Procura Militare della Repubblica Napoli
Il Pubblico Ministero
Visti gli atti del procedimento penale n. 1614/92 R.G.N.R. nei confronti di:
1) Lehnigk Emden Wolfang nato il 10.12.1922 a Calau
2) Schuster Hans nato il 4.12.1919 a Crailsheim
3) Gnass Hans nato il 21.4.1914 a Berlino
4) Zabel Johenh nato il 29.11.1922 a Fuerstenwalde
per il reato di concorso in violenza con omicidio continuato ed aggravato contro cittadini italiani (artt. 81 cpv., 110 c.p.; 185 co. 1° e 2° c.p.m.g. in relazione all'art. 13 c.p.m.g. e agli artt. 575 e 577 n. 4 c.p.) per aver in concorso di volontà ed azione tra loro, il primo quale comandante de plotone della III compagnia della 29° Panzer Grenadier Regiment delle Forze Armate tedesche nemiche dello Stato italiano e gli altri quali componenti del predetto plotone, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e senza necessità contingente, per cause non estranee alla guerra condotta contro le truppe americane alleate a quelle italiane, usato violenza contro cittadini italiani che non prendevano parte alle operazioni militari, cagionando la morte, con azione diretta o con ordini ed istruzioni ai dipendenti, mediante colpi d'arma da fuoco esplosi prevalentemente alla testa ed alla schiena e con colpi di baionetta, dei seguenti cittadini italiani sorpresi inermi in Caiazzo il 13 ottobre 1943:
1) Massadoro Raffaele
2) Massadoro Vito
3) Perrone Nicola
4) D'Agostino Francesco
5) Albanese Antonio
6) Insero Angela
7) D'Agostino Orsola
8) Palumbo Raffaele
9) Albanese M. Angela
10) Albanese Maria
11) Albanese Elena
12) Albanese Angelina
13) Di Sorbo Anna
14) Perrone Giuseppe
15) Perrone Antonietta
16) Perrone M.
17) Perrone Elena
18) Santabarbara O.
19) D'Agostino Saverio
20) D'Agostino Antonio
21) D'Agostino Orsola
22) D'Agostino Carmela
primi sette presso la masseria Monte Carmignano e gli altri presso la masseria Albanese;
con l'aggravante: di aver adoperato sevizie (art. 577 n. 4 in relazione all'art. 61 n. 4 c.p.) particolarmente efferate nei confronti di Perrone Elena tanto da provocarle il distacco della gamba destra, ritrovata dopo giorni lontana dal luogo dove si trovava il corpo della stessa;
di aver agito per motivi abietti e futili (art. 577 n. 4 in relazione all'art. 61 n. 1 c.p.) nei confronti di Albanese Elena di anni 16, Albanese Angelina di anni 12, Perrone Giuseppe di anni 12, Perrone Antonietta di circa 9 anni, Perrone Margherita di anni 6, Perrone Elena di circa 4 anni, D'Agostino Saverio di anni 12, D'Agostino Antonio di anni 10, D'agostino Orsola di anni 8 e D'Agostino Carmela di anni 7, insospettabili, per ragioni di età, di appartenenza o di favoreggiamento ai gruppi combattenti nemici alle truppe tedesche; del grado rivestito (art. 47 n. 2 c.p.m.p.) per gli indagati Lehnigk Emden, Schuster e Gnass.
Osserva:
che i Carabinieri della Stazione di Caiazzo e del Reparto Operativo di Caserta denunziavano che la sera del 13 ottobre 1943 un contingente di soldati tedeschi era attestato sul monte Carmignano di Caiazzo per controllare ed impedire l'avanzata delle truppe americane che, lungo il fiume Volturno, cercavano di raggiungere e liberare il territorio ancora occupato dalle truppe tedesche. Ad un certo momento i militari tedeschi vennero informati da una loro staffetta che due soldati americani erano arrivati nella casa rurale di D'Agostino sul monte Carmignano, per cui una squadra di soldati tedeschi, guidati da un ufficiale (Emden), raggiunse la casa del D'Agostino e fucilò tutti quelli (che trovarono in quella casa, compresi i due soldati americani, e i loro corpi, sfigurati ed ivi abbandonati, furono rinvenuti il giorno successivo e identificati nelle vittime innanzi indicate.
