Intervento del Magg. Gen. Gianfranco MARINELLI
"Analisi dei primi risultati nelle FF.AA. italiane"
Il servizio militare femminile si inserisce nell' importante fase di mutamento in atto nelle Forze Armate italiane, che stanno procedendo verso un sistema interamente "professionale", dove quindi non vi sarà più la figura del militare di leva, che nella struttura militare e nella fattispecie delle categorie Ufficiali, sottufficiali e truppa ha sempre rappresentato la parte non professionale. Cosicché la formazione femminile viene attuata in contemporanea alla formazione del soldato professionista. Proprio la sospensione del servizio di leva,infatti ha reso possibile per il sistema militare italiano prevedere la novità del reclutamento della componente femminile, impedito nel passato dalla possibile contraddizione rappresentata dalla contemporanea convivenza del servizio di leva maschile, quale dovere, e dall'eventualità di un sevizio femminile limitato al volontariato. Peraltro, nella valutazione dei vari aspetti connessi con l'impiego del personale femminile si è ritenuto opportuno fare tesoro delle esperienze già vissute dai principali Paesi partners con i quali operiamo in maniera sempre più frequente nei vari contesti multinazionali. E non si può escludere che sia stata proprio la condizione "in ritardo" rispetto alle altre Nazioni che ha reso possibile, sin dalle prime norme attuative della legge istitutiva del servizio militare femminile (n. 380 / 99), di poter "aprire" il mondo militare alle donne senza alcuna preclusione.
Sicuramente l'introduzione ex novo del servizio militare femminile ha consentito di recepire integralmente la normativa europea in materia di integrazione delle lavoratrici, mentre per gli altri Paesi lo stesso adeguamento sta comportando un processo più lento.
Assenza di preclusioni che ha portato a decidere possibilità di impiego assolutamente paritetiche rispetto alla componente maschile e che consente l'accesso delle donne sia nelle singole categorie di militari (Ufficiali, Sottufficiali e truppa) sia ad ogni corpo/ruolo previsto negli organici delle 3 FF.AA., dell'Arma dei Carabinieri e, se pur assestante, nel Corpo della Guardia di Finanza. Esempio tangibile dell'assenza di limitazioni nell'impiego è dato dall'assegnazione, nell'ambito dell'Esercito, del personale di truppa a Reparti altamente operativi come i Bersaglieri, gli Alpini, i Paracadutisti -solo per nominarne alcuni tra i più significativi- in tutti gli incarichi previsti dall'ordinamento militare compresi quelli che richiedono particolari doti fisiche.
Ricordo a tal proposito, a titolo di confronto, alcuni dati che caratterizzano la presenza del personale femminile nelle Nazioni che hanno risolto prima di noi la problematica e possono vantare una maggiore esperienza:
· In Francia le donne vengono reclutate nelle FF.AA. da circa 50 anni ma solo da quattro sono state eliminate le preclusioni nel reclutamento anche attraverso l'abolizione delle cosiddette quote. Permangono, comunque, tuttora alcuni corpi speciali che restano appannaggio degli uomini. La ragione di questa scelta sta nella volontà di evitare l'impiego in quelle azioni che presuppongono il diretto contatto con il nemico (fanteria, legione straniera). Nel complesso le donne rappresentano il 10% del personale militare francese.
· Nel Regno Unito le donne vengono impiegate in tutti i ruoli tranne che nei corpi dei Royal Marines, nei Reparti di Cavalleria, di Fanteria ed a bordo dei sottomarini. Nonostante nel 1998 siano state eliminate le limitazioni al reclutamento nell'artiglieria, nel genio ed in alte specialità, la presenza di personale femminile rimane rilevante unicamente nei corpi logistici ed amministrativi. Le donne costituiscono l'8 % del personale delle Forze Armate Inglesi.
· In Germania le donne fanno parte delle FF.AA. da circa 30 anni ma unicamente nella categoria degli Ufficiali medici. Solo dal 1991 è stato aperto il reclutamento per Sottufficiali e per la Truppa, però sempre limitatamente al settore sanitario. Nel 2001, a seguito di specifica sentenza della Corte di Giustizia europea, la Germania ha aperto il reclutamento femminile in tutti i ruoli delle FF.AA., anche in quelli operativi. Attualmente il personale femminile costituisce il 4% dei componenti delle FF.AA..
