N. 36/52/ES
Procura Militare della Repubblica
presso il Tribunale Militare Territoriale di Roma
Il Pubblico Ministero
nel procedimento incidentale relativo all'istanza di liberazione condizionale, diretta in data 4/4/1974 al Ministro della Difesa da Herbert KAPPLER condannato con sentenza irrevocabile del 20 luglio 1948 di questo Tribunale militare alla pena dell'ergastolo per il reato militare di concorso in violenza con omicidio aggravato continuato commesso da militari nemici in danno di cittadini italiani, e alla pena di anni 15 di reclusione per il reato militare di requisizione arbitraria,
OSSERVA
A seguito della sentenza N.192/1976 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 34 e 35 del R.D. 9 settembre 1941, n.1023, nella parte in cui la decisione sulla domanda di liberazione condizionale è attribuita al Ministro da cui dipendeva il militare condannato, "anziché ad un organo giurisdizionale di adeguato livello", deve ritenersi che- nell'attuale inesistenza di una legge speciale che attui il comando della sentenza ora menzionata - la competenza a provvedere sull'istanza del KAPPLER appartiene a questo Giudice dell'esecuzione.
Tale conclusione si desume nel tenore del dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale, che necessariamente porta ad escludere sia l'applicabilità, nel rito militare, delle disposizioni comuni di cui alla legge 12 febbraio 1975, n.6, in cui la specifica, per le condanne inflitte da organi giudiziari ordinari, è attribuita alla Corte d'Appello, sia la competenza del Giudice militare di Sorveglianza (per il requisito dell'adeguato livello che deve caratterizzare l'organo speciale competente).
Al Giudice dell'esecuzione, invero, oltre alla generica competenza in materia di incidenti di esecuzione, la legge riserva, in linea di massima, il potere di emanare i provvedimenti che incidono, con efficacia costitutiva, sul rapporto punitivo; e, nella specie, la sostanziale sostituzione della libertà vigilata alla pena detentiva residua o ala pena perpetua, con conseguente estinzione di queste ultime al termine del periodo di legge utilmente decorso, attiene essenzialmente al rapporto di esecuzione, anche perché presenta carattere afflittivo e di emenda sia pure affievolito (Cass., 11 Maggio 1959, in Giust. Pen. 1960, II, 85-86), e non già finalità tipiche di prevenzione e di vigilanza sull'esecuzione della pena principale detentiva, che reclamerebbero, per converso, la competenza del Giudice di Sorveglianza (artt. 635 C.p.p. e 6-10 R.D.10 febbraio 1943, n.306).
Può, inoltre, aggiungersi che l'art. 590, u.p.n. 2° C.p.p.- formalmente non abrogato dall'art.5 della cit. legge n. 6/1975- attribuisce premieramente al Giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna, la competenza a revocare, all'occorenza, la liberazione condizionale concessa, nonché la competenza a dichiarare l'estinzione della pena e a revocare la misura di sicurezza (art. 578 C.p.p.),dopo l'utile decorso del termine di legge.
In ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti voluti dall' art.176 C.p. per la concessione del beneficio (in caso di condanna all'ergastolo, almeno 28 anni di effettiva espiazione; comportamento mantenuto dal condannato, che faccia ritenere sicuro il ravvedimento; adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato non dimostri di trovarsi nell' impossibilità di adempierle), si richiamano gli accertamenti contenuti nel parere ampiamente favorevole del giudice militare di sorveglianza, cui spetta tuttora, "quale organo giurisdizionale che vigila sull'esecuzione, l'indagine intorno alla sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi" per la concessione del beneficio (Cass. 20/2/1976, in Giust.Pen.1976, III, 322 e segg.).
Resta pertanto da esaminare se l'accertata sussistenza dei necessari presupposti di legge , sia condizione sufficiente per la concessione del richiesto beneficio, se cioè il condannato, avendo adempiuto le condizioni di legge, abbia diritto alla emanazione del relativo provvedimento concessivo.
Al riguardo si rileva che la dizione letterale, identicamente usata dal legislatore negli artt. 176 C.p e 71 C.p.m.p. per la previsione della specifica causa di estinzione della pena, rispettivamente per le condanne comuni e per quelle militari ("il condannato .....può essere ammesso alla liberazione condizionale........."), rende evidente che il provvedimento in questione - a differenza di altri istituti in materia di estinzione del reato e della pena - ha carattere discrezionale, per cui l'interessato, pur nella sussistenza di tutti i presupposti di legge, non può vantare un diritto soggettivo alla concessione del beneficio. In altri termini, la sussistenza dei presupposti di legge costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente per la richiesta concessione :l'interessato ha solo il diritto da ottenere che la sua domanda venga esaminata e che l'organo competente eserciti il relativo potere discrezionale, in senso concessivo o negativo, con provvedimento motivato.
L'enunciazione del carattere discrezionale della concessione non significa, tuttavia, attribuzione al giudice di un qualsiasi arbitrario nella soggetta materia, sibbene costituisce - data l'esigenza della motivazione relativamente all'uso del potere discrezionale (art. 132 C.p.p.) e l'eclusione della possibilità di una nuova valutazione degli elementi della fattispecie- un rinvio, per il giudice, ad altri valori che dovranno determinarlo nell'uso di tale potere.
Nel caso di specie, trattandosi di condanna per reati militari di guerra, tali valori possono identificarsi in quelli propri dell'organizzazione militare, specialmente nell'eccezionale situazione di un conflitto armato .Si tratta in sostanza , dello stesso speciale ordine di valori, le cui esigenze di particolare tutela, oltretutto, costituiscono razionale giustificazione dell'esistenza della speciale legislazione penale militare di pace e di guerra, e della relativa giurisdizione speciale dei Tribunali militari (art. 103 Cost.).Sono, specificatamente, i valori (quali il coraggio, l'onore, lo spirito di coesione, la disciplina) espressamente ricordati dalla stessa Corte Costituzionale a chiusura della motivazione della ricordata sentenza.
