Prologo alla battaglia conclusiva
L'atteso grande convoglio alleato di 200.000 tonnellate (in realtà una teoria di convogli navali, che stavano "risalendo" il Mar Rosso) era entrato nel Golfo di Suez, rovesciando sui moli dei porti egiziani carri armati, artiglierie, automezzi, montagne di munizioni e milioni di litri di carburante. Ora, l'Ottava Armata era sul serio il più formidabile strumento di guerra che l'impero inglese avesse mai posseduto.
Nel deserto egiziano, proseguiva intanto l'addestramento degli equipaggi con i 300 carri armati Sherman forniti dagli americani e con i 100 semoventi da 105 millimetri, parimenti forniti dall'Esercito degli Stati Uniti. Anche la US Air Force aveva fatto la sua apparizione e avrebbe partecipato con un buon numero di missioni alla prossima offensiva inglese.
La partenza di Rommel - che quando voleva, sapeva essere esecutivo oltre che protervo - aggravò la situazione e Stumme non volle o non seppe farsi valere con gli Alti Comandi di Berlino e di Roma.
Con l'avvicinarsi dell'autunno e con l'irrigidimento della resistenza sovietica, l'Alto Comando tedesco non poté privarsi di reparti corazzati da inviare in Africa. Durante la licenza, a Rommel furono mostrati i nuovi carri pesanti Tigre, lanciarazzi multipli, nebbiogeni, facendogli credere in un potenziamento della Panzerarmee, che da due anni combatteva in Africa settentrionale. In effetti, pochi Tigre fecero la loro comparsa nel teatro di guerra africano, ma nella fase finale della lotta per la Tunisia, quando ormai era troppo tardi per rovesciare le sorti del conflitto nel settore mediterraneo.
E' giunto il momento di precisare consistenza e dislocazione dell'ACIT (Armata Corazzata Italo-Tedesca) e dell'Ottava Armata, mentre si avvicinava il giorno d'inizio dell'offensiva britannica.
L'ACIT, nel settore settentrionale, in prima linea, schierava il XXI Corpo d'Armata, con il 7° reggimento bersaglieri e le Divisioni di fanteria "Trento" e "Bologna". Per "tonificare" lo schieramento - in considerazione dell'insufficiente armamento italiano - Rommel aveva disposto sul terreno reparti misti alternati, italiani e tedeschi, organizzati in gruppi o "zone" (Raum). Nei capisaldi, a nord, si alternavano infatti i battaglioni italiani, quelli tedeschi della 164^ Divisione tedesca e due battaglioni della Brigata paracadutisti "Ramcke", tutti trincerati al riparto dei "giardini del diavolo", ampi rettangoli di terreno imbottiti di mine e trappole esplosive.
In seconda schiera, sempre nel settore settentrionale, erano disposte la 15^ Panzer e la Divisione corazzata "Littorio".
Il settore meridionale era invece presidiato dal X Corpo d'Armata italiano, con il 9° reggimento bersaglieri, le Divisioni di fanteria "Brescia" e "Pavia", la Divisione paracadutisti "Folgore" e altri due battaglioni paracadutisti della Brigata "Ramcke".
Alle spalle di queste unità, c'erano la 21^ Panzer e la Divisione corazzata "Ariete".
Come riserva d'Armata, nel terreno retrostante, a nord, c'erano la 90^ Divisione leggera tedesca e la Divisione motorizzata "Trieste", più unità minori (gruppi tattici e reparti esploranti).
L'Ottava Armata inglese aveva invece, nel settore settentrionale, in prima linea, il XXX Corpo d'Armata, con la 9^ Divisione australiana, la 51^ "Highlanders", la 2^ neozelandese, la 1^ sudafricana e la 4^ indiana.
A sud, era schierato il XIII Corpo d'Armata, con la 50^ britannica (più un gruppo di brigata greco e il II gruppo di brigata della "Francia Libera"), la 44^ britannica e, a sinistra di quest'ultima, il I gruppo di brigata della "Francia Libera", dipendente dalla 7^ Divisione corazzata, una unità famosa, veterana delle precedenti Campagne.
In seconda schiera, alle spalle del XXX Corpo, c'era il X Corpo d'armata, con le Divisioni corazzate 1^ e 10^, mentre alle spalle del XIII Corpo era disposto il grosso della 7^ Divisione corazzata.