La Spagna incorpora personale femminile dal circa 15 anni. Solo da 4 però le donne sono ammesse anche nei ruoli "combattenti". Attualmente le donne costituiscono il 9% del personale militare spagnolo.
Pertanto, per quanto possa sembrare un paradosso, l'Italia benché sia stata l'ultima ad aprire il reclutamento alle donne ha assunto immediatamente una posizione avanzata rispetto agli altri Paesi europei.
Per quanto concerne l'alimentazione abbiamo seguito un progetto di immissione programmato e graduale, iniziando dagli Ufficiali per finire ai Volontari, al fine di poter disporre, all'atto dei reclutamenti ordinari di maggiore entità, di personale femminile "istruttore", in grado di combinare un'adeguata capacità didattica con una azione di comando più vicina alle peculiarità psico-fisiche femminili, e comunque costituire un valido "punto di riferimento", direi sperimentale, per le problematiche di carattere generale. Altra componente importante del progetto è costituita dalla disciplina di alimentazione attraverso le cosiddette "aliquote percentuali" di immissione di personale. E' stato cioè stabilito un tetto massimo di posti a disposizione per il personale femminile in ciascun concorso. Tali aliquote, che ad una valutazione immediata potrebbero sembrare elementi discriminanti, sono anche state adottate come autoregolamentazione prudenziale nelle fasi estremamente delicate della prima implementazione graduale della nuova legge al fine di poter razionalizzare l'impatto dell'introduzione.
Benché inizialmente si fosse pensato, come detto, di aprire inizialmente ai soli Ufficiali e, solo dopo, anche a Sottufficiali e Truppa, le circostanze e cioè un concorso straordinario dell'Esercito, hanno offerto l'occasione di poter reclutare da subito anche personale femminile di Truppa.
In effetti questa opportunità ha trovato subito positive motivazioni nella possibilità di fornire un segnale tangibile di partecipazione delle "donne soldato" italiane alle operazioni sul campo con il personale di Truppa il cui addestramento è di minor durata di quello degli Ufficiali e dei Sottufficiali. In relazione al progetto di immissione partito due anni fa siamo in grado di presentare la seguente situazione relativa al personale femminile che conta un totale di 1.054 unità:
- abbiamo 154 Allieve Ufficiali nelle Accademie di cui 84 al termine del 2 anno e 70 al termine del primo anno, dei quattro anni previsti per la formazione;
- 126 allievi marescialli al primo anno dei tre anni previsti;
- 22 Ufficiali e 42 volontari in ferma breve nei Reparti di addestramento;
- n.82 Ufficiali a "nomina diretta" e 628 volontari di truppa che hanno completato il periodo formativo e sono già distribuiti nelle varie unità. Di questo personale ben 65 volontarie ed 1 Ufficiale -sono impiegate in questo momento in operazioni internazionali, distribuite in tutte le unità presenti sul territorio balcanico (18° Reggimento Bersaglieri, 32° Reggimento Carri, l'8° Reggimento Genio Guastatori - Folgore) ricoprendo incarichi spiccatamente operativi.
Inoltre, ritengo opportuno ricordare la partecipazione di n. 3 Ufficiali a "nomina diretta" in operazioni marittime internazionali legate ad "Enduring freedom".
Questa situazione consente un'analisi in merito all'inserimento delle donne nel sistema militare, alle eventuali problematiche nel periodo di formazione, alle esperienze addestrative ed operative nazionali ed internazionali ed alle relative predisposizioni in itinere.
La problematica legata all'inserimento del personale femminile all'interno dell'organizzazione militare ha posto in evidenza due ordini di fattori. Uno relativo al necessario adeguamento infrastrutturale di tutte le Unità, al fine di consentire un'idonea e tranquilla convivenza tra il personale dei due sessi, tutt'ora in corso.
L'altro sicuramente più importante e allo stesso tempo delicato è relativo all'accettazione e conseguente integrazione del personale femminile.
Da quanto sino ad oggi appreso dalle esperienze di coloro che hanno istruito, addestrato o impiegato personale femminile, si può affermare che vi è un ottimo livello di accettazione e che le donne si sono integrate senza alcun particolare problema nella compagine militare. Forse solo nella prima fase, all'imbarazzo iniziale del personale femminile è corrisposto un atteggiamento di "premura" del personale maschile, dovuto essenzialmente alla difficoltà di gestire una situazione nuova. Questo atteggiamento è comunque venuto meno quando l'attenzione si è concentrata sulle qualità e sulle capacità professionali. L'ottimo inserimento del personale è anche da imputare alla bontà dei parametri individuati sia in sede di selezione che come politica di impiego. L'armonica combinazione di questi due fattori ha fatto si che l'integrazione e l'acquisizione del bagaglio tecnico professionale fossero perseguiti in maniera graduale e pariteticamente tra colleghi dei due sessi.
