La dichiarazione di neutralità dell’Italia nel 1914 segnò per la Francia un notevole punto a favore, dandole la possibilità di spostare sul fronte tedesco le sei divisioni schierate sulle Alpi e le truppe di guarnigione in Africa Settentrionale.
Le relazioni italo-francesi, piuttosto altalenanti nel primo quindicennio del secolo, conobbero quindi un netto miglioramento, al quale non fu estranea la folta comunità degli italiani di Francia.
Gli italiani di Francia erano la più numerosa comunità straniera del Paese, oltre 400.000 individui, e in larga parte nutrivano un forte sentimento di gratitudine per la Nazione che aveva dato loro modo di guadagnarsi da vivere. Già dal 31 luglio molti italiani di Parigi chiedevano di essere ammessi all’arruolamento nell’Esercito Francese. Altre richieste arrivavano dall’Italia, dove repubblicani e una parte dei socialisti sentivano tradizionalmente una forte affinità con la “sorella latina”, per altro testimoniata dalla partecipazione alla guerra franco-prussiana del 1870 dei volontari garibaldini.
Fu proprio la famiglia Garibaldi a patrocinare e a dare risalto alla richiesta degli italiani di combattere in difesa della Francia. Il 24 agosto il nipote dell’Eroe, Peppino Garibaldi, si incontrava a Parigi col Presidente del Consiglio francese Viviani per sollecitare la formazione di un reparto di volontari italiani. L’iniziativa presentava notevoli problemi soprattutto nella prospettiva del Governo italiano. La legge italiana infatti, alla quale gli immigrati in Francia pur sempre rispondevano, proibiva, pena la perdita della nazionalità, di servire in armi per paesi stranieri. La stessa Italia inoltre sarebbe stata in imbarazzo, come nazione neutrale, di fronte alla presenza di migliaia di suoi volontari in uno degli eserciti belligeranti.
Il Governo francese autorizzò alla fine il 3 settembre Peppino Garibaldi ad iniziare l’organizzazione a Lione del reparto di “Volontari Italiani garibaldini”. A Garibaldi venne riconosciuto il grado di tenente colonnello, e l’unità venne inserita, per arginare lo scoglio della nazionalità, nella Legione Straniera, della quale costituirà il 4° “Reggimento di marcia” del 1° Reggimento. Fra i volontari, dei quali oltre 1.000 erano arrivati clandestinamente dall’Italia per arruolarsi, c’erano anche due reduci di Mentana, e perché tale legame fosse ben presente, la camicia rossa, vietata dal comando francese, venne indossata dagli italiani sotto l’uniforme.
La partenza per il fronte, terminato il ciclo addestrativo, avvenne il 17 dicembre.
Rimasti in linea fino all’11 gennaio, i 2800 uomini del Reggimento combatterono sul cruciale fronte delle Argonne, cui resterà legata la memoria dei Volontari Italiani. Al termine della battaglie
Trincee nelle Argonne. I volontari garibaldini in Francia sull’altopiano di Bolante (24 dicembre), a Courtes Chausses (5 gennaio) e a Meurissons (7 gennaio) i volontari riportarono il 20% di perdite fra la truppa, il 40% fra gli ufficiali e oltre il 50% fra i sottufficiali. Tra i caduti vi erano Bruno e Costante Garibaldi, nipoti dell’Eroe dei Due Mondi.
Nei mesi seguenti le gravi perdite e l’inizio della mobilitazione in Italia indussero il Governo francese a sciogliere il reggimento dei Volontari Italiani, trattenendo quanti volessero arruolarsi nell’Esercito della Repubblica. Il 9 marzo ad Avignone vennero raccolte le adesioni di quanti volevano rimanere in Francia, circa un centinaio, mentre per gli altri iniziarono le pratiche per il rientro in Italia con un modesto premio di smobilitazione.
Fra quanti rientrarono c’era anche Lazzaro Ponticelli, giovane emigrato italiano che avrebbe poi proseguito la guerra sul fronte italiano nel 3° Reggimento Alpini e sarebbe stato l’ultimo reduce francese della Grande Guerra morendo nel 2008 a quasi 110 anni.
Complessivamente, includendo anche quanti non si arruolarono col Reggimento Volontari Garibaldini Italiani ma combatterono negli altri reparti dell’Esercito Francese, 7.125 italiani combatterono in difesa della Francia nella Grande Guerra, quasi il 25% di tutti i volontari stranieri, di essi 608 morirono. Al Reggimento vennero concesse 13 Croci della Legion d’Onore, quattro Medaglie Militari e trenta citazioni all’Ordine del Giorno dell’Armée. E tutto in un mese di combattimenti.