Affermata la responsabilità, vanno presi in esame alcuni provvedimenti di clemenza che potrebbero sembrare applicabili.
Non si applica il provvedimento di cui al r.d. 5.4.1944 n. 96, poiché il reato non rientra in nessuno dei casi previsti.
Non si applica il provvedimento di cui al d.leg.luog. 29.3.1946 n. 132, sia poiché esclude i reati commessi con un fine in contrasto con quello indicato nell'art. 1 del r.d. 5.4.1944 n. 96 («liberare la patria dall'occupazione tedesca, ovvero ridare al popolo italiano le libertà soppresse e conculcate dal regime fascista»), sia poiché esclude i reati contro le leggi e gli usi di guerra. Per gli stessi motivi non si applica il provvedimento di clemenza di cui al d.c.p.s. 1.3.1947 n. 92.
Non si applica il provvedimento di cui al decreto legislativo 29.1.1948 n. 28 e al d.p.r. 9.2.1948 n. 32, poiché ne sono esclusi i reati militari.
Non si applica il provvedimento di cui al d.p.r. 19.12.1953 n. 922, poiché l'art. 1 esclude dall'amnistia i reati militari, e l'art. 2 prevede l'indulto per coloro che abbiano fatto parte di formazioni armate, e quindi non riguarda i militari, come confermato sin da Trib. supremo mil. 21.2.1956, Reder, e poi anche da Corte cost. 18.7.2000 n. 298, che ha appunto dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'esclusione dei militari dal beneficio.
Non si applica neppure l'amnistia di cui al d.p.r. 4.6.1966 n. 332, art. 2 lett. b), prevista solo per i cittadini (così anche Corte mil. appello Roma 21.11.2006 n. 65, Sommer). Come già ritenuto da Cass. 22.2.2002, dep. 22.4.2002 n. 15139, Priebke, e da Cass. 8.10.2002, dep. 5.12.2002 n. 40999, Seifert, l'art. 8 del Trattato di Maastricht, reso esecutivo con la legge 3.11.1992 n. 454, introduce fra i cittadini degli stati interessati una parità di trattamento solo ad alcuni effetti, e quindi l'imputato non può, quanto alla responsabilità penale, essere considerato come un cittadino italiano.