Certamente in questa fase è risultato subito evidente il desiderio di parità da parte delle ragazze che sono arrivate ad "offendersi" quando qualcuno ha pensato di facilitarne le condizioni di vita rispetto ai maschi.
Per quanto riguarda le risultanze durante il periodo di formazione, ovviamente differente per le varie categorie di personale, e tutt'ora in corso nelle Accademie e nelle Scuole Allievi Marescialli, si può affermare che esso si svolto in modo regolare e sostanzialmente identico agli anni precedenti all'ingresso delle donne. In fondo le nostre Scuole militari rappresentano un normale modello collegiale con qualche rigore disciplinare in più. Per quanto attiene, invece, al settore didattico, non sono emerse disomogeneità nel rendimento tra i frequentatori uomini e donne, infatti le graduatorie del corso di fine anno hanno evidenziato un'equa distribuzione del personale all'interno della stessa.
In generale, comunque, l'unico elemento di "differenziazione" che si è registrato tra il personale dei due sessi è dato dalla biologica differenza fisica, che rende per il personale femminile più arduo il raggiungimento degli standards minimi nelle prove fisiche.
A tal proposito il personale volontario stesso ha chiesto un incremento delle lezioni destinate all'attività fisica, ed ha raccomandato che le aspiranti ai concorsi futuri vengano sensibilizzate all'importanza di una preparazione preventiva.
In tale ambito comunque, si è assistito al confronto fattivo tra i due sessi che hanno espresso il meglio di se stessi. La donna ha inoltre aggiunto l'orgoglio e la determinazione sentendo di rappresentare tutta la categoria.
Tra le esperienze da cui trarre i primi ammaestramenti, merita senza dubbio una particolare citazione l'impiego delle volontarie nelle operazioni "reali" di peacekeeping in Kossovo, dove da riscontri acquisiti direttamente dal Comitato consultivo del Capo di SMD si può senza dubbio affermare che il rendimento delle volontarie è caratterizzato da alto spirito di sacrificio e di adattamento e l'integrazione ha raggiunto livelli di sicura affidabilità; gli standard operativi dimostrati hanno confermato che l'addestramento precedentemente svolto è stato adeguato e la selezione negli incarichi commisurata alle attitudini rilevate. In particolare, la presenza delle volontarie ha consentito l'adozione di misure preventive ed ispettive che prima non potevano essere svolte, quali, ad esempio la perquisizione delle donne locali fermate.
Devo dire che le ragazze che ho visto operare con il fucile mitragliatore in caccia mi hanno fatto tenerezza ma nei loro occhi brillava una passione, una sicurezza ed una motivazione sicuramente superiore alle ragazze che operavano per esempio nel settore tecnico e logistico, probabilmente proprio per aver superato una più dura preparazione.
Pertanto, la considerazione più importante che è scaturita da queste esperienze è che il personale femminile deve essere misurato e trattato alla stessa stregua del personale maschile. Ogni tipo di discriminazione risulta minatoria nel morale, nell'atteggiamento ed in generale nel rendimento, soprattutto per i colleghi di sesso maschile. Sicuramente ciò che deve essere evitato è trattare le donne come "un caso", prodigandosi per fornire loro confort preclusi ai loro colleghi.
Naturalmente, non si ritiene che tutti i problemi siano risolti, anche a livello di integrazione e coesione tra il personale, motivo per cui, proprio a seguito delle prime esperienze già illustrate, e sempre al fine di garantire una cultura deontologica preventiva, si è sentita l'esigenza di rivitalizzare gli aspetti pregnanti che caratterizzano la condizione militare e l'etica comportamentale, oggi forse più che in passato abbisognevoli di un aggiornamento. Su questa base è in corso di emanazione, predisposto dallo Stato Maggiore della Difesa, un documento che dovrà costituire un vademecum di riferimento etico-comportamentale , cui informare tutti i momenti che caratterizzano i rapporti di servizio in seno alla compagine militare a prescindere dal sesso e dalle differenze di qualsiasi genere.
