Cass., Sez. 1, ud. pubbl. 29 marzo 2001, Pres. La Gioia, Rel. Chieffi, p.m. conf..
Per la sussistenza dell'elemento soggettivo nei reati di abuso di autorità mediante minaccia o violenza è sufficiente l'accertamento del solo dolo generico, che non è escluso da un eventuale fine scherzoso dell'agente.
(Omissis)
Con sentenza 21/9/1999 il Tribunale militare di Padova condannava R.F. ,con le attenuanti generiche e quella prevista dall'art. 48 ultimo comma c.p.m.p. , alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, concedendogli i doppi benefici di legge, siccome ritenuto responsabile del reato continuato di violenza e minaccia contro inferiore, perché, (omissis), tra il mese di dicembre 1997 e il mese di maggio 1998, aveva usato violenza fisica nei confronti del militare Q.D., schiacciandolo con il viso contro il muro e torcendogli le braccia; inoltre lo stesso aveva colpito con un pugno il soldato R.N., tra il mese di dicembre 1997 ed il mese di gennaio 1998, e lo aveva minacciato con un coltello al collo, tenendolo bloccato nel contempo da tergo mediante forza fisica, nel mese di maggio 1998.
A seguito di rituale appello dell'imputato, con sentenza 13/7/2000 la Corte Militare di appello (sezione distaccata di Verona) assolveva lo stesso dal reato continuato ascrittogli, perché il fatto non costituisce reato.
In particolare la Corte di merito riteneva che non fosse stata raggiunta una prova certa in ordine alla sussistenza del dolo, tanto più che le parti lese avevano riferito gli episodi in modo impreciso e confuso, tanto da lasciar desumere che l'imputato con la sua condotta, anche se riprovevole sotto il profilo disciplinare, non intendesse commettere violenza o minaccia, ma solo scherzare con i militari inferiori gerarchici, peraltro suoi coetanei.
Avverso la predetta ha sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale Militare, che ne ha chiesto l'annullamento per carenza della motivazione e violazione di legge, rilevando da un lato che la Corte di merito aveva omesso la motivazione in relazione agli episodi riguardanti il pugno inferto al R.N. e la violenza esercitata nei confronti del Q., e deducendo dall'altro che, poiché per i reati contestati è richiesto il solo dolo generico, l'eventuale intento scherzoso non escludeva la consapevole volontarietà del fatto.
Il ricorso merita accoglimento.
Va premesso che per la sussistenza del dolo generico è sufficiente che l'agente abbia previsto e voluto l'evento delittuoso quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria, restando esclusa la necessità di accertare se l'agente abbia agito per un fine particolare.
Orbene nel caso di specie la Corte di merito - pur ritenendo sussistenti nella loro materialità gli episodi di violenza e di minaccia riferibili alla condotta cosciente e volontaria dell'imputato - ha escluso la sussistenza dell'elemento psicologico sull'assunto che detta condotta era stata posta in essere per scherzo, senza tenere conto che per la sussistenza dei reati ascritti non è richiesto il dolo specifico, ma solo quello generico. Inoltre la Corte di merito - oltre ad omettere del tutto la motivazione in relazione all'episodio riguardante il pugno sferrato al R.N. e a svolgere una motivazione del tutto apparente con riferimento all'episodio riguardante la violenza in danno del Q. - non ha chiarito sulla base di quali elementi la condotta dell'imputato dovesse ritenersi penalmente non rilevante, tenuto conto da una lato che detta condotta fu posta in essere senza alcuna plausibile ragione al di fuori di una attività di addestramento, e dall'altro che la finalità dello scherzo ha comunque dei limiti, oltre i quali deve ritenersi sussistente il dolo generico richiesto per i reati contestati.
Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte Militare di Appello, che nel nuovo giudizio, previa valutazione di tutte le risultanze probatorie acquisite agli atti, verificherà in concreto se dalla condotta cosciente e volontaria posta in essere dall'imputato sia o meno desumibile il dolo generico richiesto per la sussistenza dei reati contestati.
(Omissis)