Alle dirette dipendenze del comando d'Armata c'erano, inoltre, una Brigata indiana per l'apertura di varchi minati; una Brigata corazzata; due Brigate di artiglieria contraerei e una Brigata di fanteria indiana.
Riassumendo, a parte le unità minori, si trovavano di fronte 12 Divisioni italo-tedesche, 4 delle quali corazzate, e 10 Divisioni inglesi e del Commonwealth, di cui 3 corazzate.
Le tre Divisioni corazzate inglesi ed i reparti autonomi di carri allineavano: 285 Sherman, 246 Grant, 421 Crusader, 167 Stuarf, 223 Valentine e 6 Matilda (c'erano anche 3 carri da fanteria Churchill, i primi esemplari inviati in Africa).
Su 497 carri dell'Asse, 239 erano carri medi e 20 carri leggeri italiani, assolutamente inidonei a reggere il confronto con i carri Sherman e Grant di costruzione americana e nemmeno da contrapporre ai Crusader. Per lo stesso motivo vanno esclusi i 30 carri leggeri Mark-II tedeschi, mentre dei 170 Mark-III, avevano un qualche peso quelli armati con cannone da 50 "lungo" (50/60). Sul piano statistico, gli unici carri validi erano i 38 Mark-IV tedeschi, alcuni dei quali armati con il 75 "lungo" (75/43).
Validi erano anche i pochi semoventi italiani da 75/18, assegnati all'"Ariete" e alla "Littorio".
Ai numerosi controcarro inglesi da 57 mm gli italiani contrapponevano gli orami superati 47/32 ed i tedeschi gli altrettanto inefficaci (contro i carri americani) 50/35; ottimo era sempre il pezzo da 88/55 tedesco, vero atout del secondo conflitto mondiale, in considerazione della polivalenza del pezzo, contraerei e controcarro, come era ottimo il pezzo italiano da 90/53.
Schiacciante la superiorità quantitativa e qualitativa dell'artiglieria campale inglese, tanto più che il parco di artiglieria italiano era ancora basato su vecchi cannoni e che i complessi moderni erano pochissimi.
Nettissima la superiorità della RAF con 1.200 aerei (800 di prima linea) contrastati da 700 aerei italiani e tedeschi (150 caccia, 180 bombardieri a tutto e caccia-bombardieri e 400 velivoli di altro tipo).
Terza battaglia di El Alamein
Alle 20.45 (ora italiana) del 23 ottobre 1942, circa mille pezzi da campagna inglesi aprirono contemporaneamente il fuoco contro le posizioni italo-tedesche ad El Alamein. Tutte le testimonianze concordano nel definire quest'uragano di fuoco simile ai grandi concentramenti di artiglierie della prima guerra mondiale. Sta di fatto che, in precedenza, nel deserto non si era mai visto nulla di simile.
La sorte regalò a Montgomery un'altra chance, in quanto Stumme, nelle prime ore del 24 ottobre, recatosi in prima linea per rendersi conto della situazione, finì sotto il fuoco nemico e morì per colpo apoplettico, cadendo dalla sua autovettura, alla quale era rimasto aggrappato per uscire rapidamente dalla zona pericolosa.
Dunque, Rommel era assente all'inizio dell'offensiva; Stumme morì, con conseguente crisi nel comando dell'Armata italo-tedesca; ce n'era abbastanza - in considerazione della schiacciante superiorità dell'Ottava Armata e della RAF - per pensare ad una immediata rottura della prima linea italo-tedesca, pur mettendo nel conto l'ostacolo rappresentato dai campi minati. Non accadde nulla di simile.
E' necessario, a questo punto, fare un piccolo passo indietro. Nel pomeriggio del 24 ottobre, Rommel, ancora in convalescenza in Austria, era stato raggiunto da una telefonata di un suo aiutante, con la quale gli veniva comunicato l'inizio dell'offensiva inglese. Il Maresciallo non esitò un attimo a salire su un aereo, messogli a disposizione. L'indomani era a Roma, ragguagliato sulla situazione del Generale von Rintelen. Rommel rimase esterrefatto quando apprese che l'Armata disponeva di pochissimo carburante e che non aveva ricevuto, in sua assenza (durata un mese), alcun significativo rinforzo.
