Convegno
"L'Ordinamento Giudiziario militare nei suoi riflessi internazionali"
Intervento del Dott. Giuseppe Rosin Avvocato Generale Militare presso la Sezione distaccata della Corte Militare di Appello di Verona
Non è facile ritagliare un intervento dopo i due ampie ed articolate, anche appassionate, relazioni che mi hanno preceduto. Cercherò di fare del mio meglio; ho l'intenzione di parlare non più di un quarto d'ora. E' in corso in questo periodo, come a tutti è noto ed è ancor più evidente dopo la relazione del professor Giacobbe, un processo di revisione costituzionale nel nostro Paese, a conclusione del quale è probabile che i tribunali militari siano aboliti in tempo di pace. Quando ho iniziato la mia attività di magistrato militare, circa trent'anni fa, si parlava molto di riforme, riforme che poi si sono realizzate, anche con il nostro contributo. Ora siamo ancora alla vigilia di altri cambiamenti dell'ordinamento. E per comprendere lo spirito di quest'evoluzione, è necessario volgersi all'indietro e riflettere un attimo sulle riforme già intervenute.
In ogni paese, come nel nostro, i tribunali militari nascono come tribunali delle Forze Armate, i quali debbono assicurare una giustizia diversa da quella dei tribunali ordinari, sulla base di norme più severe; una giustizia meno garantita, nel senso che l'imputato militare non gode delle garanzie di difesa che spettano invece dinanzi al giudice ordinario. Inoltre, i giudici dei tribunali militari non hanno le garanzie di indipendenza di cui in quello stesso paese, nello stesso momento storico, godono i giudici ordinari. Lo statista Clemenceau ha messo in rilievo questa diversità dei tribunali militari con la nota sprezzante espressione ''la giustizia militare sta alla giustizia, come la musica militare sta alla musica''. Compito del giudice militare non era dunque precipuamente quello di assicurare giustizia, bensì di tenere compatto l'esercito dinanzi al nemico. Successivamente, pur con evoluzioni diverse nei vari paesi, di solito avviene che lo Stato nell'imporre sue regole alle Forze Armate attui delle incisive riforme anche nell'ordinamento dei tribunali militari. E di solito nei paesi a democrazia avanzata queste riforme hanno comportato l'abolizione dei tribunali militari.
Nel nostro Paese c'è stato tutt'altra evoluzione. Con la fondamentale legge del 1981 non si sono aboliti i tribunali militari; bensì si è provveduto a creare delle nuove entità giudiziarie, con normali garanzie di indipendenza. Si sono previste garanzie di difesa per l'imputato, si è stabilita l'applicabilità delle stesse norme di procedura dei tribunali ordinari. Nel frattempo è anche cambiata la legge penale militare, con qualche intervento del Legislatore, e soprattutto grazie alle sentenze della Corte Costituzionale, corpose, numerose, incentivate quasi esclusivamente dai magistrati militari.
Ora, se - come mi sembra auspicabile - sarà disposta l'abolizione dei tribunali militari in tempo di pace, ciò non avverrà per dare attuazione a garanzie fondamentali, perché queste sono già realizzate grazie alle modifiche - ordinamento giudiziario, legge sostanziale, procedura - intervenute da vent'anni a questa parte. Si tratterà invece di una tra le misure di razionalizzazione dell'apparato in generale della giustizia, come vi ha ottimamente detto nel suo intervento il prof. Giacobbe.
Cambiando argomento, voglio un attimo trattare qualche aspetto delle tematiche della relazione svolta dal collega dr. Garino. Mi sembra necessario che sia disposta la normale applicabilità nell'ambito dei nostri reparti militari della legge penale nazionale, la legge della bandiera, anche quando si trovino all'estero. Il diritto vigente sul punto è piuttosto mal congegnato e contraddittorio. In un mio breve scritto di qualche anno fa, che ha visto la luce prima dello scandalo-Somalia, dicevo che per molti aspetti i militari italiani che operano all'estero sono soggetti ad una normativa penale inadeguata, non diversa da quella cui è vincolato un qualsiasi nostro connazionale che si rechi all'estero per turismo. Il passaggio dei confini nazionali per operare all'estero deve invece essere un avvenimento che non comporti, come oggi avviene, che le norme fondamentali di carattere penale diventino applicabili solo a particolari condizioni o con l'intervento di determinate condizioni di procedibilità.
E' necessario inoltre che, sempre per l'impiego delle nostre Forze armate in operazioni di polizia internazionale, sia predisposta anche una normativa penale speciale. E questo problema ritengo che non possa essere risolto, come suggerisce la relazione del dr. Garino, prevedendo l'applicabilità della legge penale militare di guerra. Occorre invece prendere atto che questi interventi di polizia internazionale, se per certi aspetti possono anche comportare situazioni simili a quelle di una guerra, rappresentano tuttavia in generale un tertium genus, che non corrisponde alla pura e semplice situazione di pace, ma nemmeno a quella di guerra. Lo scopo delle operazioni belliche è quello di ridurre all'impotenza il nemico, mentre nelle operazioni di polizia internazionale si tratta di mantenere la pace, incentivare la pace tra terzi, ecc. Pertanto, occorre individuare e disporre una normativa anche penale di tipo nuovo, una legislazione ad hoc, che si dia carico di cogliere gli aspetti peculiari di questo nuovo fenomeno, di questi nuovi compiti delle Forze armate.
Grazie per l'attenzione.
Il Relatore
Dott. Giuseppe Rosin