Dalla relazione del 22,11.1943 del Quartier Generale della Quinta Armata (Pagg. 64/9 del libro "La Barbarie ed il coraggio" di Agnone-Capobianco in cui sono riportati in copia i documenti consegnati alla Procura della Repubblica di S. Maria C. V.) risulta che la sera del 13 ottobre 1943 il sottotenente Emden, comandante della predetta squadra, veniva informato che erano state segnalate luci intermittenti provenienti dalla casa piccola (masseria Albanese) per cui accompagnato da due o tre soldati, raggiunse quella casa e condusse, ritornando al posto di comando, sette persone, di cui quattro uomini, due donne ed un bambino, che furono sparate fuori la casa. Dopo di ciò, il tenente Emden, accompagnato da tre militari, ritornò all'altra casa, dove sedici persone vennero uccise con bombe, fucili e pugnale. Le vittime furono portate nella casa e coperte con paglia con l'intento di bruciarle.
I testimoni Palumbo Angelo e Perrone Raffaele, accorsi sul luogo dell'eccidio il mattino seguente, riferivano sulla posizione delle vittime e sulle sevizie subite da queste; aggiungevano che in quei giorni, lungo il fiume Volturno, era in corso una battaglia tra le truppe tedesche e quelle americane che tentavano di attraversare il fiume, tanto che la notte della strage soldati americani erano riusciti ad oltrepassare il fiume ed aiutarono pure gli abitanti di Caiazzo a seppellire le vittime.
Poiché per questo stesso fatto è in corso altro procedimento penale presso la Procura della Repubblica di S. Maria C. V., questo Ufficio le chiedeva la trasmissione degli atti per competenza, ma la richiesta rimaneva senza risposta.
Questo Ufficio ritiene che le condotte delittuose attribuite agli attuali indagati rientrano nell'ambito delle previsioni degli artt.13 e 185 c.p.m.g.. Giova, al riguardo, sintetizzare innanzitutto il concetto di reato militare, consistente in qualunque violazione della legge penale militare e cioè in ogni fatto che è previsto come tale da detta legge, indipendentemente dalla sua intrinseca natura.
Si ricava, poi, dalla locuzione dell'art.37 c.p.m.p., che, accanto alla categoria di reati esclusivamente militari (espressamente indicati dalla norma in quei reati costituiti da fatti che, nei loro elementi materiali costitutivi non siano, in tutto od in parte, previsti come reati dalla legge penale comune) si pone anche la categoria dei reati non esclusivamente militari, che sono quelli che, pur essendo previsti dalla legge penale comune, siano peraltro previsti, con specifica particolare disposizione, dai codici penali militari o da altra legge penale militare.
In tale caso il problema della giurisdizione si soggettivizza nel senso che i reati non esclusivamente militari saranno di competenza dei Tribunali militari a condizione che siano commessi da appartenenti alle Forze armate. Discende da siffatta nozione una ulteriore delimitazione del concetto in relazione alla fattispecie in esame, e cioè che è sicuramente reato militare (anche se non esclusivamente tale) in forza del collegamento tra l'art.103 della Costituzione, l'art.37 c.p.m.p., l'art.13 c.p.m.g. e l'art.6 del D.L.L. 21 marzo 1946 n.144, ed appartiene quindi alla competenza dei Tribunali militari di pace quel reato che, commesso in tempo di guerra da un appartenente ad una Forza armata nemica, pur se previsto nei suoi elementi costitutivi dalla legge penale comune, sia tuttavia compreso in una delle specifiche ipotesi delittuose previste dal titolo IV, capo III, sez. II del c.p.m.g. (degli atti illeciti contro persone private nemiche o a danno di beni nemici).
Ricorrono certamente le prime due condizioni, in quanto gli indagati appartenevano a regolari corpi armati dell'esercito tedesco e le vicende delittuose si verificarono in pieno periodo bellico.
É pure indubbio che i fatti ascritti agi i indagati sono tutti espressamente previsti dal c.p.m.g. come reati militari, proprio nel novero di quelle disposizioni (reati contro le leggi e gli usi di guerra) che per l'art.13 c.p.m.g. sono applicabili anche ai militari appartenenti alle forze armate nemiche e che per il citato art.6 D.L.L. 143/1946 appartengono, transitoriamente, in tempo di pace, alla competenza dei Tribunali militari di pace sempre che i reati relativi siano stati commessi in tempo di guerra.
I fatti addebitati agli indagati consistono, come si evince dallo e tesso capo di imputazione e come risulta confermato dall'esame degli atti nella uccisione di persone private da parte di militari nemici. Si tratta di atti bellici vietati degli artt.34 e 35 della legge di guerra.
(R. D. 8 luglio 1938 n.1415} siccome non direttamente giustificati da impellenti necessità militari e non configurabili come azione di rappresaglia o di repressione collettiva.
Orbene quei fatti sì rinvengono tutti contemplati, nei loro elementi costitutivi, nell'art.185 fin relazione all'art.575 c.p.) nella sezione, per l'appunto, degli atti illeciti contro persone private nemiche.