Da Roma, Rommel raggiunse Creta e di lì il fronte. Alle 23.25 del 25 ottobre, tutti i reparti impegnati a El Alamein ricevettero il seguente messaggio: "Ho ripreso il comando della Panzerarmee - Rommel".
L'"Operazione Lightfoot" (piede leggero) studiata dallo Stato Maggiore di Montgomery e montata con dovizia di mezzi, prevedeva, nel settore settentrionale, che quattro Divisioni del XXX Corpo e le due Divisioni corazzate del X Corpo, sovrapposte alle prime, superati i campi minati, sboccassero abbastanza celermente in campo aperto. Due corridoi dovevano essere aperti dalla fanteria, in direzione dei rilievi di Kidney Ridge e di Miteiriya, per consentire l'"irruzione" delle unità corazzate.
Nel settore meridionale, intanto, il XIII Corpo avrebbe "fissato" le Divisioni avversarie, con un attacco diversivo, per ingannare gli italo-tedeschi sulla direttrice principale dell'offensiva. Ma sulla "secondarietà" del compito affidato al XIII Corpo non tutti concordano.
A sud, c'erano le Divisioni italiane "Brescia", "Pavia" e "Folgore" e un loro eventuale cedimento avrebbe consentito l'aggiramento della intera linea, appunto da sud. Come sempre, non confessata, c'era la convinzione, nel campo inglese, di aver ragione con relativa facilità degli italiani.
Nella relazione sulla battaglia, scritta dal Tenente Colonnello paracadutista Alberto Bechi Luserna (Medaglia d'Oro, comandante del 187° reggimento "Folgore") si legge sotto la data del 25 ottobre: "Con i rinforzi affluiti l'avversario si era ricostituito una massa d'urto, valutabile in cinque-sei battaglioni e in due Brigate corazzate, e mirava con essa ad allargare la fessura dischiusasi nel settore centrale della "Folgore", gravando verso meridione sopra il 186° presidiante le posizioni di Qaret el Himeimat. Lo scardinamento di questo pilastro difensivo avrebbe probabilmente consentito, secondo i calcoli dell'avversario, di iniziare il movimento aggirante destinato a far cadere per manovra l'intero fronte di El Alamein".
Se si deve accettare che lo sforzo principale dell'Ottava Armata avvenne nel settore settentrionale - dove alla fine, si verificò lo sfondamento finale, in corrispondenza delle posizioni tenute dalla 164^ tedesca - le fonti inglesi tacciono o minimizzano le possibilità offerte da un eventuale sfondamento nel settore meridionale.
L'alba del 24 ottobre - questa è la prima verità che occorre ribadire, a distanza di cinquant'anni - si levò su una battaglia entrata innegabilmente in crisi per l'Ottava Armata, preludio a un esito finale a dir poco sorprendente. Perché furono necessari dodici giorni di violenti combattimenti per sbriciolare, una ad una, le posizioni dell'Asse e triturare letteralmente le Divisioni di fanteria e quelle corazzate e motorizzate italo-tedesche.
La seconda verità è che, l'attacco "diversivo" inglese, a sud, incappò nella violenta reazione della "Folgore" (quattromila uomini), sostenuta dall'artiglieria della "Pavia", in quanto l'armamento principale dei paracadutisti era formato dai controcarro da 47/32.
Contro tutte le previsioni, nonostante la superiorità terrestre e aerea inglese, gli ultimi giorni di ottobre del 1942 trascorsero senza la sperata, folgorante vittoria dell'Ottava Armata. In compenso, la RAF picchiava duro e i Generali inglesi, col naso in su, dovettero ammettere che l'aviazione stava avendo un ruolo decisivo. A questo riguardo, non si darà mai abbastanza atto al 4° e 5° stormo caccia e al 50° stormo d'assalto, montato sui superati CR.42, dell'Aeronautica italiana per ciò che seppero fare in quei giorni, per contenere la massacrante superiorità aerea della RAF.
Nella fornace della battaglia, si stavano consumando le Divisioni del X, XXI e XX Corpo italiano e quelle del DAK, impegnate in una "lotta per esaurimento". Nel settore meridionale gli inglesi, tra il 23 e il 29 ottobre, perdevano davanti alle posizioni della "Folgore" una settantina di carri e centinaia di uomini, appartenenti a reggimenti famosi, mentre a nord, continuavano ad essere richiamate tutte le unità corazzate italo-tedesche.
