La ricostruzione dei fatti si fonda in gran parte sui verbali di dichiarazioni rese nell'ambito dell'inchiesta militare britannica del 1945, contenuti nel rapporto dello Special Investigation Branch (S.I.B.), i cui atti sono stati acquisiti al fascicolo per il dibattimento. Coloro che resero le dichiarazioni, ad oggi, sono per la gran parte deceduti.
Il difensore dell'imputato non si è opposto all'acquisizione dei documenti concernenti quelle indagini ma, in sede di conclusioni, ha precisato che gli atti dell'inchiesta del S.I.B. debbono, a suo dire, essere utilizzati dal collegio come semplici documenti (dichiarativi) ai sensi dell'art. 234 c.p.p. Deve quindi essere affrontata dal collegio la questione dell'utilizzabilità e del valore probatorio dei verbali di dichiarazioni rese agli investigatori del S.I.B..
Una recente pronuncia della Corte di cassazione, a giudizio del collegio, sgombra il campo dal dubbio sulla loro piena utilizzabilità e sul loro pieno valore probatorio, alla luce dei principi del codice di procedura penale in materia di acquisibilità dei verbali di dichiarazioni, per loro sopravvenuta impossibilità di ripetizione. Con la sentenza 23.1.2002, dep. 19.6.2002 n. 23597, Seseri, la prima sezione penale della Corte, infatti, nell'occuparsi di una questione concernente l'utilizzabilità di dichiarazioni rese da persona straniera alla polizia straniera, nella fattispecie tedesca, ha precisato che tali dichiarazioni «non possono essere ricondotte alla disciplina dell'art. 78, co. 2, delle norme di attuazione del codice di rito, che riguarda l'acquisizione di atti non ripetibili "compiuti" dalla polizia straniera, previo - salvo accordo delle parti - l'esame del loro "autore". La disposizione si riferisce ad atti di accertamento direttamente eseguiti dalla polizia (rilievi tecnici, ispezioni, sequestri e simili), e non già da questa "assunti" o "raccolti" da fonti esterne (secondo una distinzione terminologica e funzionale già presente, ad es., negli artt. 347 e seguenti c.p.p.); per le informazioni testimoniali assunte da inquirenti stranieri vale quindi la meno restrittiva disciplina di acquisizione di cui all'art. 512 bis c.p.p., cui ha fatto riferimento il giudice a quo, poiché le speciali disposizioni dell'art. 78, co. 2, d.a. presuppongono la normale reperibilità e possibilità di esame - quanto meno per rogatoria - del personale di polizia "autore" (e non già mero verbalizzante) dell'atto (cfr., per l'affermazione di principio che l'art. 512 bis si applica alle dichiarazioni rese da soggetto sentito "da autorità giudiziarie straniere o dalla p.g.", Cass., sez. 3°, 14.6.1994, dep. 27.7.1994, Kukielka)».
Risulta evidente, a giudizio del collegio, che un siffatto principio di diritto - che va riferito anche alla diversa e più garantita ipotesi di irripetibilità sopravvenuta contemplata dall'art. 512 c.p.p. - rende pienamente utilizzabili ai fini della decisione tutti i verbali delle dichiarazioni rese agli investigatori del S.I.B. pochi mesi dopo i fatti di Branzolino e San Tomè. È infatti pacifico che gli autori delle dichiarazioni rilasciate agli investigatori del S.I.B. sono per la gran parte deceduti e che quindi - per fatti o circostanze allora imprevedibili - è divenuta impossibile la ripetizione, in dibattimento, del loro esame.
Si aggiunga che nel caso in esame le dichiarazioni furono sì assunte da personale di polizia straniero - dotato dei necessari poteri autoritativi e certificativi e quindi dell'imprescindibile requisito dell'ufficialità - ma non in territorio estero, bensì in territorio italiano (circostanza, quest'ultima, che vieppiù escluderebbe già in astratto qualsiasi necessità dell'esperimento, se mai ve ne fosse stato bisogno, di rogatoria internazionale). È fuor di dubbio, quindi, che anche le modalità con cui sono state assunte quelle dichiarazioni, valutate secondo i criteri dettati dalle norme processuali vigenti in Italia, non si sono poste in contrasto con i diritti fondamentali della persona (in proposito vedasi Cass. 20.5.1993, dep. 23.6.1993 n. 6359, Nicosia). In definitiva, il collegio reputa che, per i motivi suesposti, non si possa fare applicazione dell'art. 78 comma 2 disp. att. c.p.p., secondo cui «gli atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera possono essere acquisiti nel fascicolo per il dibattimento se le parti vi consentono ovvero dopo l'esame testimoniale dell'autore degli stessi, compiuto anche mediante rogatoria all'estero in contraddittorio», ma che la fattispecie in questione, con riguardo ai testi deceduti o altrimenti irreperibili, rientri sotto la previsione dell'art. 512 c.p.p. (peraltro recentemente novellato dall'art. 2 del d.l. 22.9.2006 n. 259, convertito con modificazioni con la legge 20.11.2006 n. 281).
Anche Corte d'assise Santa Maria Capua Vetere 25.10.1994, Lehnigk Emden, ha ritenuto utilizzabili gli accertamenti compiuti all'epoca, con le dichiarazioni verbalizzate, dagli inquirenti delle forze armate alleate (in quel caso statunitensi). E favorevole all'utilizzabilità degli atti dell'autorità inquirente delle forze armate alleate è anche Corte mil. appello Roma 24.11.2005 n. 99, Langer, secondo cui tale utilizzabilità non viola l'art. 11 Cost. né la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, Roma 4 novembre 1950, ratificata con la legge 4.8.1955 n. 848.
Per questo aspetto, insomma, l'applicazione di un rito penale più favorevole in tema di garanzie concernenti il materiale istruttorio (tra gli «effetti perversi» dell'archiviazione provvisoria di procedimenti come questo, notati anche da Trib. mil. Verona 24.11.2000, Seifert), non nuoce alla completezza del materiale istruttorio stesso.
La richiesta della difesa dell'imputato, di considerare i predetti verbali di dichiarazioni come semplici documenti (dichiarativi) ai sensi dell'art. 234 c.p.p., è perciò destituita di fondamento e come tale deve essere rigettata.