Nel concludere questo mio breve excursus sull'impiego del personale femminile ritengo fondamentale confermare il positivo avvio dell'inserimento delle donne, che stanno dimostrando un'elevata capacità di identificazione con il mondo militare, talvolta è più il personale maschile a trovarsi in difficoltà di fronte ad una "collega" piuttosto che il personale femminile a dimostrare problemi di integrazione. Anche i favorevoli riscontri avutisi nell'impiego in teatro delle volontarie hanno favorito il superamento di alcune barriere pregiudiziali che inizialmente potevano esserci ed hanno dimostrato la correttezza dell'immediata immissione del personale femminile in attività operative.
Ciò, naturalmente, ci fa essere soddisfatti del lavoro svolto sino a questo momento, ci da la certezza che le scelte adottate e le direzioni prese sono da confermare.
Ma, si ritiene, comunque, che risultati attendibili e consolidati potranno essere solo quelli che scaturiranno dopo un ulteriore congruo periodo di sperimentazione (circa altri 2 anni) durante i quale la componente femminile, che nel tempo continuerà a crescere, sarà sempre più cospicuamente impegnata, ma forse è meglio dire "normalizzata". Ne ci si può illudere che il mondo formativo ed addestrativo sia sufficiente a darci delle certezze. Non possiamo dimenticare, ad esempio, che le F.A. che impiegano più diffusamente e seriamente le donne in uniforme sono quelle israeliane nel cui ambito è comune il convincimento che le donne non dovrebbero trovare impiego in prima linea e MAI comunque in piccoli drappelli contro forze non organizzate.
Per il futuro, oltre alla specifica monitorizzazione del "fenomeno"che verrà messa in atto anche dal Comitato Consultivo, ci sono anzitutto due ordini di problemi all'attenzione delle FF.AA, il primo legato alle aliquote concorsuali, il secondo alla totale eliminazione delle, se pur minime, differenze oggi esistenti.
Forse tra i due è di più immediata soluzione il secondo. Partendo dal concetto accennato all'inizio del mio intervento, quello cioè della necessità per le Forze Armate di disporre di personale altamente addestrato e pronto a rispondere a tutte le esigenze che oggi l'Italia è chiamata ad affrontare sia al proprio interno che all'estero, occorre che allo stesso personale non sia concesso alcuno "sconto", soprattutto legato al sesso dell'individuo. Le Unità devono essere sempre al massimo della funzionalità e ciò è garantito dalla presenza all'interno di personale addestrato ed in possesso dei requisiti necessari, al fine di essere in grado di svolgere i compiti istituzionali della stessa. E ciò può essere assicurato solo adottando, sin dal momento della selezione prove concorsuali uniche, che non presentino differenze nei parametri minimi richiesti tra i uomini e donne. Obiettivo che dovrà essere concettualmente replicato sopratutto all'atto della selezione e dell' assegnazione alle unità operative. In questi termini, infatti, la particolare predisposizione agli incarichi dovrà essere accertata in maniera indipendente dal sesso del militare selezionato. In altre parole, il personale da destinare ai vari corpi, soprattutto quelli speciali, dovrà essere in possesso degli stessi requisiti. Questo principio si rende ineludibile per due ordini di motivi. Sia per garantire la citata efficienza operativa delle unità, sia per non offrire particolari illusioni a chi conserva qualche confusione motivazionale in ordine alle proprie ragioni occupazionali.
In conseguenza dell'applicazione degli stessi requisiti viene meno l'esigenza delle aliquote percentuali massime, che sono sicuramente destinate a sparire. Peraltro, rimane difficile stabilire da subito un termine temporale. Ci troviamo davanti ad un "fenomeno" non ancora stabilizzato, in quanto le oscillazioni delle domande presentate dal personale femminile non consentono ancora di tracciare un trend sia quantitativo che qualitativo delle stesse. Non bisogna dimenticare che non tutti i problemi sono superati, soprattutto quelli logistico strutturali, che vedono ancora Caserme, Reparti e Navi in ristrutturazione. In tal senso un massiccio reclutamento di donne causerebbe notevoli difficoltà, soprattutto all'atto dell'assegnazione definitiva per l'impiego.
Ciò non toglie che, comunque, come più volte rimarcato, la politica delle Forze Armate italiane è quella di avere a disposizione il miglior personale indipendentemente dal sesso. Forze Armate, dunque che devono offrire una professione dura ed impegnativa che premi i migliori, per farli sentire i migliori e perché i migliori per attitudine militare, uomini o donne che siano, non rimangono a casa.