Rommel, che ventiquattro ore dopo aver riassunto il comando dell'Armata, aveva guidato un contrattacco, mettendo in campo meno di 150 carri, vedeva le sue formazioni assottigliarsi sempre di più. Pure, Montgomery non era riuscito a passare.
Finivano intanto in fondo al Mediterraneo motonavi, piroscafi e petroliere italiane, con preziosi carichi di carri armati, armi, rifornimenti e carburante. Il 23 ottobre, affondò l'Amsterdam; il 25, il Tergestea e la petroliera Proserpina; il 29, la petroliera Luisiano; il 1° e 2 novembre, il Tripolino, l'Ostia e lo Zara.
Intanto Montgomery, stava preparando l'"Operazione Supercharge" (sovralimentazione): un uragano di 400 carri pesanti, appoggiati da 15 reggimenti di artiglieria e tutta l'aviazione disponibile.
A Tel el Aqqaqir, si combatté una delle ultime battaglie di carri e Rommel, dando fondo a tutte le sue indiscusse qualità di comandante, fece, ancora una volta, segnare il passo ai carri assegnati da Montgomery all'"Operazione Supercharge". Oramai, per salvare i resti dell'Armata, si imponeva la ritirata all'altezza del meridiano di Fuka. Gli ordini furono diramati ed erano in corso di esecuzione, quando giunse a Rommel l'ordine di resistere sul posto.
Era una chiara interferenza politica, la prima nella guerra in Nord Africa. I reparti sospesero il ripiegamento ma si generò molta confusione.
Alla fine, Rommel si sottrasse agli ordini superiori e ciò avvenne il 4 novembre. Lo stesso giorno, si compì il destino della Divisione corazzata "Ariete", che rappresentava l'ultima riserva dell'Armata. Rommel. Laconicamente famoso l'ultimo messaggio radio dell'"Ariete": "Carri armati nemici fatta irruzione a sud dell'"Ariete"; con ciò "Ariete" accerchiata. Trovasi circa 5 chilometri nord-est Bir el-Abd. Carri "Ariete" combattono".
I carri italiani si sacrificarono fino all'ultimo. L'Armata italo-tedesca non esisteva più. I resti del DAK e una fiumana di automezzi ripiegavano lungo la litoranea, verso occidente, "col sole alle spalle e il viso rivolto alla notte".
L'Ottava Armata "seguì" le poche unità mobili tedesche e italiane che erano riuscite a uscire dalla fornace. Il maltempo e la pioggia - che il 7 novembre trasformò il deserto in un pantano - fecero il resto, bloccando ulteriormente i movimenti di Montgomery.
Nel settore meridionale, si era compiuto il destino anche del X Corpo d'Armata italiano, con l'annientamento delle Divisioni "Brescia", "Pavia" e "Folgore".
La Divisione paracadutisti - al pari di quelle di fanteria - stava contando i suoi morti, compresi i fratelli Ruspoli, Marescotti e Costantino, Medaglie d'Oro sul campo.
Quando vincitori e vinti contarono le rispettive perdite, si accertò che l'Armata italo-tedesca lamentava 25.000 uomini, tra morti, feriti e dispersi, oltre a 30.000 prigionieri: tra quest ultimi anche 10.724 tedeschi, compreso il comandante dell'Afrika Korps, Generale von Thoma.
Gli inglesi, lamentavano a loro volta la perdita di 13.560 uomini, tra morti, dispersi e feriti e 600 carri armati fuori combattimento. Un presso troppo alto per l'Ottava Armata, che avrebbe dovuto "livellare" l'avversario con relativa facilità, in considerazione della enorme sproporzione dei mezzi.
I tre cimiteri di El Alamein ne sono la muta testimonianza: un prato verde all'inglese, custodisce i resti mortali dei combattenti del Commonwealth; un castello svevo, è stato eretto in memoria dei combattenti tedeschi; in un bianco Sacrario sono raccolti i resti dei combattenti italiani. Poco distante, c'è la torre di Quota 33, costruita da Paolo Caccia Dominioni, per anni impegnato nella pietosa ricerca delle povere ossa di quanti, sotto tutte le bandiere, si affrontarono in armi, cinquant'anni fa, nel deserto di El Alamein.