Udienza in Camera di Consiglio in data 16.02.1998 Sentenza n° 962
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
La Corte Suprema di Cassazione Sezione Prima Penale
composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Santo Belfiore - Presidente
Dott. Camillo Losana - Consigliere
Dott. Bruno Rossi - Consigliere
Dott. Severo Chieffi - Consigliere
Dott. Giovanni Canzio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da PRIEBKE Erich, nato a Berlino il 29.7.1913, avverso l'ordinanza del Tribunale militare di Roma in data 5.12.1997.
Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. B. Rossi;
udito il Pubblico Ministero nella persona del dott. V. Garino, che ha concluso per il rigetto del ricorso con le statuizioni conseguenziali, la Corte osserva:
Con ordinanza del 5.12.1997 il Tribunale militare di Roma ha respinto l'appello proposto da Erich PRIEBKE avverso il provvedimento in data 5.11.1997, reiettivo dell'istanza di revoca (recte: di declaratoria di perdita d'efficacia) della misura restrittiva cui il predetto è attualmente sottoposto (arresti domiciliari), sull'assunto - por quanto qui interessa - dell'inapplicabilità al caso di specie del disposto dell'art. 300, comma quarto, c.p.p. "in quanto anche sommando i periodi trascorsi in campi di prigionia (dal 13.5.1945 all'agosto 1946), la custodia estradizionale e quella cautelare sofferta fino ad oggi (dal 9.5.1994 in poi) non si perviene all'integrale copertura del periodo di cinque anni, pena in concreto è stata inflitta nel primo grado di giudizio".
Con il proposto ricorso per cassazione il Priebke, per mezzo del suo difensore, deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza delle condizioni per l'applicazione del citato art. 300, c.p.p., sul rilievo che il giudice di merito sarebbe incorso in errore nell'escludere "l'integrale copertura del periodo residuo di detenzione rispetto a quello scontato e a quello coperto dai provvedimenti applicativi dell'indulto", indugiandosi, quindi, in una lunga esposizione delle ragioni di tale affermazione e, in particolare, della riferibilità del periodo da lui trascorso come prigioniero di guerra ai fatti per i quali si procede.
Il ricorso non merita accoglimento.
Come esattamente rilevato all'odierna udienza dal procuratore generale militare, dalla pronuncia emessa da questa Corte il 7.5.1997 (n.3229) nei confronti dello stesso Priebke risulta inequivocabilmente che costui per confutare con i motivi di ricorso la tesi della volontarietà della sua sottrazione all'ordine di cattura per il massacro delle "Fosse Ardeatine", aveva sostenuto che al momento della fuga dal campo di prigionia inglese in Rimini, avvenuta nell'agosto del 1946, ignorava l'esistenza del provvedimento restrittivo.
Ciò altro non può significare se non che il periodo trascorso dal ricorrente quale prigioniero delle Forze armate alleate non è riferibile, per ammissione, a tacer d'altro, dello stesso interessato, al titolo di detenzione in discussione.
Ne consegue che la decisione impugnata, ancorché per ragioni parzialmente diverse da quelle indicate dal giudice di merito, è legittima; ciò comporta il rigetto del ricorso con le conseguenze di legge (art. 616, c.p.p.).
Per questi motivi, la Corte, visti gli artt. 127, 606, 616, c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Roma, 16.2.1998
Il cons. est.
f:to illegibile
Il presidente
Santo Belfiore
Il Collaboratore di Cancelleria
Michelina Romeo
Depositata in cancelleria il 20 giugno 1998