Passando ad applicare al caso in esame il criterio ora enucleato e tenendo fermo il principio che non può costituire di per sé causa ostativa alla concessione l'estrema gravità dei reati commessi (conf. Cass. Sez. 2°, 12/12/75 da Mass. Elettr., cit. a pagg. 31 del parere del Giud. di Sorv.), ritiene l'ufficio necessaria, ai fini dell'esercizio del potere discrezionale da parte del Giudice, la specifica indagine se nei fatti che furono sanzionati con la sentenza di condanna 20 luglio 1948 di questo tribunale militare, l'onore militare, e cioè il fondamentale tra i valori speciali sopra menzionate riferibili al soggetto, sia rimasto pregiudicato a tal punto da imporre al requirente di assumere, su tale base, una posizione negativa in ordine alla concessione del beneficio richiesto.
Al riguardo, dalla lettura della sentenza di condanna e dall'esame della motivazione della sentenza pronunziata in data 25 ottobre 1952 dal Tribunale Supremo militare su ricorso per annullamento interposto dall'interessato, è dato concludere, quanto meno in relazione al più grave dei reati militari commessi dal KAPPLER, che per le modalità tutte secondo le quali venne preparata ed eseguita la strage delle Cave Ardeatine - nulla, invero, di carattere militare ebbe l'enorme strage compiuta da militari nemici su 335 innocenti, fin quasi all'ultimo della loro sorte, privati di qualsiasi assistenza e condotti senza interruzione a gruppi di cinque in una grotta appena rischiarata da qualche torcia, legate come bestie per il macello che veniva eseguito con un colpo alla nuca delle vittime , fatte inginocchiare sui cadaveri delle vittime che le avevano immediatamente precedute (cfr. ff. 19 - 25 della sentenza di questo Tribunale e ff. 74 e76 della cit. sent. del T.S.M.) - è dato concludere , ripetesi, che per le descritte modalità tutte dell'eccidio si sia verificata nei confronti del Herbert KAPPLER una compromissione tale dell'onore militare, da imporre a quest'ufficio l'assunzione di una posizione negativa in ordine alla facoltativa concessione della liberazione condizionale da parte del Tribunale, nonostante i pareri ampiamente favorevoli sia del comandante del reclusorio militare, sia del comandante degli stabilimenti militari di pena, sia, infine, del Giudice militare di Sorveglianza.
Non trascura il requirente che nel caso in esame sussistono ulteriori circostanze relativi ad altri valori tipicamente militari (quali: l'obbedienza agli ordini dei superiori militari, la disciplina particolarmente rigida vigente nei reparti SS cui il KAPPLER apparteneva, il senso di cameratismo e di solidarietà per i commilitoni uccisi nell'attentato di via Rasella, di cui i fatti suddetti costituirono immediata reazione), le quali circostanze unte ad altre successive, direttamente pertinenti alla condizione personale e familiare del soggetto, quali al grave ed incurabile malattia in atto, nonché la recente perdita della madre e della sorella, potrebbero contrastare l'elemento negativo più sopra esposto, che tuttavia, a parere dell'ufficio, appare in ultima analisi prevalente su tutti gli altri elementi favorevoli per il rilievo che la lesione dell'onore militare assume nella specie ai fini del rigetto dell'istanza di liberazione condizionale.
Ritiene, infine, l'ufficio di dover fare un cenno in ordine a quanto esposto e richiesto dal Giudice Militare di sorveglianza in punto di libertà vigilata e di espulsione dello straniero.
Premesso che la materia esulava dalla competenza di quell'organo, chiamato per legge non a formulare requisitorie, sibbene ad esprimere un motivato parere in ordine alla concessione della liberazione condizionale, si rileva che l'attuale situazione del KAPPLER, dopo che è intervenuto in suo favore da parte del Ministro della Difesa il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, è quella di prigioniero di guerra, e in tale condizione egli permarrebbe, anche in caso di concessione della liberazione condizionale, fino a quando non fosse riconsegnato alla potenza di origine. D'altra parte, l' art. 230, n.2 C.p. dispone che:" la libertà vigilata è sempre ordinata ...... quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale": con questa tassativa disposizione che trova la sua causa non in ragioni di prevenzione, ma in motivi specifici di cautela ai fini dell'eventuale revoca del beneficio o della finale declaratoria di estinzione della pena, la legge non lascia possibilità di scelta all'interprete.
Rimarrebbe, tuttavia, impregiudicato il diritto del soggetto a fruire della sospensione dell'esecuzione della misura di sicurezza ai sensi dell'art. 76 C.p.m.p., fin quando durasse il suo stato di prigionia di guerra, cessato il quale con la riconsegna allo Stato di origine, si dovrebbe provvedere all'esecuzione della libertà vigilata secondo le particolari modalità prevista dalla Convenzione europea per la sorveglianza delle persone condannate o liberate con la condizionale, adottata a Strasburgo il 30 novembre 1964, e ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 15 novembre 1973, n.772.
P.Q.M.
letti gli artt. 176 C.p., 71 C.p.m.p. e 630 C.p.p.
CHIEDE
che il Tribunale militare, deliberando sull'istanza di liberazione condizionale presentata dal condannato Herbert KAPPLER, rigetti l'istanza medesima.
Roma, 2 ottobre 1976
IL SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE MILITARE DELLA REPUBBLICA
f.to G. Perazzoli