É poi incontestabile che la violenza contro "privati nemici" fu usata per cause non estranee alla guerra, la quale fattispecie realizza il reato previsto dall'art.185 in relazione all'art.13 c.p.m.g..
Invero, per la sussistenza di detto reato è richiesto che l'uso della violenza da parte del militare contro privati nemici derivi da cause non estranee alla guerra, ponendo così in rilievo che la violenza rappresenta sempre il risultato, l'effetto, il prodotto di un'operazione rapportabile eziologicamente allo stato di guerra o spiegabile con questo, che ne costituisce l'antecedente indispensabile per la verificazione costante secondo la regola "dell'id quod plerumque accidit"; in definitiva, se non una stretta relazione causale con lo stato di guerra, occorre comunque una stretta connessione occasionale e specifica con esso o con le operazioni militari (Cass. sez. un. 3.2.1973 ric. Allers).
Orbene i fatti accaduti in Caiazzo il 13 ottobre 1943 anche se coinvolsero sanguinosamente persone private per via di una consapevole attività violenta rivolta dai militari germanici direttamente contro di loro, tuttavia non si realizzarono in un contesto storico estraneo alla guerra.
Non può essere, infatti, contestato che il compito affidato al plotone comandato da Emden fosse quello di difendere una posizione preminente nella battaglia del Volturno.
Infatti, come è detto nel libro dello Sparano "L'eccidio del 13 ottobre 1943", "il monte Carmignano sovrasta l'incrocio della strada Caiazzo-Squille-Limatola dirimpetto alla Scafa di Caiazzo ed inoltre domina il fiume Volturno, che è stato un valido mezzo di difesa per le truppe tedesche ed un ostacolo molto difficile da superare da parte, della Quinta Armata statunitense....Pattuglie americane che riuscivano a superare il Volturno evitavano il contatto con il nemico, ma con la radio trasmittente segnalavano ai propri reparti oltre il fiume le posizioni tedesche".
La notte del 13.10.1943, giorno antecedente all'occupazione di monte Carmignano da parte degli americani, due di questi, facenti parte di una delle pattuglie, arrivavano alla zona di monte Carmignano e furono accolti in una delle masserie.
Mentre si trovavano quivi, i tedeschi assalirono i soldati americani ed i civili, trucidandoli. "
Ciò è confermato dalla testimonianza del Palumbo che affermava di aver visto nei pressi delle due masserie due soldati americani colpiti, uno, da colpi d'arma da fuoco, e, l'altro, ucciso e seviziato.
Ma, anche in base alla ricostruzione dei fatti operata, dal comando americano in data 22.11.1943, si deve ritenere che l'uccisione dei ventidue privati civili fu dovuta alla punizione decisa dall'Emden nei confronti degli occupanti di un'abitazione dalla quale partivano segnalazioni luminose agli americani.
Si trattò, comunque, di condotta che trovò la sua genesi in cause non estranee alla guerra.
Quindi, i fatti di violenza in oggetto configurano reati militari espressamente previsti, nella loro integrità, dal codice penale militare di guerra (Cass. sez. un. 3.2.1973, rie. Allers ed altri, Giust. pen. 1973, parte 37 col.227; cass. sez. un. 9.12.1950, rie. Stranch, Giust. pen. 1950, parte 37 col. 65; T. S. M. 16.3.1954 rie. Reder).
Ed inoltre i delitti commessi dagli appartenenti alle forze armate nemiche sono puniti, ai sensi della legge penale militare in virtù dell'art. 13 del cod. pen. mil. di guerra e, cessato il funzionamento del Tribunale militare di guerra, sono competenti i Tribunali militari di pace a conoscere dei reati contro le leggi e gli usi di guerra commessi da appartenenti alle forze armate nemiche (Cass. 28.2.1950, rie. Wagner ed altri, Giust. pen. 1950, parte 37 col. 69).
Pertanto la competenza a giudicare dei fatti delittuosi commessi in Caiazzo dai militari tedeschi appartiene all'Autorità giudiziaria militare, a ciò espressamente chiamata dall'art. 6 D. L. L. 21.3.1946 e dalle convenzioni internazionali che prevedono la perseguibilità nel paese offeso dei crimini di guerra.
P.Q.M.
Trasmette gli atti al Sig. Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione perché determini, ai sensi dell'art. 54 bis c.p.p., l'Ufficio del Pubblico Ministero che deve procedere nei confronti degli imputati.
Napoli, 28 dicembre 1992
Il S. Procuratore Militare della Repubblica
Dott. Eugenio Rossi