In assenza di attenuanti, non occorre procedere al giudizio di bilanciamento, e la pena è l'ergastolo.
Quanto alla prescrizione, ed al recente cambiamento delle norme che la regolano, l'art. 157 c.p., come novellato dalla legge 5.12.2005 n. 251, prevede al comma 8 che non si estinguano per prescrizione i reati puniti con l'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti. Poiché la precedente formula dell'art. 157 c.p. consentiva la prescrizione solo dei reati puniti con pena detentiva temporanea, e ciò senza fare esplicito riferimento all'effetto delle aggravanti, va rilevato che apparentemente si tratta di una innovazione in peius, come tale non retroattiva.
La questione ha rilevanza nel caso in esame, poiché l'ergastolo non è previsto come pena edittale ma come pena per effetto di aggravanti. Ma appunto l'innovazione è solo apparente, poiché già nel vigore del testo precedente, la giurisprudenza era giunta alla conclusione dell'imprescrittibilità anche del reato punito con l'ergastolo come effetto delle circostanze aggravanti. Fra l'altro, ove si fosse ritenuta applicabile la prescrizione in caso di ergastolo per effetto di aggravanti, si sarebbe giunti ad effetti contraddittori proprio riguardo all'omicidio. Infatti l'art. 577 c.p. prevede al comma 1 aggravanti che comportano l'ergastolo, ed al comma 2 altre aggravanti che comportano la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Così, se in entrambe le ipotesi sussistesse un'attenuante uguale, i casi più gravi di cui al comma 1 si potrebbero prescrivere in quindici anni, ai sensi dell'art. 157 comma 1 n. 2 c.p., e quindi in un termine più breve di quelli meno gravi di cui al comma 2, che si potrebbero prescrivere in venti anni, ai sensi dell'art. 157 comma 1 n. 1 c.p.
Benché il reato sia escluso dalla prescrizione già per norma di diritto interno, merita qualche cenno anche la questione della sua imprescrittibilità quale crimine contro l'umanità. Sul punto sono decisivi non tanto i principi che si ricavano dai lavori preparatori del c.p.m.g., o da alcuni elementi della sua struttura (ed in particolare dal fatto che solo alcuni dei «reati contro le leggi e gli usi della guerra» siano soggetti al principio di reciprocità di cui all'art. 165 c.p.m.g.), quanto piuttosto il fatto che il diritto italiano deve adeguarsi a quelle norme del diritto internazionale che costituiscono principi generali riconosciuti dalle nazioni civili, come è scritto nell'art. 38 lett. c) dello statuto della Corte internazionale di giustizia («the general principles of law recognized by civilized nations»). Ed è noto come l'art. 10 Cost. determini l'adeguamento automatico alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (lo ribadiscono
Corte cost. 6.5.1987 n. 153, Corte cost. 7.5.1982 n. 96,
Corte cost. 16.12.1980 n. 188,
Corte cost. 12.6.1979 n. 48,
Corte cost. 25.3.1976 n. 69,
Corte cost. 19.6.1969 n. 104,
Corte cost. 12.4.1967 n. 48,
Corte cost. 4.7.1963 n. 135,
Corte cost. 12.5.1960 n. 32).
Da segnalare è anche la Convenzione adottata dall'Assemblea delle Nazioni Unite con risoluzione 2391 (XXIII) del 26 novembre 1968 (Convention on the non-applicability of statutory limitations to war crimes and crimes against humanity), che nel preambolo ricorda come «the application to war crimes and crimes against humanity of the rules of municipal law relating to the period of limitation for ordinary crimes is a matter of serious concern to world public opinion, since it prevents the prosecution and punishment of persons responsible for those crimes».
Ed è stato affermato (Trib. supremo mil., 16 marzo 1954 Reder) che questi reati (che costituiscono anche infrazioni gravi ai sensi dell'art. 147 - fra l'altro, "omicidio intenzionale, tortura o trattamenti inumani" - della IV Convenzione per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, adottata a Ginevra il 12 agosto 1949) «sono soggetti a repressione ispirata al criterio dell'universalità, in virtù del quale gli Stati s'impegnano alla persecuzione diretta o alla consegna delle persone che hanno commesso le violazioni, indipendentemente dalla loro nazionalità... ed anche se si tratti dei propri sudditi, senza possibilità di esimersi da tale obbligo né unilateralmente né mediante accordi».
Del resto, le considerazioni sulla natura degli eccidi come crimini di guerra e contro l'umanità, svolte in precedenza con riferimento all'irrilevanza dell'esecuzione di un ordine, valgono anche ad escludere la prescrittibilità.