridica del fatto
  • 13. Il concorso nel reato e l'affermazione di penale responsabilità
  • 14. Le cause di giustificazione
  • 15. Cause di estinzione del reato: l'inapplicabilità dell'amnistia di cui al D.P.R. 4 giugno 1966, n. 332
  • 16. La determinazione della misura della pena
  • 17. Le decisioni sulle questioni civili
  • 18. Il dispositivo
  • Sentenza della Corte Militare di Appello di Roma, n. 65 del 21 novembre 2006
  • Sentenza della Corte Suprema di Cassazione- Prima Sezione Penale - n. 1362/07 del 06/08 novembre 2007
  • Note Legali
  • PEC
  • Privacy
  • Mappa sito
  • Credits
  • Contatti
  • Dichiarazione di accessibilità
  • Accesso civico
  • Esercizio Del Potere Sostitutivo
© 2015 Ministero della Difesa V.4.0.0 - 19 giugno 2015

Questo sito utilizza cookie tecnici e analitici, anche di terze parti, per migliorare i servizi. Se vuoi saperne di più clicca qui

Continuando la navigazione accetterai automaticamente l’utilizzo dei cookie.

Cookies

Questo sito utilizza i cookies. Un cookie è un file di testo di dimensioni ridotte che un sito invia al browser e salva sul computer dell'utente. I cookies vengono utilizzati solo conformemente a quanto indicato in questa sezione, non possono essere utilizzati per eseguire programmi o inviare virus al computer dell'utente. I cookies vengono assegnati all'utente in maniera univoca e possono essere letti solo dal server web deldominio che li ha inviati. E' utile ricordare che i cookies contengono solo le informazioni che vengono fornite spontaneamente dall'utente e che non sono progettati per raccogliere dati automaticamente del disco fisso dell'utente e trasmettere illegalmente dati personali sull'utente o sul suo sistema.

Questo sito usa i cookies con lo scopo di semplificare o agevolare la navigazione sul sito e ottimizzare le campagne pubblicitarie.

Per semplificare o agevolare la navigazione, così come per finalità statistiche (in forma aggregata), vengono utilizzati i così detti cookies tecnici che nel nostro caso possono essere rilasciati dal sistema proprietario di Sisal o da altri sistemi come da Adobe Analytics e Google Analytics.

Puoi esaminare le opzioni disponibili per gestire i cookie nel tuo browser. Il browser può essere usato per gestire cookie relativi a funzioni base, al miglioramento del sito, alla personalizzazione e alla pubblicità. Browser differenti utilizzano modi differenti per disabilitare i cookie, ma si trovano solitamente sotto il menu Strumenti o Opzioni. Puoi anche consultare il menu Aiuto del browser. Oltre alla gestione dei cookie, i browser ti consentono solitamente di controllare file simili ai cookie, come i Local Shared Objects, ad esempio abilitando la modalità privacy del browser

Chiudi