26 ottobre 2012
Dopo i due tentativi infruttuosi di forzare le linee nemiche ad El Alamein, la situazione per le forze italo-tedesche in Africa Settentrionale si andò facendo sempre più critica, a causa della crescente offensiva aeronavale alleata sui convogli dall’Italia verso la Libia.
Deluso, costretto alla difensiva dalla mancanza di rifornimenti e indebolito dai disturbi fisici, Rommel ottenne di essere richiamato in Germania e fu sostituito nel comando dal generale Georg Stumme il 22 settembre. Nello stesso tempo, nel suo ufficio del Cairo, Montgomery metteva a punto i piani della grande offensiva per la liquidazione delle forze italo-tedesche in Africa.
Metodico, duro, caparbio, Montgomery era deciso a sfruttare fino all’ultimo la propria ampia superiorità in uomini, mezzi e approvvigionamenti, impostando una battaglia di logoramento che non offrisse al nemico la possibilità di giovarsi della propria superiore capacità di manovra, d’altronde già compromessa dalla scarsità di carburante.
Considerato che i principali ostacoli per i britannici sarebbero state le due linee di campi minati e di artiglieria italo-tedesca, il comandante britannico concepì un piano in due fasi, tale da sfruttare la grande esperienza dei reparti britannici nella guerra di posizione e nelle operazioni di forzamento.
La prima fase, notturna, denominata con scarsa fantasia Lightfoot, (Piede leggero), avrebbe consistito nell’apertura da parte dei genieri britannici di due passaggi attraverso i campi minati e i reticolati nel settore settentrionale del fronte, sotto la copertura di un violento bombardamento delle posizioni italo-tedesche da parte dei 2.000 cannoni britannici. Contemporaneamente, un forte contingente alleato avrebbe attaccato il settore meridionale presidiato dai soli italiani a ridosso della depressione di Al-Qattara, rompendone le difese e penetrando alle spalle dello schieramento nemico. Secondo le previsioni di Montgmomery, le forze dell’Asse avrebbero certo contrattaccato immediatamente, esponendosi così all’azione micidiale degli aerei e dell’artiglieria britannica.
Logorate così le riserve nemiche in una battaglia di attrito, sarebbe scattata la seconda fase, denominata Supercharge (Super-carica), con la quale i corazzati e la fanteria britannici, superati i campi minati, avrebbero investito frontalmente le posizioni nemiche, espugnandole una dopo l’altra fino a causare la rottura totale del fronte avversario. L’attacco alleato sarebbe stato appoggiato dall’azione continua di 1.000 aeroplani sia sul fronte che sulle retrovie nemiche.
L’attacco britannico scattò la notte del 23 ottobre, aperto dal fuoco delle artiglierie. La prima linea di sbarramenti venne superata dagli attaccanti già sul fare della mattina, ma la seconda linea, si rivelò più coriacea, e la mattina del 24 trovò i britannici in ritardo sulla tabella di marcia.
L’attacco nel settore più meridionale del fronte, tenuto dagli italiani, si rivelava intanto un completo insuccesso. Fra il 24 e il 25 ottobre i reparti delle divisioni Folgore e Pavia respinsero con gravi perdite tutti gli attacchi della 44ª divisione di fanteria e della 11ª divisione corazzata inglesi, coadiuvate da un battaglione francese e da un reggimento australiano. La pressione nemica si spostò quindi più a nord, dove intanto, sia pure a caro prezzo, i campi minati erano stati quasi superati.
Nelle medesime ore, in seguito alla improvvisa morte del generale Stumme ucciso da un infarto, Hitler ordinava a Rommel di riassumere subito il comando in Africa, dove egli giungeva il 25.
Quella stessa notte, una offensiva britannica riusciva infine ad attraversare la seconda linea di campi minati nel settore settentrionale, lì dove Montgmomery aveva concentrato gli sforzi maggiori. Il contrattacco subito ordinato da Rommel con le divisioni Littorio e 21ª fallì, e solo a fatica anzi si evitò un ulteriore arretramento. Lightfoot era adesso ad un passo dalla riuscita.
Allarmato dalle perdite, prima di lanciare l’attacco finale Montgomery sostò alcuni giorni per riorganizzarsi, sottoponendo però le linee italo-tedesche ad un continuo bombardamento dall’aria.
Preoccupato a sua volta per i vuoti aperti nello schieramento, Rommel pensò di approfittarne per ripiegare, ma ne fu impedito da un ordine perentorio di Hitler: nessun ripiegamento, in nessun caso.
Il nuovo attacco alleato iniziò il 2 novembre, e fu aperto ancora dalla solita pioggia notturna di proietti di artiglieria e bombe d’aereo, seguita dall’avanzata delle fanterie appoggiate alle spalle dai corazzati. Dopo due giorni le forze italo-tedesche furono infine costrette ad arretrare. Nella notte del 3 novembre la Vª brigata indiana riusciva a espugnare la cresta di Tel Aqaquir, cardine dello schieramento dell’Asse. Poteva ora essere lanciata Supercharge: i corazzati e la fanteria britannici filtrarono quindi nella breccia in massa, dilagando alle spalle dello schieramento dell’Asse.
Con le ultime forze rimastegli, e anche grazie alla lentezza dell’attacco inglese, Rommel contrattaccò riuscendo a fermare il nemico il tempo sufficiente per diramare, finalmente, l’ordine di ritirata generale. L’8ª Armata britannica aveva infine sfondato il fronte; oltre 25.000 soldati dell’Asse furono fatti prigionieri, gli altri iniziarono una lunga ritirata verso ovest. Tre giorni dopo, il 7 novembre gli anglo-americani sbarcavano in Marocco e Algeria: le forze dell’Asse in ritirata verso la Libia erano ora prese nel mezzo. La guerra in Africa si avvicinava al suo epilogo.