Nell'assassinio delle dieci persone, compiuto con due eccidi distinti, il collegio non ravvisa la continuazione di cui all'art. 81 comma 2 c.p., ma invece il concorso formale di cui al comma 1 dello stesso articolo, avendo l'imputato prima violato la norma penale (l'art. 185 comma 2 c.p.m.g.) più volte con il primo eccidio, e poi di nuovo violato la stessa norma penale più volte con il secondo eccidio. Si è talora posto il dubbio (Trib. mil. Roma 22.7.1997 n. 322, Hass) se la disamina degli effetti dell'art. 81 c.p. sia un formalismo giuridico. Tuttavia, se è vero che applicando norme di diritto sempre incombe il rischio del formalismo, d'altra parte, proprio in casi in cui la violenza fa molte vittime, dal punto di vista di ciascuna di esse l'applicazione della norma non è formalismo, piuttosto sostanzialismo, poiché ciascuna di esse non è una porzione di un unico corpo offeso, bensì un essere umano a sé stante. Ciascun omicidio reclama giustizia, e quindi non è possibile prescindere dal loro numero.
Si pone qui il problema dell'aumento di pena rispetto all'ergastolo. Il diritto penale italiano non consente la condanna a più di un ergastolo. Ma l'art. 72 c.p. (su cui hanno inciso prima il d.l. 22.1.1948 n. 21 e poi la legge 25.11.1962 n. 1634) prevede che, dovendosi aumentare la pena dell'ergastolo, essa sia inasprita con l'isolamento diurno. Per i reati militari, invece, l'art. 54 c.p.m.p. prevedeva che dovendosi condannare per più reati che comportassero l'ergastolo, si dovesse applicare la pena di morte con degradazione. Modificato il sistema sanzionatorio anche con riferimento ai reati previsti dal codice penale militare di guerra, con la legge 13.10.1994 n. 589, ne è risultato che laddove occorrerebbe disporre la pena di morte si dispone la «pena massima prevista dal codice penale».
Per effetto di questa normativa, alcune pronunce giurisprudenziali sono giunte alla conclusione che l'ergastolo comminato per reati militari non possa essere aumentato con l'isolamento diurno (Cass. 16.11.1998, dep. 1.12.1998 n. 12595, Hass; Corte mil. appello Roma 7.3.1998 n. 24, Hass), argomentando che per effetto dell'abrogazione della pena di morte non vi sarebbe più l'inasprimento, ma non si applicherebbe l'isolamento diurno, restando operante una deroga alla norma comune. In realtà, la contraddizione è superabile - senza ricorrere ad alcuna analogia - considerando che la pena massima prevista dal codice penale, cui fa riferimento la legge 13.10.1994 n. 589, non è l'ergastolo ma l'ergastolo con isolamento diurno. L'isolamento diurno, del resto, era previsto dal codice penale già prima della legge 13.10.1994 n. 589, e quindi l'entrata in vigore di quest'ultima non può che aver fatto riferimento al regime sanzionatorio nel suo complesso.
Non occorrerebbe, a questo proposito, affrontare la questione apparentemente rilevante se l'ergastolo con isolamento diurno sia una pena a sé stante oppure una modalità di esecuzione; ciò per lo stesso motivo per cui, aumentando una pena detentiva temporanea, non occorre domandarsi se per effetto dell'aumento essa si inasprisca o muti specie. Di tale questione si dà comunque conto per completezza, ricordando preliminarmente come la giurisprudenza abbia escluso che l'isolamento diurno sia una misura contraria al senso di umanità (Cass. 16.1.1985, dep. 11.3.1985 n. 2297, Magni; e Cass. 8.4.1991, dep. 8.7.1991 n. 7301, Lavazza, che dichiara anche la manifesta infondatezza della questione di incostituzionalità dell'isolamento diurno).
Ebbene, è frequente in giurisprudenza l'affermazione secondo cui l'isolamento diurno è una vera e propria sanzione penale, affermazione che può anche essere contestualizzata nelle diverse tematiche giuridiche in cui è stata pronunciata. Anzitutto, è servita ad argomentare l'esclusione dell'abrogazione dell'art. 72 c.p. per effetto della legge 26.7.1975 n. 354
(Cass. 24.2.1993, dep. 14.4.1993 n. 780, Asero;
Cass. 4.11.1986, dep. 12.6.1987 n. 7370, Adamoli;
Cass. 28.2.1980, dep. 10.4.1980 n. 718, D'Angelo).
Poi, è servita a precisare che l'esecuzione dell'isolamento diurno deve iniziare appena la relativa condanna diviene irrevocabile (Cass. 21.3.2000, dep. 10.5.2000 n. 2116, Natoli), e che «la mancata previsione legislativa di un termine per l'esecuzione dell'isolamento diurno non contrasta con l'art. 27 terzo comma Cost., poiché il carattere afflittivo della misura è compatibile con la funzione rieducativa della pena, dal momento che, in costanza di isolamento, si ha solo attenuazione, ma non soppressione del trattamento penitenziario». Ancora, è servita a ribadire che l'isolamento diurno deve essere disposto dall'autorità giudiziaria giudicante, non bastando un provvedimento del Pubblico ministero (Cass. 30.9.1993, dep. 2.11.1993 n. 3748, Cappai; Cass. 24.6.1993, dep. 21.7.1993 n. 3004, Mosella).
Anche il fatto che l'isolamento diurno sia una pena a sé stante, conferma che l'ergastolo comminato per reati militari può essere aumentato con l'isolamento diurno.
Quindi, tenuto conto del numero di vittime, il collegio aggiunge all'ergastolo due anni di isolamento diurno, ritenendo congruo un periodo pari al quadruplo del minimo, che l'art. 72 comma 1 c.p. fissa in sei mesi.